Free press, terzo giorno senza E Polis
Per il terzo giorno consecutivo non sarà possibile leggere i quotidiani del gruppo E Polis, e questo nonostante anche ieri, come sempre, i giornalisti abbiano lavorato e chiuso regolarmente le varie edizioni del giornale consegnandole in tipografia. Un'assenza dai punti di distribuzione dovuta alla situazione di rottura che si è venuta a creare tra l'editore Nicola Grauso e lo stampatore Umberto Seregni e che naturalmente preoccupa non poco i 130 redattori che il gruppo ha nelle 15 redazioni locali, il personale amministrativo e i dipendenti della E Polis media, la concessionaria di pubblicità nata dopo la rottura con Publikompass. «In gioco è la sopravvivenza di un progetto unico e innovativo nel panorama dei media nazionali», ha denunciato il comitato di redazione in un comunicato con cui, a nome dell'assemblea dei giornalisti, si chiede che «vengano rimossi, in fretta, gli ostacoli che hanno portato alla sospensione delle pubblicazioni privando i lettori di uno strumento di informazione libero e indipendente».
Dietro la crisi di questi giorni c'è la forte esposizione debitoria accumulata dal gruppo sardo nei confronti dello stampatore, e che ammonterebbe a circa 20 milioni di euro. Una situazione che si era deciso di fronteggiare attraverso una ricapitalizzazione che avrebbe dovuto vedere la partecipazione di Seregni (sostenuto da una cordata di cui farebbero parte anche il finanziere americano Soros e alcuni fondi, uno dei quali statunitense) acquistare azioni per 7 milioni di euro, Grauso e la Editrice Gamma intervenire con altri 12 milioni, 7 dei quali già versati, e infine un pool di banche per altri 8 milioni di euro. A far saltare tutto, però, sarebbe stato il rifiuto opposto da Seregni alla richiesta avanzata da Grauso e dalla Editrice Gamma di poter riacquistare entro sei mesi, nel caso avessero trovato i soli necessari, le quote vendute. Adesso il futuro del gruppo, e dei suoi dipendenti, è legato alle decisioni che verranno prese venerdì prossimo quando, per le 12,30, è fissata un nuovo incontro tra Grauso e Seregni.
Nato due anni e mezzo fa in Sardegna (la prima edizione è dell'ottobre del 2004), E Polis è riuscito abbastanza presto a trovare una sua collocazione e una precisa identità - grazie anche a una serie di collaborazioni prestigiose, alle inchieste e ai servizi che vanno ben oltre il semplice lancio di agenzia - all'interno della free press. Un'esperienza non priva anche di aspetti innovativi come il telelavoro che, seppure interessanti, non hanno però mancato di suscitare critiche da parte della Federazione nazionale della stampa per l'utilizzo di forme di lavoro precario.
Ma all'origine della crisi economica ci sarebbe soprattutto la rottura tra E Polis e la Publikompass, l'agenzia a cui inizialmente era stata affidata la raccolta pubblicitaria. «Da loro avevamo avuto la garanzia che avrebbero raccolto 73 milioni di euro nel 2006 - ha spiegato ieri Grauso - mentre invece ne abbiamo avuti solo 27». Da qui la rottura con il colosso pubblicitario e la decisione, a partire dal maggio scorso, di curare in proprio la raccolta di nuove inserzioni attraverso una propria concessionaria, la E Polis media.
Preoccupazione per quanto sta accadendo e solidarietà ai giornalisti e ai collaboratori di E Polis è stata espressa in questi giorni dalla Fnsi, ma anche da alcuni esponenti della politica. «Chiedo al sottosegretario Levi - ha detto ad esempio il presidente della commissione Cultura della Camera, Piero Folena - di intervenire e aiutare la trattativa tra l'editore e lo stampatore, al fine di tutelare centinaia di posti di lavoro e il pluralismo dell'informazione».
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