Uno scandalo italiano. L'Espresso e il caso SIFAR
Gli anni Sessanta sono stati uno dei periodi più ricchi e fecondi di cambiamenti della storia italiana. Immediatamente successivi al boom economico, infatti, sono stati anni di profonde trasformazioni e di esperimenti politici che hanno mutato il panorama politico e sociale del nostro Paese.
In questi stessi anni, però, in cui molte cose sembravano destinate a cambiare per sempre sotto la superficie si muovevano uomini e organismi con il proposito di fermare le trasformazioni in atto e di porre un freno agli "esperimenti" che stavano modificando gli assetti politici del nostro Paese. In questa prospettiva è possibile comprendere il tentativo di colpo di Stato messo a punto nel 1964 dal Comandante dei carabinieri Giovanni de Lorenzo che, con l'appoggio dei servizi segreti statunitensi, si proponeva di bloccare ogni apertura a sinistra e di creare un nuovo governo basato sui voti e sulla volontà dei partiti di destra. Il colpo di Stato non fu mai attuato ma ciononostante raggiunse in parte i suoi obiettivi e rese più prudente la DC sul programma di riforma.
Il "caso SIFAR", come venne ribattezzato dai giornali quando, tre anni dopo, il settimanale "L'Espresso" ne rese pubblica l'esistenza, fu un tentativo estremo di porre fine alle trasformazioni che stavano interessando la vita politica del nostro Paese e di restaurare un governo che arginasse le spinte al cambiamento che provenivano dalla società civile. […]
Il primo tentativo di modificare dall'esterno le sorti della democrazia italiana si verificò nel 1964 con il tentativo di colpo di Stato messo in atto dal Gen. Giovanni De Lorenzo che, con l'appoggio degli ambienti di estrema destra e dell'Arma dei carabinieri, si proponeva di "persuadere" il Presidente del Consiglio, l'On. Aldo Moro e il presidente della Repubblica Segni a liquidare i socialisti con un piano, il famoso "Piano Solo", che avrebbe garantito l'ordine e messo a tacere le opposizioni. Il piano non ebbe seguito, grazie al rifiuto dei vertici democristiani di appoggiare l'idea di De Lorenzo, vertici democristiani che, però, si affrettarono a coprire la trama golpista con una cappa di silenzio. Pur non raggiungendo i suoi obiettivi, tuttavia, il "caso SIFAR", come venne ribattezzato il complotto ai danni dello Stato nel 1967, quando ne furono svelati i retroscena dai giornalisti de "L'Espresso" Eugenio Scalfari e Lino Iannuzzi divenne un ulteriore motivo di cautela per la DC, che continuò la marcia del centrosinistra con i piedi di piombo, a danno della capacità riformatrice dei governi che si susseguirono.
Quello del 1964 non fu, tuttavia, l'unico tentativo golpista che si è cercato di realizzare in Italia. Il 7 dicembre del 1970 Junio Valerio Borghese e l'industriale romano Remo Orlandini tentarono un colpo si stato, con l'operazione "Tora Tora", tre anni dopo, nel 1973, venne scoperta l'organizzazione segreta "Rosa dei Venti", che puntava ad attuare un colpo di Stato in sei fasi, tra cui un intervento militare e la fucilazione di ministri e parlamentari socialisti e comunisti, dirigenti della sinistra, vecchi comandanti partigiani. Un altro colpo di stato venne sventato, l'anno successivo, dal ministro della difesa, l'On. Giulio Andreotti che il 15 luglio destituì una dozzina di ammiragli e generali per prevenire, appunto, un golpe previsto per il 10 agosto. Nello stesso mese, il 23 agosto, la magistratura di Torino scoprì un complotto, noto come "golpe bianco", che faceva capo a Edgardo Sogno, Randolfo Pacciardi, ex ministro della Difesa, ed altri. Il progetto aveva il sostegno degli Stati Uniti e della loggia massonica P2 di Licio Gelli. […]
Nel 1955 il Gen. Giovanni de Lorenzo venne nominato capo del SIFAR. Proprio sotto la guida di De Lorenzo i servizi segreti iniziarono una gigantesca opera di schedatura degli esponenti più in vista di tutte le istituzioni e di tutti i gruppi sociali; politici, sindacalisti, imprenditori, uomini d'affari, intellettuali, religiosi e militari furono indagati. Non poco rumore fece la scoperta che anche Giuseppe Saragat, futuro Presidente della Repubblica, fosse spiato dagli uomini del SIFAR e che sul suo conto fossero minuziosamente catalogate addirittura le marche e le quantità degli alcolici utilizzati.
