Oltraggio alla Catalogna
Ventiquattro luglio 1938: le truppe repubblicane cercano di impegnare i nazionalisti per distoglierli dall'agonizzante Catalogna. Scontri duri, che terminano con il ritiro delle prime al di là dell'Ebro. Siamo in Spagna, negli anni della guerra civile che ha portato al potere Francisco Franco. Ma siamo anche in una delle possibili ambientazioni proposte dal videogioco Shadows of War, appena uscito nel mercato iberico e già materia scottante di polemiche sul dubbio buon gusto di chi ha deciso di proporre svago nutrendosi dei tragici eventi di quegli anni.
Il gioco è strategico e propone, a scelta, il comando delle forze governative o delle truppe che con un colpo di Stato hanno portato al lungo periodo dittatoriale. Naturalmente, però, la storia può cambiare il suo corso e Franco può fallire. Le problematiche da affrontare includono, oltre alla scelta delle tattiche di guerra e guerriglia, la gestione di limitate risorse di truppe, di oro e di carburante.
Chi l'avrebbe mai detto che un mondo di pixel potesse scatenare un dibattito nazionale fra forze politiche di ogni schieramento, cariche di motivi per spaventarsi? Armi in spalla, elmetto in testa e spirito di avventura sono protagonisti di una serie di intrattenimenti videoludici in cui, a contarne il numero, ci si perde. Ma se di storia si tratta, può succedere che la levità del giocatore lasci improvvisamente il campo a un agguerritissimo scontro interpretativo. Ed è quello che sta succedendo al di là dei Pirenei da quando sugli scaffali dei rivenditori è apparso il titolo. Apparentemente innocuo, nasconde infatti - o quanto meno suscita - questioni morali di una storia non ancora assorbita, troppo vicina per essere guardata con occhi distaccati e troppo dolorosa per accettare che qualcheduno abbia voglia di vestire i panni delle truppe franchiste e farle vincere, ancora.
E di occhi distaccati, nella folla di polemiche esplose, se ne sono incontrati pochi. La questione l'ha inquadrata bene il New York Times parlando con esponenti di diversi blocchi politici e categorie sociali. Certo, nessuno batte ciglio per i tanti titoli che propongono scontri storici fra qualunque popolo della Terra. Persino della cruenta Seconda Guerra mondiale si parla a iosa. Trivialità, sangue, giustizieri sommari, stragi. Tutto vero, e, nel caso di Shadows of War, tutto rivisitato in un modo che, per quanto esso abbia la pretesa dell'imparzialità, offende. Non solo la parte politica che rappresenta con orgoglio coloro che credono nella liberazione dalla dittatura, ma anche quella degli avversari conservatori.
Da una parte, tocca i nervi di persone che ancora risentono della perdita dei propri cari. Carlota Leret, figlia di un combattente giustiziato dalle truppe franchiste, ha dichiarato: "Il gioco in questione non serve a ricostruire alcuna memoria storica, ma solo a banalizzare morte, tirannia e violenza". Dall'altra, coinvolge conservatori come Manuel Contreras, editorialista di Abc, che esprime sdegno per un argomento adatto solo a rendere più profondo lo strappo che spacca ancora in due la Spagna, alle prese con una rivisitazione storica avviata da Zapatero e dalle sue proposte di legge per il risarcimento delle vittime. Il Paese è diviso dalla memoria e respira un'aria grave: "A Barcellona, durante tutte quelle ultime settimane che trascorsi là, c'era una strana sensazione malevola nell'aria - un'atmosfera di sospetto, paura, incertezza e odio velato", scriveva Orwell in Omaggio alla Catalogna. Atmosfera risvegliata oggi da un curioso appuntamento con la storia. Curioso, sì, perché scaturito da quella che è stata definita "l'industria della memoria", a cui il settore videoludico si sta abbondantemente dedicando. Anche se parlarne - sostiene il creatore del videogioco Francisco Pérez - non può fare che bene alle nuove generazioni a cui le scuole non forniscono strumento alcuno per conoscere i fatti.
Se il passato può essere riscritto anche da un videogioco, è vero ciò che si vocifera a proposito dell'universo ludico, tanto vasto e integrato nel quotidiano da essere capace di cambiare la visione del mondo. Di certo è capace di avviare dibattiti. Come è successo in Italia nel 2004, all'uscita del titolo Il Rosso e il Nero, che nulla ha a che fare con Stendhal bensì con i colori politici di partigiani e fascisti. Il videogioco, ambientato nel 1943 fra le strade di Firenze, di Pavia e di altre città teatro di battaglie per la libertà dal regime, ha avviato uno scontro mediatico sulla possibilità di interpretare il Duce in persona.
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