Meno giornalisti, più cellulari. L'Ansa taglia, rischia la notizia
Cinquanta esuberi anche all'Ansa, un giornalista su otto dovrà fare le valigie perché la più grande agenzia di stampa italiana rischia di chiudere il 2007 con un ammanco di un milione e mezzo. Altri cinquanta giornalisti precari saranno cacciati via alla scadenza dei loro contratti, senza speranze di ottenere rinnovi. Le sedi estere dovranno essere ripensate, alcune redazioni regionali accorpate, i settori della sede centrale rimescolati. Sembra incredibile che a scatenare un macello di queste proporzioni sia il rischio di perdere un milione e mezzo di euro, cifra che i soci dell'Ansa (una sessantina di giornali, tra cui i colossi dell'editoria nazionale) potrebbero ripianare senza difficoltà qualora il buco si verificasse. Eppure è così. La prima risposta dei giornalisti è stata la proclamazione di quattro giorni di sciopero a partire da stamattina.
Il severo presidente dell'Agenzia, l'ambasciatore Boris Biancheri, aveva annunciato i tagli prima dell'estate a Report, diluendo l'effetto, secondo la migliore tradizione padronale. In quella puntata, con l'aria di chi sta per dire la più grossa delle ovvietà, Biancheri sostenenne che il 15% del personale giornalistico era in eccesso. Alle sue dichiarazioni seguì uno sciopero, solo parzialmente attuato: il presidente, sempre lui, profferì un'altra ovvietà, e cioè che non era così. Nonostante il filmato comprendesse la sua figura e la sua voce, gli spettatori si erano proprio sbagliati. I giornalisti fecero finta di crederci, sottovalutando l'esuberanza e la forza della rappresentazione rispetto alla mestizia della realtà.
L'ambasciatore gioca la partita dell'Ansa seduto su due poltrone: è anche presidente della Fieg, la potente Federazione degli editori, che da due anni si rifiuta di rinnovare il contratto dei giornalisti, nonostante la raffica di scioperi e gli appelli arrivati persino da due presidenti della repubblica.
In quindici fumose pagine, dal titolo «Piano di riorganizzazione e sviluppo 2007-2008», azienda e direzione giornalistica partono da originali considerazioni sul sistema dell'informazione, che «sta vivendo una fase di profonda trasformazione», e finiscono con «il piano va attuato nell'interesse di coloro che nell'azienda svolgono la loro attività». Questo «abbraccio» commosso sembra includere anche quelli che dovranno lasciare: è un invito affinché aziendalismo e stoicismo si diano la mano.
Il piano dell'Ansa è un avvertimento per la categoria. Se qualcuno si fa illusione sul prossimo contratto, dovesse mai arrivare, eccolo servito: il piano recrimina la «sostanziale inelasticità delle retribuzioni, i cui trend di aumento sono determinati in gran parte da automatismi di carattere contrattuale».
In via della Dataria, storica sede dell'Agenzia, c'è chi propone di tagliare i costi delle macchine di servizio. Questa semplice operazione, più qualche piccola economia, basterebbe a far dormire sonni tranquilli all'azienda, che con i tagli pensa di risparmiare quasi quattro milioni di euro, tre volte di più rispetto al temuto deficit. Per farne cosa? Subito detto: «Accanto agli investimenti sui sistemi editoriali, sul sito nonché sulla rete infrastrutturale, particolare attenzione e priorità è stata posta nel livello qualitativo delle dotazioni al personale». Dopo un lungo respiro si può affrontare il passaggio successivo: «E infatti, sono previsti entro il 2007 il rinnovo del parco cellulari aziendali con fornitura di apparati di ultima generazione con funzioni ripresa foto e filmati e, nella seconda metà del 2008, la sostituzione dei pc portatili». Ovviamente non manca un «piano straordinario di formazione».
Quello che sta accadendo all'Ansa sembra la prova generale di quello che accadrà nelle aziende editoriali del paese, che oltre a preparare il funerale alla carta stampata si apprestano a celebrarne uno ancora più fastoso alla notizia. E chi, più dell'Ansa, rappresenta la notizia? Attaccare i simboli serve e se non dà risultati nell'immediato, basta avere pazienza.
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