Usa, costa caro quell «porcellum» al Senato
Gli articoli sul caso del senatore dell'Idaho Larry Craig, ieri, erano pieni di dettagli gustosi sulla scenetta nelle toilette maschili dell'aereoporto di Minneapolis, ma l'interesse per i particolari piccanti e per la battaglia di Craig contro i diritti degli omosessuali ha fatto dimenticare i problemi politici di ben altra importanza che potrebbbero nascere dall'episodio. L'Idaho è uno stato ultraconservatore, dove Bush ha ottenuto il 68% dei voti nel 2004 e dove lo stesso Craig è stato eletto tre volte, l'ultima delle quali con il 65%. Per ritrovare un senatore democratico bisogna risalire al 1974, quando Frank Church (eletto per la prima volta nel 1957) fu confermato dai suoi elettori. Quando nel 2008 si voterà di nuovo per il Senato in 34 stati americani ogni singolo voto potrebbe ribaltare la maggioranza, oggi nelle mani dei democratici.
Il carattere esplosivo dell'affare Craig sta nel fatto che i repubblicani hanno un piano molto semplice per tornare in maggioranza (oggi hanno 49 seggi su 100): difendere con successo tutti i 22 seggi oggi nelle loro mani, cosa teoricamente non troppo difficile perché i senatori uscenti hanno sempre un enorme vantaggio in termini di visibilità e di contributi raccolti, e togliere due seggi ai democratici. Secondo il «piano B» potrebbe bastarne anche uno solo, poi vedremo perché. I seggi nelle mani di democratici che potrebbero essere sconfitti sono tre: Mary Landrieu in Luisiana, Tim Johnson in South Dakota e Frank Lautenberg in New Jersey. In tutti e tre i casi ci sono fattori locali che favoriscono i repubblicani benché il 2008 sia generalmente annunciato come una buona annata per i democratici (salvo guerra con l'Iran o attentati di al Qaeda).
Il problema di Mary Landrieu è che i suoi elettori sono stati deportati e già ne aveva pochini. «Deportati» nel senso che, dopo la distruzione di molti quartieri di New Orleans, centinaia di migliaia di cittadini che avevano perso tutto sono rimasti lontani dalla città, molti in altri stati. Poiché New Orleans è il bastione democratico in uno stato che tende a votare repubblicano, Landrieu avrà vita dura per rimettere insieme una maggioranza (fu eletta nel 2002 con appena il 52%). I democratici faranno campagna sull'incompetenza dell'amministrazione Bush nel gestire soccorsi e ricostruzione ma, se i repubblicani presenteranno un candidato forte, la partita si giocherà sul filo di poche decine di voti.
Tim Johnson in South Dakota è popolare, ma anch'egli fu eletto nel 2002 con una maggioranza risicata: 524 voti in tutto. Stavolta avrebbe potuto fare meglio, se l'anno scorso non avesse sofferto di una grave emorragia cerebrale. Oggi è in convalescenza ma è dubbio che possa sopportare le fatiche della campagna elettorale e, del resto, i suoi elettori potrebbero preferirgli un candidato meno a rischio dal punto di vista fisico.
Il terzo seggio problematico è quello del New Jersey, uno stato che tende a votare democratico, ma dove l'attuale senatore Frank Lautenberg ha 84 anni e si era meritatamente ritirato dalla politica già sei anni fa. Se è di nuovo sulla breccia è perché nel 2002 il suo collega Torricelli fu coinvolto in una storia di corruzione e dovette rinunciare: per mantenere il seggio, il partito fece appello a Lautenberg, che se fosse rieletto avrebbe 91 anni alla fine del suo mandato. Può darsi abbia una salute di ferro ma, anche in questo caso, gli elettori potrebbero pensarla diversamente.
I democratici hanno dunque tre seggi a rischio e i repubblicani si aspettavano di strapparne almeno due. Mettendo anche in conto una possibile sconfitta in Colorado (dove il senatore repubblicano Bob Schaffer è in terra straniera a causa delle posizioni dell'amministrazione Bush sull'ambiente) resta la probabilità di guadagnare un seggio, riportando la bilancia in perfetta parità, 50 repubblicani e 50 democratici. A condizione, naturalmente, che tutti gli altri repubblicani in lizza, compreso Craig, vincano.
Secondo il «piano B» concepito dagli strateghi della Casa Bianca, il Senato andrebbe benissimo anche diviso 50-50 perché non disperano dallo staccare il senatore indipendente del Connecticut Joe Lieberman dai democratici. Fino ad oggi Lieberman ha sostenuto il suo ex partito ma non ha certo dimenticato di essere stato battuto nelle primarie a causa della sua posizione sulla guerra in Iraq e di essersi dovuto presentare come indipendente. Se il conflitto in Medio Oriente diventa un problema politico sempre più scottante, e i democratici prendono posizione più energicamente a favore del ritiro delle truppe, Lieberman potrebbe saltare il fosso.
Non solo: esiste anche un «piano B-2» in cui l'equilibrio 50-50 rimane, ma la vittoria di un candidato repubblicano alla Casa Bianca (che non può essere affatto esclusa) mantiene il controllo del Senato nelle mani del partito perché, costituzionalmente, il vicepresidente ha il diritto di votare quando la situazione è di parità. A quel punto, la maggioranza democratica alla Camera sarebbe sostanzialmente impotente.
Tutto questo, naturalmente, sta scritto nelle stelle le quali tendono a dare responsi negativi ogni volta che Bush chiede lumi ai suoi indovini. Il caso Craig è uno di questi responsi, per vari motivi. Innanzitutto, per un politico americano nulla è più devastante che finire nelle grinfie dei comici in seconda serata e Craig, con i suoi goffi approcci a un poliziotto in borghese, è un bersaglio perfetto. In secondo luogo, gli elettori dell'Idaho che credono nei valori della famiglia tradizionale potrebbero non apprezzare l'ipocrisia del senatore, che ha fatto tutta la sua carriera politica su posizioni «casa-e-chiesa». Infine, a livello nazionale, i repubblicani sono già minacciati da un'ondata di scandali a sfondo sessuale, che in un momento di impopolarità per il partito sono l'ultima cosa di cui c'era bisogno. Per limitare le perdite Craig potrebbe dimettersi e permettere al governatore di nominare al suo posto un altro senatore consentendo così ai repubblicani di presentarsi alle elezioni del novembre 2008 con una faccia nuova e sperare di conservare il seggio.
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