Il Sole brilla poco a piazza affari

Ieri il magro debutto in borsa del primo giornale economico italiano. Che viene quotato ma resta sotto il pieno e totale controllo della Confindustria: perché il mercato è bello, ma fino a un certo punto
7 dicembre 2007
Roberta Carlini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

La Confindustria va al mercato. Senza crederci. Ieri lo stato maggiore dell'Associazione ha presenziato al debutto in borsa del suo giornale, il Sole 24 Ore. L'esordio è stato bruttino: lanciato al prezzo di 5,75 euro per azione - al limite inferiore della forchetta indicata durante il collocamento -, il titolo nel primo pomeriggio quotava a 5,34, con una perdita del 7%, per poi recuperare qualcosa nel finale chiudendo i calo di circa il 2%. Montezemolo ha fatto spallucce: «Guardiamo al lungo periodo», ha detto, prima di correre a pranzo da Fini e Casini. Mentre l'amministratore delegato Claudio Calabi ha negato che l'accoglienza negativa del mercato abbia qualcosa a che fare con il marchingegno delle «azioni speciali», inventato per mantenere ben saldo in capo a Confindustria il controllo del gruppo.
Arrivato a quotarsi nell'anno 2008, dopo tre anni di discussioni e lunghi studi nel corso dei quali molti conti si sono regolati e qualche testa è caduta, il gruppo editoriale del Sole si è consegnato infatti al mercato con un assetto blindato a tutela del padrone confindustriale. Tramite un'Ops - offerta di pubblica sottoscrizione - Confindustria ha chiamato il mercato a sottoscrivere un aumento di capitale, diluendo così la sua partecipazione, dal 100% al 69,7%. Le azioni offerte al pubblico sono «di categoria speciale»: nessuno ne può comprare più del 2%. Quanto all'assetto di potere - quella che chiamano la «governance» -, si prevede che gli azionisti chiamati a sborsare 232 milioni di euro avranno il contentino di un consigliere di amministrazione su 15.
In questo modo la Confindustria si assicura il controllo sul gruppo, con metodi che hanno fatto arricciare il naso a più di un osservatore. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, ha usato la formula di una cortese lettera al direttore del Sole per sparare a palle incatenate: dietro il prospetto informativo monstre («oltre 600 pagine, vìola il Trattato di Kyoto», «stamparlo vuol dire abbattere ettari di foresta amazzonica») si nascondono nodi assai rilevanti, ha scritto. In particolare, il «travestimento» delle azioni speciali, che non hanno niente di speciale se non il limite al possesso (con sospetta violazione di codice civile), le affermazioni che «sfidano la legge di gravità» (come quella che dice, nero su bianco, che il gruppo non è soggetto alla direzione e al coordinamento di Confindustria), lo scarso rispetto dei piccoli azionisti: «era proprio impossibile fare di più?», ha chiesto Bragantini. Al quale ha risposto il direttore De Bortoli, grande sostenitore dell'operazione-borsa, ammettendo che «si poteva fare di più» ma rivendicando «il valore simbolico di questa apertura al mercato».
Qualche giorno prima, erano stati i giornalisti del Sole, attraverso un comunicato del Cdr, a sollevare gli stessi dubbi, parlando della quotazione come di «un'occasione mancata». Meglio sarebbe stato, dice il Cdr, se si fosse costituita una fondazione, per separare la proprietà dalla gestione dell'area informativa, «la più sensibile ai conflitti di interesse di cui è intrinsecamente portatrice la Confindustria». Ma è stata proprio la paura di separarsi troppo dal «proprio» giornale a dettare gran parte delle 600 pagine del prospetto e i suoi complicati meccanismi: tra i quali, un sistema di elezione del cda che più che maggioritario si può definire totalitario. Funziona così: Confindustria nomina 14 consiglieri (un parlamentino, per tener conto di tutte le anime della associazione: dagli oltranzisti lombardi ai contestatori veneti, e poi i piccoli, i meridionali, etc.) e nomina anche il quindicesimo, su proposta delle minoranze. I primi 14 sono già stati nominati, e sono in carica da ieri. Presidente resta Granfranco Cerutti, a.d. Calabi. Tra loro due e altri alti dirigenti sono spartite le stock options dell'operazione (per 2,25 milioni). Ai giornalisti - direttore compreso - nessuna stock option, ma un pacchetto di azioni (per un controvalore da 1.500 a 2.000 euro all'anno, per 4 anni).
Con i capitali freschi entrati con la quotazione - per una buona parte da investitori istituzionali - il Sole e i suoi satelliti si lanceranno in nuovi progetti e investimenti. «Dobbiamo puntare a un giornale in inglese, ma anche uno in cinese e uno in arabo», ha esagerato ieri Montezemolo, confermando anche che il suo fondo Charme ha messo denari liquidi nell'operazione. Il prossimo 17 gennaio, con la nomina dei saggi di Confindustria, si aprono le danze sulla sua successione, per la quale al momento è super-favorita Emma Marcegaglia - ma non si sono ancora mosse le truppe dei berluscones. Montezemolo saluta così la sua associazione coronando un sogno: portare in borsa il giornale della borsa. Anche se, per farlo, ha finito per imitare le criticatissime società pubbliche (statali e comunali), sempre accusate di aver privatizzato con il 51%, cioè senza cedere il controllo. E il mercato, al primo giorno, non ha gradito molto.

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