Rivoluzione tv, Bbc lancia i-player
Semaforo verde all'i-player della Bbc. Così il Bbc Trust, l'organo che supervisiona l'attività della televisione pubblica inglese, si è espresso in merito al lancio sul mercato della nuova creatura Bbc, presentata lo scorso aprile al Mip, il mercato dei contenuti audiovisivi di Cannes, da Jana Bennet e Ashley Highfield, rispettivamente direttrice di Bbc Vision e responsabile della divisione Future media and technology.
L'i-player segna l'ingresso della Bbc nel mondo della banda larga e dei contenuti on demand. I cittadini inglesi, che con il pagamento delle tasse sovvenzionano il colosso della tv pubblica, potranno presto, gratuitamente, scaricare i loro programmi preferiti in alta qualità da Internet entro sette giorni dalla loro messa in onda televisiva. Una settimana per fare il download e quaranta giorni per guardare il programma scaricato. Termine oltre il quale il prodotto sparisce automaticamente dal computer: è la sottile linea che la Bbc ha tracciato fra consumo privato e sfruttamento commerciale dei contenuti. Quaranta giorni per riguardare il programma preferito o per programmare la visione di un contenuto che non si è potuto consumare in diretta, nel momento della sua messa in onda. «Il principio che c'è dietro all'i-player è molto semplice», dice Rahul Chakkara, controller di Bbc interactive, una delle menti dietro alla nuova creatura della Bbc. «I cittadini inglesi che pagano il canone sono i proprietari dei programmi della Bbc, perché li hanno attivamente sovvenzionati con le tasse. Dovrebbero perciò essere capaci di usufruire di questo loro prodotto, e l'i-player risponde a tale necessità. Purtroppo ci sono delle questioni di copyright che non ci permettono di andare oltre la finestra dei sette giorni di download gratuito». E, per chiarire ogni possibile equivoco, ribadisce: «Noi vogliamo proteggere il contenuto dalla pirateria, e infatti la tecnologia che c'è dietro all'i-player impedisce di condividere i prodotti scaricati inviandoli a altri utenti, e impedisce che il download possa venire effettuato fuori dalla Gran Bretagna, i cui soli cittadini sono autorizzati (in quanto paganti canone, ndr) a usufruire gratuitamente dei prodotti Bbc, per il resto del mondo, c'è la divisione commerciale Bbc worldwide». La questione del digital rights management, la protezione dei contenuti scaricati, è una delle patate bollenti della tv sulla banda larga, contro la decisione della Bbc di dotarsi di un Drm Microsoft si sono già schierati BoingBoing e il Linux Journal.
A Cannes, nel corso del mercato dei contenuti audiovisivi, la broadband tv l'ha fatta da padrona. Un'edizione del Miptv in cui la tv di tipo tradizionale sembrava addirittura non esistere più: entusiasmo, sale piene, convegni affollati e domande solo per le nuove star del digitale, la tv a banda larga, i siti di social networking, i mondi virtuali di second life e gli user generated content, i contenuti prodotti dalla gente «you tube style». Silvio Scaglia e Erik Lumer hanno fatto le cose in grande, invitando al lancio della loro Babelgum un testimonial d'onore, il regista americano Spike Lee che offrirà gratuitamente il suo documentario commissionato dall'Unicef dal titolo Jesus children of America alla piattaforma di distribuzione globale via Internet. Per il momento, il modello di business di Babelgum, così come del suo concorrente Joost (la piattaforma fondata dai creatori di Skype Janus Friis e Niklas Zennström), è quello della visione gratuita, ma passata la fase di beta test e conquistato un bacino d'utenza, arriverà la pubblicità. Per essere al riparo da eventuali scambi di contenuti, niente download ma esclusivamente streaming. Inoltre la piattaforma si presenta come «intelligente», impara cioè dalle scelte dell'utente, in maniera che la volta successiva potrà proporre contenuti rispondenti ai suoi gusti.
Joost e Babelgum hanno dunque in comune molte cose, anche se Erik Lumer sottolinea di non voler fare paragoni fra le due. «Siamo simili nel modo di funzionare, certo, e anche il nostro business model è lo stesso. Ma siamo complementari, perché quello che ci interessa è creare un nuovo mercato e farlo crescere in modo da avere sempre più utenti». E Scaglia aggiunge che Babelgum lavorerà soprattutto sull'effetto long tail, la coda lunga di Internet, il meccanismo per cui i contenuti di nicchia sui media tradizionali vedono allargare il loro bacino d'utenza su scala globale e diventano casi di successo. In altri termini, la piattaforma non distribuirà soltanto contenuti branded, cioè grandi marche di canali e programmi: ma anche prodotti indipendenti, meno noti e più sperimentali, il cui successo sarà decretato dal numero di clic, il nuovo auditel della rete. Lumer ribadisce che Babelgum non distribuirà contenuti user generated e che per i prodotti indipendenti ci sarà una soglia d'ingresso, probabilmente sulla base del curriculum della società di produzione e sulle sue precedenti esperienze professionali. Ma per ora a fare da traino, sia su Babelgum che su Joost (che vanta già un portfolio dove c'è Viacom, Cbs e Endemol), sono gli accordi con le grandi reti tv. È il branded content a fare da traino, altro che gli indipendenti. Una volta il collo di bottiglia era rappresentato dalla distribuzione: molti prodotti, poche reti a disposizione per diffonderle.
Oggi Internet ha sciolto il nodo distributivo ma ha stretto il cappio intorno al collo della produzione: piattaforme come Joost e Babelgum sono incredibili mezzi di diffusione, ma soltanto se c'è già qualcuno dietro che produce. «Non siamo una media company, ed escludo che mai lo saremo», dice Lumer, fugando ogni possibile dubbio (o speranza) che un giorno Scaglia si metta a produrre contenuti ad hoc per il web, aprendo un canale nuovo di commissioning per gli indipendenti. Si salvano solo i produttori che già hanno un finanziatore - e questo finanziatore spesso è una rete televisiva tradizionale - oppure gli user generated content, il grande magma di contenuti a costo zero che ingolfa you tube e affini.
In una situazione del genere l'unica cosa che potrebbe fare la differenza è che tutte le reti tv seguano l'esempio della Bbc, costruendosi il loro i-player e distribuendo i propri contenuti sulle proprie piattaforme, piuttosto che farsi distribuire da altri. Forse così Babelgum, Joost e dintorni potrebbero decidere di dedicarsi a differenziare i propri prodotti e cominciare a offrire qualcosa di unico, pensato «su misura» per Internet, trasformandosi da piattaforma di distribuzione in media a se stante.
Articoli correlati
- Scuola e media
Master necessari e costosi, carta stampata in ripresa
Più media E più utenti. Si leggono più libri e giornali, si frequenta di più la Rete8 dicembre 2007 - Ida Dominijanni Nella selva del potere
Due parole su un fatto di cronaca che rischia di cadere nel dimenticatoio18 luglio 2007 - Paola Maccioni- Ma siete davvero sicuri che "libertà d'espressione" è permettere a Bruno Vespa di condurre "Porta a porta" fino a che morte non ci separi?
La libertà di espressione al tempo di Bruno Vespa, Simona Ventura e RCTV
27 maggio 2007 - Gennaro Carotenuto
Sociale.network