L'esplosione del «tutto gratis»
Ottenere una cosa senza pagarla? Significa che da qualche parte c'è qualcuno che l'ha pagata per te. Se accade nel web o nella telefonia mobile, una volta su due si tratta di un'azienda che lo ha fatto al posto tuo, in cambio di visibilità.
Da un paio di giorni, per esempio, in Gran Bretagna è nato un nuovo operatore telefonico un po' diverso dagli altri. Si chiama Blyk e i suoi clienti non pagano per fare telefonate, né per inviare messaggini, perché scelgono di ricevere a loro volta via sms un po' di pubblicità. Tecnicamente Blyk è un Mvno - operatore mobile virtuale - un contraltare britannico del nostro Coop Voce, o di Poste Mobile, ovvero una società che affitta da un operatore già esistente la linea e la rivende ai suoi clienti finali.
Ma invece che adottare tariffe in linea con quelle dei suoi concorrenti, tra cui il suo fornitore del servizio (in questo caso Orange), Blyk ha scelto di regalare ai suoi clienti dai 16 ai 24 anni le telefonate. Per farlo, si è accordata con nomi del calibro di CocaCola, McDonald's, Colgate: sono loro a sovvenzionare i minuti gratuiti di connessione. Sono loro a essere interessati a dialogare con questa fascia di persone. E a inviare loro sms (ma anche la loro versione multimediale, gli mms) sui loro prodotti e sulle loro ultime novità.
Suppergiù è così che funziona anche la nuova strategia dell'internet globale. Fornire gratuitamente quei servizi che nessuno fino a qualche anno fa immaginava di trovare liberi da pedaggio, in cambio di piccoli e innocenti disturbi. Che si chiamano banner pubblicitari, spot in miniatura, segnalazioni di servizi che potenzialmente potrebbero interessarci, magari sottoforma di testo accanto ai risultati delle nostre ricerche su Google. Quel mondo instancabile della réclame digitalizzata sempre più personalizzata. Che insegue l'utente da mattina a sera e che sempre meno, incredibilmente, noi utenti avvertiamo come invasiva.
Perché il tornaconto c'è, ed è paritetico per le due grandi categorie: da un lato si trova il pubblico, fruitore di un servizio che altrimenti avrebbe dovuto pagare, come le telefonate da internet con il VoIP di Skype, l'archivio storico online degli articoli del New York Times, gli mp3 da ascoltare via web su una delle molte piattaforme, i video online da gustare in streaming, o più semplicemente le informazioni trovate su un motore di ricerca.
Dall'altro lato ci sono le aziende di ogni settore: il classico esempio è quello dell'editore di un giornale o il distributore di contenuti video che mettono a disposizione i loro prodotti (le notizie, le puntate di un telefilm) per accrescere la schiera di utenti fedeli e presentare numeri da capogiro (in termini di visite ricevute sul sito, di minuti passati sulle loro pagine) a chi intende investire e acquistare uno spazio sui loro siti.
È il momento più «free» della storia dell'internet. Il modello del tutto gratis si allarga a macchia d'olio e colpisce addirittura settori poco avvezzi al dono fino a pochi mesi fa.
La musica per prima sta facendo i conti con questa tendenza: la settimana scorsa è nato SpiralFrog, un sito dove l'etichetta Universal è protagonista, che già alla partenza offre un catalogo di quasi 800 mila canzoni da ascoltare gratuitamente. Ci sono grandi successi, oltre a molti cataloghi di etichette indipendenti, e presto arriveranno i videoclip, le news, le recensioni degli album. Tutto gratuito: basta sopportare la pubblicità.
Neppure il tempo di abituarsi al nuovo servizio che Nbc, l'emittente tv statunitense, fa il suo annuncio analogo. Da ottobre metterà online a disposizione per essere scaricati i suoi programmi più amati, quelli di prima e seconda serata, che le portano il picco di audience da molti anni. Anche qui tutto si basa sulla visione di alcuni spot.
Tutto gratis, sempre più. Con un piccolo «ma». Mentre le major si sforzano di trovare nella parola «free» i loro introiti, continua a esistere un'alternativa che parte dagli utenti per avere contenuti e servizi gratuiti. È la condivisione a livello orizzontale dei propri archivi di file che sta alla base del peer-to-peer, non a caso così osteggiato negli anni dalle etichette musicali. O la condivisione della propria banda nel modello p2p di Skype.
Ma è anche il modello di altre reti collaborative legate a progetti ad hoc, come quelle del grid computing di cui si parla in questa pagina per vincere il dengue. Una condivisione che, aziende e paletti permettendo, funziona di per sé in totale autonomia. Questa volta senza bisogno di pubblicità.
eva@totem.to
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