Armi di distrazione di massa: il pericolo dei kamikaze a Domenica In
C’era da aspettarselo. Per sviare l’attenzione sia dall’impasse
militare in cui si trovano le truppe che dalle critiche politiche che in questi
ultimi giorni le sono piovute addosso, la coalizione anglo-americana ha deciso
di affidarsi mani e piedi alla propaganda, sfoderando la più micidiale
delle sue armi segrete: i kamikaze. “A Bagdad ce ne sono già 4000,
pronti ad entrare in azione”, hanno titolato ieri Tv e giornali italiani,
raccontando di “autobus stracolmi di uomini-bomba” che sarebbero
in arrivo da Siria, Giordania, Libia e Territori Occupati - tutti allettati
dalle munifiche paghe del rais – “34 mila dollari per ogni famiglia”
– e pronti ad inseguire gli americani “fino a casa loro”.
Il colmo lo si è raggiunto a Domenica In, dove si è parlato addirittura
di una “brigata” di kamikaze palestinesi, che già combatterebbe
gomito a gomito con gli iracheni e che non vedrebbe l’ora di entrare in
azione.
In realtà, leggendo le corrispondenze dei giornalisti seri che stanno
ai confini iracheni, in Giordania oppure in Siria, ci si fa l’idea che
a rientrare a Bagdad siano soprattutto cittadini iracheni, indignati dal fatto
che gli americani calpestino e macchino di sangue spesso innocente il suolo
patrio. Ma tant’é. E’ bastata una dichiarazione altisonante
del portavoce del regime iracheno, Hazen Al Rawi, per lanciare a nove colonne
l’allarme kamikaze. Già in passato si era parlato della presenza
in Iraq di qualche centinaio di combattenti arabi, disposti anche al martirio,
ma i giornalisti occidentali che li avevano incontrati ne avevano sottolineato
(più o meno all’unisono) l’esiguità, Può darsi
che nel frattempo il loro numero sia cresciuto – e d’altronde il
problema vero posto dai kamikaze non sta certo nel numero, quanto nel loro essere
un’arma devastante quanto atipica - ma é ben strano che gli analisti
occidentali, di solito scrupolosissimi nel fare la tara alle dichiarazioni irachene,
soprattutto quando si parla di vittime civili nei bombardamenti, in questo caso
non abbiano avuto nulla da ridire. Anzi, invece di accusare gli irakeni di bluffare
e di fare propaganda, si sono affrettati a rilanciare la notizia, adoperandosi
perché avesse il massimo risalto. A dar loro una mano ha pensato subito
il Mossad israeliano, che per bocca dei suoi giornalisti (in patria e all’estero)
ha stabilito inquietanti connessioni internazionali, accusando in particolare
la Siria di “tenere aperti” i suoi confini a tutti i musulmani che
vogliono unirsi “alla battaglia contro l’invasore americano”.
Tutta propaganda? Certo che no, il pericolo-kamikaze esiste e non va sottovalutato.
Ma è vero anche che amplificando l’allarme-kamikaze ed usandolo
come uno spauracchio per l’opinione pubblica, Bush &C. sono riusciti
ad ottenere due piccioni con una fava. Da un lato – vedi le dichiarazioni
del nostro Frattini – sono riusciti a ricompattare il fronte occidentale,
che stava cedendo sotto il peso delle gaffe politiche e degli errori militari
emersi in questi primi dieci giorni di guerra. Dall’altra, hanno cominciato
a seminare zizzania nel mondo arabo, improvvisamente e pericolosamente unito,
chiarendo che nessuna connivenza con l’Irak verrà più tollerata..
Il tutto in nome di quella “lotta al terrorismo” cui nessun paese
Occidentale osa sottrarsi, per rispetto alle vittime dell’11 settembre,
e per un’ottusa sudditanza agli Stati Uniti e ad Israele. Peccato però
che i nobili propositi della lotta al terrorismo - che, ricordiamolo, dovevano
giustificare l’intervento militare in Irak - sono oggi carta straccia,
sepolta sotto il peso dei bombardamenti in cui muoiono soprattutto vittime innocenti.
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