La verità dovrebbe essere proclamata ad alta voce
Restate in ascolto per una citazione che vi toglierà il respiro. Viene da una lettera dai miei editori di Istanbul, che hanno una gran paura per la pubblicazione della versione turca del mio libro “The great war for civilisation”. La ragione, ovviamente, è un capitolo intitolato 'Il primo Olocausto', che racconta il genocidio di un milione e mezzo di Armeni da parte dei Turchi ottomani nel 1915, un crimine contro l'umanità che anche Lord Blair di Kut al-Amara cercò di nascondere rifiutando inizialmente di invitare i sopravvissuti armeni al suo Holocaust Day a Londra.
E' solamente uno dei capitoli del mio libro sul Medio Oriente, ma le paure dei miei amici turchi si erano espresse anche prima che il giornalista turco-armeno Hrant Dink fosse assassinato così crudelmente fuori dal suo ufficio di Istanbul a gennaio. E quando leggete il brano sottostante, indirizzato ai miei editori di Londra HarperCollins, ricordatevi che è scritto da un cittadino di un paese che desidera seriamente entrare nell'Unione Europea. [...]
“Vorremmo sottolineare che la situazione politica inTurchia riguardo numerosi temi come la questione armena e quella turca, Cipro, l'Unione Europea etc. non migliora, ma al contrario continua a peggiorare a causa della crescente ondata nazionalista che sta giungendo all'apice con il premio Nobel ad Orham Pamuk e i disaccordi politici con l'UE. Molto probabilmente, questa atmosfera politica proseguirà fino alle elezioni presidenziali dell'aprile 2007... Perciò vorremmo portare avanti la pubblicazione silenziosamente, che significa che non ci sarà una campagna stampa per il libro di Mr. Fisk. Inoltre, chiediamo a Mr. Fisk di darci supporto nel caso in cui sia intentata una qualsiasi causa contro il libro. Speriamo che Mr. Fisk e HarperCollins possano comprendere le nostre riserve.”
Beh, in effetti posso. Qui abbiamo un editore di un paese che negozia per entrare nella UE per cui la storia armena, i Kurdi, Cipro (di cui il mio libro non parla) – e persino la richiesta della Turchia di partecipare all'Unione – sono una ragione sufficiente per far uscire il mio libro nel silenzio. Quando mai nella storia del mercato librario, mi chiedo, un editore ha cercato di evitare la pubblicità per un proprio libro? Beh, posso darvi un esempio. Quando il magnifico “ A Shameful Act: The Armenian Genocide and the Question of Turkish Responsibility “ di Tanem Akcam - che usa documenti dello stato ottomano e dichiarazioni contemporanee di Turchi per dimostrare che il genocidio fu un fatto storico terribile - è stato per la prima volta pubblicato in turco, lo storico visse un'esperienza praticamente identica. Il suo lavoro fu pubblicato 'in silenzio' in Turchia, e senza una singola recensione.
Ora, sono in parte comprensivo con i miei editori. Ovviamente mi arrabbio e mi indigno per la loro pusillanimità, ma io vivo a Beirut, non a Istanbul. E dopo il tremendo omicidio di Hrant Dink, non sono nella posizione di dare lezioni ai miei colleghi in Turchia perché si sollevino contro il razzismo che ha ucciso Dink. Mentre bevo il mio caffè della mattina, Mr Osman potrebbe essere assalito nella ex-capitale dell'Impero Ottomano. Ma c'è comunque un problema.
Alcuni mesi prima, i miei editori turchi avevano detto che i loro legali pensavano che la famigerata Legge 301 – che punisce gli scrittori “anti-turchi” - sarebbe stata invocata contro di loro, e in tal caso volevano sapere se io, in quanto straniero (che non può essere incriminato per la 301), avrei richiesto alla corte di affrontare il processo con loro. Scrissi loro che sarei stato onorato di presentarmi in una Corte turca e parlare del genocidio. Ora parrebbe che il mio editore voglia far uscire il mio libro come pronografia illecita – anche se ha ancora il mio impegno a stare al loro fianco sul banco degli imputati se avvocati di destra li porteranno in tribunale per la 301!
Capisco che, come scrivono nella loro lettera, non vogliano prendere una posizione politica nell'”insensata collisione tra nazionalisti e neoliberali”, ma temo che le radici del problema siano ben più profonde. La sinistra fotografia della polzia turca orgogliosamente in piedi accanto al presunto assassino di Dink dopo il suo arresto mostra con chiarezza che cosa abbiamo di fronte. Ciononostante i nostri reporter occidentali non sono espliciti riguardo le orribili azioni del governo ottomano nel 1915. Quando, ad esempio, la Reuters mandò un inviato nella città turca di Trabzon – dove viveva il presunto assassino di Dink – questi citò il governatore della città, secondo cui l'omicidio era collegato a “problemi sociali legati alla rapida urbanizzazione”. La colpa era probabilmente da attribuire ad una “forte cultura delle armi e al carattere fiero della gente”.
Ehm ehm. Mi chiedo perché la Reuters non ha citato un legame molto più diretto e terribile tra Trabzon e gli Armeni. Perché nel 1915 le autorità turche della città trascinarono migliaia di donne e bambini armeni su delle barche, salparono sul Mar Nero – i dettagli sono contenuti in un documento ottomano originale scoperto da Akcam - “e li gettarono fuori per farli annegare”. Agli storici potrebbe far piacere sapere che l'uomo responsabile di queste barche assassine si chiamava Niyazi Effendi. E indubbiamente aveva un “carattere fiero”.
E questa negazione va ancora avanti. L'Associated Press questa settimana ha proposto una storia da Ankara in cui il reporter Selcan Hacaoglu ripete il solito vecchio mantra sull'esistenza di un'”aspra disputa” tra Armenia e Turchia sul massacro del 1915, in cui la Turchia “nega con veemenza che le uccisioni possano essere definite genocidio”. Quando l'AP si sveglierà e darà un taglio alla codarda insensatezza dei suoi articoli? Inserirebbe allo stesso modo in tutti i propri riferimenti all'altrettanto reale e terribile massacro di sei milioni di Ebrei europei il fatto che i negazionisti di estrema destra “negano con veemenza” che ci sia stato un genocidio? No, non lo farebbero.
Ma la vera storia vincerà. Nell'ottobre scorso, secondo i resoconti dei giornali locali, alcuni abitanti del villaggio di Kuru, in Turchia orientale, mentre scavavano una tomba per uno dei loro parenti hanno trovato una fossa contenente ossa e teschi di circa 40 persone – quasi sicuramente i resti dei 150 Armeni della città di Oguz uccisi a Kuru il 14 giugno 1915. La gendarmeria turca locale si è recata ad esaminare la fossa l'anno scorso, ne ha sigillato l'ingresso e ha ordinato agli abitanti di non parlare di ciò che avevano trovato. Ma ci sono centinaia di altre Kuru in Turchia e anche le loro ossa torneranno a tormentarci. E pubblicare libri “in silenzio” non aiuterà.
Tradotto da Chiara Rancati per www.peacelink.it
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