24 maggio, il Piave mormorò... ovvero la vittoria di un musulmano contro il Corsera e il suo vicedirettore ad personam.

24 maggio 2007
Hamza R Piccardo

Nei giorni scorsi Magdi Allam, usava ad personam le colonne del Corriere della Sera per commentare "pro domo sua" la vicenda che ha visto protagonisti due noti studiosi di islamiche cose, Stefano Allievi, sociologo dell'Università di Padova, saggista e uomo di rara sensibilità e onestà intellettuale e Renzo Guolo, politologo dell'Università di Torino, anche lui saggista e opinionista di Repubblica, persona seria, informata dei fatti e soprattutto dei testi al quale non abbiamo nulla da rimproverare se non un certo distacco dalla realtà umana che studia e su cui scrive. Allievi condannato per aver diffamato Smith (ho testimoniato a suo favore, di Allievi intendo) per quanto ha scritto su di lui nel saggio "Islam italiano" Einaudi 2003 e Guolo rinviato a giudizio con l'accusa di aver diffamato lo stesso nel suo saggio " Xenofobi e xenofili, gli italiani e l'islam" Laterza 2003.

Due vicende paradossali, ma si badi, non perchè Adel Smith come qualunque altro cittadino italiano non abbia diritto a tutelare la sua immagine ma perchè nei due testi non abbiamo mai ravvisato estremi di diffamazione ma solo, talvolta, un'ironica rappresentazione dei soggetti trattati.

Siamo convinti assertori della libertà d'espressione con il solo limite della blasfemia e abbiamo più volte preso posizione contro le leggi che a diverso titolo limitano questa fondamentale libertà, i vari "oltraggi" del codice Rocco, la legge Reale, il decreto Mancino-Modigliani e il discutendo decreto Mastella, che nella perversa escalation potrebbe toccare la sommità di equiparare la critica all'ideologia di uno Stato oggettivamente razzista al razzismo tout court in tutte le sue forme più odiose.

In quanto musulmani siamo quotidianamente offesi nella nostra dignità e nei nostri valori da diverse testate giornalistiche sovvenzionate con soldi pubblici e una minima ricognizione sul web basterebbe a rendersi conto di quanta ignorante acrimonia siano capaci alcuni dei nostri concittadini. E tuttavia, non siamo mai ricorsi in giustizia contro tutti quelli che in questi anni di crescente islamofobia hanno creduto di poter giocare perversamente sulle paure della gente per proporsi come loro difensori. AIUTATEMI A DIFENDERVI dicono tutti i dittatori e gli apprenddisti stregoni che dittatori vorrebbero diventare ma non ne hanno le possibilità o gli attributi.

Lo abbiamo fatto invece, fino a poco tempo fa con nessun esito, contro quelli che ci hanno diffamato personalmente e hanno trasformato la continua campagna di stampa contro di noi e le nostre organizzazioni di riferimento, in una cornucopia dell'abbondanza che non smette di produrre stipendi milionari (in euro) e premi internazionali, e contratti da opinion makers e libri che l'efficiente distribuzione di una delle maggiore casi editrici italiane ci fa trovare persino nelle stazioni di servizio e nei supermarket.

E dopo tanto inutile "al lupo al lupo" (al terrorista al terrorista), tanto "arresta arresta" , tanto "sciogli sciogli", tanto "espelli espelli", spesso in tandem con eletti che riescono ad avere visibilità mediatica solo quando si ergono a paladini contro il moro incombente e la sua quinta colonna interna, dopo tanta inutile menzogna e mistificazione, complice il senso d'impunità di tante archiviazioni di querele, l'uomo in Italia più ispirato dal Memri (vedi http://salamelik.blogspot.com/2005/10/gli-agenti-del-memri.html) s'imbatte in una vicenda personale dell'arcinemico. Ci salta sopra a piedi pari, di concerto con qualche squallido personaggio del sottobosco islamico italiano. E' convinto il nostro, pardon il loro, che i musulmani non abbiano diritti, che gli si può fare qualsiasi cosa: bombardarli quotidianamente in tre o quattro paesi, rapirli a Milano, torturarli a Guantanamo, intercettarli dappertutto e persino impadronirsi della loro corrispondenza per innalzare un'infame gogna mediatica e additarli al generale ludibrio.

Ma tanto va la gatta al lardo che ci lascia... quel che c'ha da lasciare…

In Italia infatti, segno dei tempi e della capacità delle istituzioni di rispondere con strumenti (qualche volta) adeguati alle esigenze della società in progress, ci sono diverse Autority, soggetti di diritto pubblico che hanno competenza specifica ed esclusiva in campi specifici: le telecomunicazioni ad esempio e la tutela della privacy.

