Editoria, primo sì alla riforma. Levi: «Si punta a razionalizzare»

Nuovi criteri per l'accesso ai contributi statali. Per gli organi di partito, una testata per ciascun gruppo. La Fieg scettica, la Fnsi: «Il testo si deve migliorare. Si pensi ai precari e al mancato rinnovo del contratto»
4 agosto 2007
Castalda Musacchio
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Ricordate Report? Bene, fu proprio in una delle inchieste condotte da Milena Gabanelli che lo scandalo dei finanziamenti per il settore all'editoria venne fuori. Lo Stato finanzia per circa 700 milioni di euro l'anno il settore. A chi, come, e soprattutto a che titolo vengono spesi questi soldi fino a ieri era materia ardua da sondare. Anche perché in Italia è noto si legge poco, nessun giornale vive di sola carta; si pensi ancora ai quotidiani di partito per esempio che non si reggono certo sulla pubblicità a cui comunque va solo il 5% dei finanziamenti. «Allora - si chiedeva Bernardo Iovene - il restante 95% a chi va?». Ieri il primo disegno di riforma del sistema approvato dal Consiglio dei ministri rimette mano alla materia e per la prima volta dopo 60 anni. Si tratta, è vero, di un primo passo, perché il ddl sull'editoria dovrà ancora passare al vaglio della conferenza Stato-Regioni e del parlamento prima di diventare legge. Però, in sostanza ci prova. Prova soprattutto a fare chiarezza, a razionalizzare un intero sistema fino ad oggi lasciato completamente senza regole. Ad annunciare il nuovo testo, con l'auspicio che ottenga un consenso bipartisan, è stato ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Ricardo Levi con delega all'editoria. Spiegando che l'obiettivo è appunto quello del riordino e l'ambizione è «quella di dare organizzazione ad una materia che ha avuto solo interventi occasionali». E di novità ve ne sono.
Nuovi i criteri per l'accesso ai contributi statali; sostituzione delle agevolazioni postali con un sistema di credito di imposta per le spese sostenute dagli editori; nuove le norme che ridisegnano il mercato dell'intermediazione pubblicitaria: tra i requisiti previsti per accedere ai contributi diretti, per le cooperative, il fatto di essere costituite solo da professionisti e di associare almeno il 50% dei giornalisti dipendenti; per gli organi di partito, ancora, è concessa un'unica testata per ciascun gruppo parlamentare.
Nuove anche le modalità di calcolo, in base ai costi di bilancio e alla tiratura: il contributo finale non può comunque superare il 60% dei costi per gli organi politici e il 50% per le altre imprese editrici. Per quanto riguarda le agevolazioni postali agli editori si prevede che i 200 milioni di euro scenderanno a 160 milioni di euro nel 2011 e saranno trasformati in credito d'imposta.
Non saranno toccati i 100 milioni di agevolazioni postali riservate al settore no-profit. Quanto al mercato della pubblicità, l'intermediazione è consentita solo sulla base di un mandato scritto del cliente, senza possibilità di remunerazione da parte degli editori: di fatto scompaiono le cosiddette sovracommissioni per gli intermediari, che con la nuova legge potranno essere pagati soltanto dai clienti.
Novità ancora per i libri. Il ddl si occupa degli sconti stabilendo che gli editori possano fissare liberamente il prezzo di vendita dei libri per praticare uno sconto massimo al 15%, limite che può essere tuttavia superato nel caso di campagne promozionali che non durino oltre un mese. Sono ammessi ulteriori sconti fino al 20% in casi particolari.
Il disegno di legge in definitiva punta, secondo le intenzioni dell'Esecutivo, a razionalizzare un sistema disorganico. Immediata la replica della Fieg. «Una riforma di carattere generale - puntualizzano subito gli editori - deve sapersi misurare con i problemi reali del paese.
«Che si tenti di riformare il sistema - commenta d'altra parte la Federazione della stampa - è sicuramente un fatto postivo. Il sindacato dei giornalisti nelle prossime settimane lavorerà per proseguire la concertazione e migliorare il testo. Un testo - ammonisce la Fnsi - che dovrà comunque procedere parallelamente alle misure di riforma del mercato del lavoro dei giornalisti sulle quali il ministro del Lavoro ha aperto un confronto con le parti interessate. In definitiva la riforma va bene ma occorrerà pur affrontare altre questioni piuttosto urgenti: come l'emergenza occupazionale e le difficoltà del lavoro giornalistico.
Ricordate ancora Report? Si è detto che il 95% dei contributi non si sapeva bene che fine facessero. Gli editori invece ne sono ben al corrente e proprio perché quei contributi vengono incassati su spese telefoniche, elettriche e costo della carta. Eppure i giornalisti precari e sottopagati sono sempre di più. Ed ora proprio gli editori rifiutano persino di sedersi al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto. Il nodo da risolvere, nonostante la riforma, resta proprio questo.

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