Armi di distrazione di massa: il pericolo dei kamikaze a Domenica In

3 aprile 2003
Amedeo Ricucci

C’era da aspettarselo. Per sviare l’attenzione sia dall’impasse militare in cui si trovano le truppe che dalle critiche politiche che in questi ultimi giorni le sono piovute addosso, la coalizione anglo-americana ha deciso di affidarsi mani e piedi alla propaganda, sfoderando la più micidiale delle sue armi segrete: i kamikaze. “A Bagdad ce ne sono già 4000, pronti ad entrare in azione”, hanno titolato ieri Tv e giornali italiani, raccontando di “autobus stracolmi di uomini-bomba” che sarebbero in arrivo da Siria, Giordania, Libia e Territori Occupati - tutti allettati dalle munifiche paghe del rais – “34 mila dollari per ogni famiglia” – e pronti ad inseguire gli americani “fino a casa loro”. Il colmo lo si è raggiunto a Domenica In, dove si è parlato addirittura di una “brigata” di kamikaze palestinesi, che già combatterebbe gomito a gomito con gli iracheni e che non vedrebbe l’ora di entrare in azione.
In realtà, leggendo le corrispondenze dei giornalisti seri che stanno ai confini iracheni, in Giordania oppure in Siria, ci si fa l’idea che a rientrare a Bagdad siano soprattutto cittadini iracheni, indignati dal fatto che gli americani calpestino e macchino di sangue spesso innocente il suolo patrio. Ma tant’é. E’ bastata una dichiarazione altisonante del portavoce del regime iracheno, Hazen Al Rawi, per lanciare a nove colonne l’allarme kamikaze. Già in passato si era parlato della presenza in Iraq di qualche centinaio di combattenti arabi, disposti anche al martirio, ma i giornalisti occidentali che li avevano incontrati ne avevano sottolineato (più o meno all’unisono) l’esiguità, Può darsi che nel frattempo il loro numero sia cresciuto – e d’altronde il problema vero posto dai kamikaze non sta certo nel numero, quanto nel loro essere un’arma devastante quanto atipica - ma é ben strano che gli analisti occidentali, di solito scrupolosissimi nel fare la tara alle dichiarazioni irachene, soprattutto quando si parla di vittime civili nei bombardamenti, in questo caso non abbiano avuto nulla da ridire. Anzi, invece di accusare gli irakeni di bluffare e di fare propaganda, si sono affrettati a rilanciare la notizia, adoperandosi perché avesse il massimo risalto. A dar loro una mano ha pensato subito il Mossad israeliano, che per bocca dei suoi giornalisti (in patria e all’estero) ha stabilito inquietanti connessioni internazionali, accusando in particolare la Siria di “tenere aperti” i suoi confini a tutti i musulmani che vogliono unirsi “alla battaglia contro l’invasore americano”.
Tutta propaganda? Certo che no, il pericolo-kamikaze esiste e non va sottovalutato. Ma è vero anche che amplificando l’allarme-kamikaze ed usandolo come uno spauracchio per l’opinione pubblica, Bush &C. sono riusciti ad ottenere due piccioni con una fava. Da un lato – vedi le dichiarazioni del nostro Frattini – sono riusciti a ricompattare il fronte occidentale, che stava cedendo sotto il peso delle gaffe politiche e degli errori militari emersi in questi primi dieci giorni di guerra. Dall’altra, hanno cominciato a seminare zizzania nel mondo arabo, improvvisamente e pericolosamente unito, chiarendo che nessuna connivenza con l’Irak verrà più tollerata.. Il tutto in nome di quella “lotta al terrorismo” cui nessun paese Occidentale osa sottrarsi, per rispetto alle vittime dell’11 settembre, e per un’ottusa sudditanza agli Stati Uniti e ad Israele. Peccato però che i nobili propositi della lotta al terrorismo - che, ricordiamolo, dovevano giustificare l’intervento militare in Irak - sono oggi carta straccia, sepolta sotto il peso dei bombardamenti in cui muoiono soprattutto vittime innocenti.

Amedeo Ricucci

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