Quest'ultima autority creata con la Legge n. 675 del 31 dicembre 1996 (vedi http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=28335) è entrata in funzione nel 1997 e ha il compito vigilare affinché la normativa che stabilisce le regole per il trattamento dei dati sensibili sia rispettata intervenendo su richiesta di parte (o anche "motu-proprio") in caso di supposte violazioni. In particolare il Garante può disporre: "il divieto, in tutto od in parte, ovvero il blocco del trattamento di dati personali quando per la loro natura, oppure per le modalità o gli effetti di tale trattamento, vi sia il rischio concreto di un rilevante pregiudizio per l'interessato ;" (art. 31 della succitata legge).

Per quanto riguarda l'atteggiamento della stampa nei confronti del diritto di immagine e di riservatezza che il cittadino, ancorché noto o personaggio pubblico, dovrebbe avere è illuminante quanto detto l'11 maggio scorso da Mauro Paissan, componente al massimo livello della struttura dell'Autority, intervenendo alla tradizionale Conferenza di primavera dei Garanti europei, a Larnaka (Cipro): "La privacy non può essere evocata per negare la necessaria trasparenza dei poteri, ma non è vero che ogni notizia deve essere comunque data: il giornalista è chiamato a misurare la propria libertà rispetto al dovere di tutelare la dignità delle persone". … Paissan si è soffermato sulle recenti polemiche che hanno visto protagonista l'Autorità. Esse "hanno posto sotto i riflettori temi cruciali come il confine tra tutela della privacy delle persone note e i criteri per individuare cosa è essenziale per ricostruire fatti di interesse pubblico e cosa no". Proprio sul concetto fondamentale di essenzialità dell'informazione, il componente del Garante ha ricordato come spetti proprio al giornalista la precisa responsabilità di "valutare se, nel riferire di una notizia, la diffusione di un dato personale è essenziale per l'interesse pubblico" o meno, sottolineando come sia "curiosa la pretesa dei giornalisti di non dover rendere conto a nessuno di come fanno informazione". (http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1404710)

Questa, spero non tediosa digressione, per dire che il mio legale, avv. Domenico Tambasco, cui va tutta la mia gratitudine per la passione e la competenza con cui mi sta asssietendo, si è rivolto al Garante affinché deliberasse se la diffusione di una corrispondenza privata avvenuta senza il consenso degli interessati non costituisse violazione della normativa vigente in materia di trattamenti di dati sensibili e, in caso affermativo, ne ordinasse la cancellazione dagli archivi del Corriere della Sera e dal web su cui erano stati pubblicati.

Lo scorso 24 maggio (capito cosa c'entra il Piave?) il Garante ha emesso il suo provvedimento che accoglie la richiesta di cancellazione scrivendo: "Nel caso di specie, la diffusione dei dati personali dl ricorrente (io) contenuti in una corrispondenza privata allo stesso inviata a mezzo posta elettronica dev'essere valutata, oltre che alla luce dei principi in materia di protezione dei dati personali, tenendo conto del complessivo quadro normativo posto a tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza e di "ogni altra forma di comunicazione" (art. 15 Cost.). Il riconoscimento e la garanzia costituzionale operano a prescindere del mezzo di corrispondenza scelto, tenuto anche conto che "la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità (..) comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile un significato espansivo (Corte Cost.)

(…) nel caso di specie interi stralci (di una corrispondenza privata) risultano essere stati pubblicati in assenza di un consenso dei diretti interessati.

Il ricorso dev'essere pertanto accolto per quanto concerne all'ulteriore diffusione dei dati personali relativi all'interessato contenuti nell'articolo del 16 gennaio 2007 attualmente pubblicato attraverso edizioni on-line del quotidiano "Corriere della Sera"… va conseguentemente inibito all'editore di diffondere in ogni forma tali dati personali senza il consenso di cui all'art. 93 della legge sul diritto d'autore. Va altresì ordinato quale misura a tutela dell'interessato la cancellazione di tali dati dalle predette edizioni al più presto e comunque non oltre il 5 giugno 2007.

Martedì 29 il Corriere ottemperava e rimuoveva l'articolo dall'archivio del Forum "Noi e gli altri" gestito da Magdi Allam *

Dopo tanta arroganza... i resti di quello che fu uno dei più prestigiosi quotidiani nazionali risalgono in disordine quelle valli d'impunità che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.*

Firmato Hamza R Piccardo

PS: Ora s'inizierà la causa civile nelle migliori prospettive

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