I fascicoli così compilati ammontavano a circa 157 mila, dei quali 34 mila dedicati ad individui appartenenti al mondo economico, a uomini politici e ad altre categorie di interesse rilevante per la nazione. La Commissione Beolchini individuò inoltre, nell'ambito di queste schedature illegali, una serie di gravi irregolarità. Nel frattempo il Gen. De Lorenzo, dopo aver dato avvio alle schedature, nel 1962 venne nominato Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri.
Nei primi anni alla guida dell'Arma il generale si mostrò una personalità mossa da un profondo spirito innovatore; i carabinieri, infatti, pativano numerosi inconvenienti che ne appesantivano, quando non paralizzavano, l'attività e fu proprio con De Lorenzo che l'"emergenza carabinieri", più volte posposta, venne affrontata. Dopo i primi anni della "cura De Lorenzo" i Carabinieri ricominciarono a presentarsi finalmente come un'istituzione efficiente e all'avanguardia, agguerrita e riarmata al punto da potersi nuovamente annoverare fra le forze militari d'impiego esterno.
Tutto era pronto per far scattare il "Piano Solo", un piano che avrebbe permesso a De Lorenzo, attraverso l'ausilio dei Carabinieri, di condizionare la vita politica del Paese e di creare un governo d'emergenza retto dal sen. Cesare Merzagora, che avrebbe definitivamente allontanato le sinistre dall'esecutivo. […]
Il Piano Solo era un piano d'emergenza che, nelle intenzioni del Gen. De Lorenzo, che lo aveva ideato, avrebbe definitivamente allontanato le sinistre dal governo o ne avrebbe quantomeno ridotto drasticamente le potenzialità riformatrici. Nelle intenzioni del suo ideatore esso avrebbe dovuto portare all'"enucleazione", ovvero al prelevamento, di quei personaggi politici ritenuti pericolosi. Questi sarebbero stati raggruppati e raccolti nella sede del Centro Addestramento Guastatori di Capo Marrargiu, in Sardegna, una base militare segreta, il cui progetto originario prevedeva questo possibile utilizzo, adattata a tempo di record dal SIFAR, dove sarebbero stati custoditi sino alla cessazione dell'emergenza. Carabinieri, gruppi di civili, ex parà e repubblichini di Salò avrebbero partecipato al golpe mentre la Confindustria e alcuni circoli militari avrebbero finanziato alcune formazioni paramilitari. L'Arma dei Carabinieri avrebbe assunto il controllo delle istituzioni e dei servizi pubblici principali, compresi la televisione, le ferrovie e l'ente telefonico nazionale ed avrebbe occupato con le armi le sedi dei partiti di sinistra, le redazioni de "L'Unità", le sedi della RAI-TV e le prefetture. La lista dei soggetti da prelevare sarebbe stata ricavata ed elaborata sulla base delle risultanze dei famosi fascicoli del SIFAR, redatti da De Lorenzo negli anni trascorsi alla guida dei servizi segreti.
Il comandante dell'Arma affermava la necessità di un intervento dei carabinieri per dominare la situazione, che si stava progressivamente deteriorando. […]
Fiutando un possibile pericolo, alcuni importanti esponenti di partiti della sinistra e dei sindacati preferirono rendersi irreperibili per qualche giorno ed evitarono di rincasare e di seguire le proprie personali abitudini. […] Qualche giorno dopo, rimasto senza maggioranza nella votazione di un finanziamento scolastico, il primo governo Moro fu costretto alle dimissioni. […] Durante i primi giorni del mese di luglio il generale mise in preallarme le strutture interessate, convocando i comandanti delle più importanti divisioni e predisponendo l'eventuale richiamo in servizio di militari già congedati, e fece distribuire le liste con i nomi di coloro che si sarebbero dovuti "enucleare" […] Il 17 luglio Moro, che il giorno precedente aveva incontrato De Lorenzo per discutere dell'ordine pubblico in caso di elezioni anticipate, optò, insieme a Nenni, segretario del PSI, per un ritorno alla formula governativa precedente mentre i socialisti rilasciarono prudenti comunicati di rinuncia ad alcune richieste di riforma, precedentemente avanzate come prioritarie. Si formò così il Moro 2, con un programma che lo stesso statista definì "edulcorato", ossia, come voleva De Lorenzo, annullato in ogni suo proposito innovatore. La crisi era rientrata senza che nessun carabiniere si fosse mosso ma il generale era riuscito ugualmente a raggiungere i propri obiettivi. […]
Lo scandalo dei fascicoli del SIFAR e il "Piano Solo" restarono sconosciuti all'opinione pubblica per tre anni. Soltanto nel gennaio del 1967, il sen. Parri denunciò in Parlamento lo spionaggio politico dei servizi segreti.[…] Era l'inizio di una serie di inchieste giornalistiche che avrebbero finalmente fatto un po' di chiarezza su quanto era avvenuto in quella calda estate del 1964; scoop che portarono la firma, a partire dal maggio del 1967, di Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari, entrambi de "L'Espresso", che per primi scoprirono e rivelarono all'opinione pubblica italiana i progetti golpisti del Gen. De Lorenzo, nel frattempo promosso Capo di Stato Maggiore. […]
La vicenda politica dello "Scandalo SIFAR", che sembrava essersi chiusa con la Commissione Alessi, che terminò i propri lavori alla fine del 1970, è stata riaperta sul finire dagli anni Ottanta da una Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi. Per ciò che concerne più specificamente il Piano Solo è apparsa difficilmente condivisibile la tesi secondo cui esso abbia costituito il risultato dell'approntamento di un normale piano antinsurrezionale. Le conclusioni a cui è giunta la Commissione Stragi riguardavano innanzitutto il fatto che il Piano Solo venne predisposto esclusivamente all'interno dell'Arma dei Carabinieri, escludendo dalla sua applicazione tutte le altre forze armate, come normalmente sarebbe avvenuto per un piano antinsurrezionale. Le stesse precauzioni adottate nel piano sarebbero state eccessive. Tuttavia anche la Commissione Stragi non è mai giunta a definire quello del Gen. De Lorenzo come un vero e proprio colpo di Stato tanto che nella relazione finale si afferma che "appare improduttivo indugiare sulla "realtà" di un progetto golpista da parte del generale De Lorenzo (e cioè domandarsi se si trattò di una minaccia reale, poi non realizzata per motivi che resterebbero oscuri, dato che di essa si ebbe notizia solo alcuni anni dopo) ovvero se non vi sia stato nulla di tutto ciò ma soltanto un improvvido attivismo del generale, un maldestro eccesso di zelo la cui importanza sarebbe stata a torto enfatizzata negli anni successivi". […]
In conclusione non è sembrato dubbio alla Commissione che il "Piano Solo" fosse destinato ad acquisire attualità operativa in previsione di tale evenienza, con modalità che si ponevano al di fuori dell'ordinamento costituzionale. Così come è indubbio che la percezione in sede politica di tale possibile evenienza fosse valsa a determinare un forte ridimensionamento della politica di centrosinistra. Né vi è dubbio che ciò corrispondesse agli interessi perseguiti da settori dell'amministrazione statunitense e che si situava all'interno di un disegno strategico più ampio di stabilizzazione del quadro politico italiano, rispetto al quale un'involuzione autoritaria costituiva un esito estremo e non gradito.
Se queste sono le conclusioni cui è giunta la Commissione Stragi, che, quindi, non ha "etichettato" gli eventi dell'estate del 1964 come "Colpo di Stato" ma ha lasciato intuire comunque come le precauzioni adottate fossero estreme e oltrepassassero di gran lunga la legittimità costituzionale, appare opportuno aggiungere le considerazioni della commissione in relazione all'unico punto della vicenda non sufficientemente chiarito, cioè l'esistenza e, di conseguenza, il mancato ritrovamento della lista delle persone che allo scattare operativo del Piano sarebbero state enucleate e forzosamente condotte in Sardegna. Dell'esistenza di tale lista vi sono numerose prove testimoniali ma tale elenco non fu posto a disposizione della Commissione sul SIFAR, né esso è compreso nella documentazione resa consultabile a partire dal 1990.
Sembra altresì verosimile individuare nell'indebita prassi di controllo e fascicolazione instauratasi presso il SIFAR dal 1959, e dunque quando il Gen. De Lorenzo ne era a capo, un momento preparatorio della predisposizione del Piano Solo e dell'attuazione di quello che sarebbe stato, ormai senza ombra di dubbio, un Colpo di Stato.
Scalfari, il 4 giugno 1967, così concludeva un suo articolo in cui difendeva l'operato del proprio giornale e sollecitava i cittadini a non chiudere gli occhi di fronte a quanto era avvenuto:
"Per quanto ci riguarda, la situazione è chiarissima. Abbiamo prodotto testimonianze, sono state confermate punto per punto nelle mani del ministro della Difesa; abbiamo raccolto testimonianze di alti ufficiali pronti a deporre dinanzi al giudice o dinanzi a una commissione parlamentare d'inchiesta. Se il governo vuole soffocare tutto ciò, far finta che nulla sia accaduto e dare così un'implicita autorizzazione a tutti i generali che ne abbiano la voglia di complottare a tempo perso con la garanzia dell'impunità, il governo è padrone di farlo. Il paese giudicherà".
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