L'AIDS in Cambogia
In quell’occasione mi incontrai, e molte volte mi scontrai, con una realtà Altra rispetto alla mia di origine; a Phnom Penh, la capitale, conobbi la contraddizione di una realtà ricca, costituita dalle case di grandi imprenditori, ville lussuose, automobili sontuose, a ridosso di una realtà impoverita, formata dalla società di coloro che vivono nella più assoluta miseria, soffrendo la fame e vivendo solo di una economia di sussistenza.
Conobbi la Storia di questo paese, affrontai il dramma dei Khmer rossi e di Pol Pot, nell’assurdità di questa dittatura e di questo regime: 1,7 milioni di persone uccise per una ideologia, un vero e proprio genocidio, svoltosi nel più assoluto silenzio dell’opinione pubblica e della politica mondiale. Alla fine del 2007 è iniziato il fatidico processo ai leader dei Khmer rossi, ma sarà difficile trovare una pena “giusta” per i crimini contro la guerra e i crimini contro l’umanità, vista anche l’età avanzata degli ex-capi politici della Kampuchea Democratica. Dopo la fine del regime dei khmer rossi, durato dal 1975 fino al 1979, la Cambogia resterà sotto il controllo dei vietnamiti fino al crollo del muro di Berlino, nel 1989: i guerriglieri dei Khmer rouge cesseranno definitivamente di esistere solo nel 1999, anno in cui per la Cambogia inizia una nuova era. Ma questo Paese agli inizi del XXI secolo è martoriato da una piaga sociale che coinvolge e sconvolge l’intera popolazione: il virus del secolo, l’AIDS, che si diffonde a partire dai bordelli di Phnom Penh e delle altre città e si insinua capillarmente in tutte le province del paese; intere generazioni non hanno potuto vivere un’infanzia degna di essere vissuta, tra la guerra civile e la dittatura, e attualmente non possono viverla a causa dell’AIDS, della prostituzione e della pedofilia. Molte famiglie vivono nel degrado delle periferie della città, o, peggio ancora, nella discarica tra i cumuli di rifiuti.
La nostra ricerca sul campo vuole affrontare un parallelismo tra due tipi di dispositivi pedagogici: un dispositivo creatosi durante il regime di Pol Pot, del quale verranno analizzati i tempi della Kampuchea Democratica e gli spazi, tra i quali sarà preso in esame anche la prigione Tuol Sleng S-21; saranno approfonditi i linguaggi usati dai quadri del partito per l’indottrinamento e la gestione di oggetti e corpi attuata dall’Angkar.
In secondo luogo analizzeremo le conseguenze che questo dispositivo ha creato nella Cambogia di questi ultimi anni: in particolare prenderemo in analisi il dispositivo pedagogico che si crea intorno alla malattia dell’AIDS; esporremo i luoghi e gli spazi in cui questa patologia prende piede nelle vite dei cambogiani, ma anche dove essa viene curata; descriveremo i tempi dettati dal virus dell’HIV e dalle medicine somministrate per la sua cura; descriveremo gli oggetti, cercheremo di capire i saperi legati a questo male e i linguaggi con i quali vengono espressi, in particolare tra i bambini e i ragazzi.
Per comprendere al meglio la situazione in cui vivono i bambini e i ragazzi affetti dal virus dell’HIV ci avvarremo dell’esperienza maturata in una Organizzazione Non Governativa – ONG – chiamata New Hope for Cambodian Children, denominata con l’acronimo NHCC: siamo stati ospiti nei loro progetti al fine di analizzare e studiare la gestione della malattia in alcune categorie di persone; l’ONG infatti si occupa dell’assistenza domiciliare dei bambini, con il lavoro accurato dei cosiddetti fieldworkers, nei villaggi intorno alla capitale Phnom Penh; gestisce inoltre un villaggio costruito nella provincia di Kompong Speu, a circa 50 chilometri a ovest di Phnom Penh, per mantenere i bambini orfani affetti da HIV. Useremo quindi l’osservazione partecipante, fondamentale nei contesti educativi, come approccio ad una realtà altra, così diversa, così lontana dalla nostra; osserveremo le strutture dei servizi da diversi punti di vista: osservazione dell’architettonica, della temporalità, della corporeità.
Osserveremo questi dispositivi sempre con un’ottica interculturale, dove due culture, quella italiana di origine e quella cambogiana ospitante, si incontrano, si studiano, cercano di capire i bisogni di una e dell’altra.
Nel nostro caso il dialogo interculturale sarà uno degli aspetti centranti della questione: se di dialogo si può parlare, poiché la comunicazione verbale, in particolare con i bambini e i ragazzi è risultata difficoltosa, visto lo scarso impiego dell’inglese da parte loro e il nostro khmer quasi inesistenti data la complessità della lingua scritta e parlata: di conseguenza con i bambini e i ragazzi è sempre stato d’obbligo qualche cambogiano che traducesse le domande e le risposte. È stato comunque interessante comunicare usando “il corpo che parla”, i gesti e la mimica facciale: ancora una volta, ci siamo accorti quanto il nostro corpo comunica anche senza proferire parola.
In questo nostro viaggio in Cambogia andremo a conoscere nel dettaglio i due tipi di dispositivi anche con l’aiuto di illustri pedagogisti e pensatori: grazie soprattutto a Michel Foucault e la sua idea di panottismo, vedremo come il modello del panopticon sia stato un paradigma concreto per la vita di milioni di cambogiani durante il regime dei Khmer rossi; il modello del panottico ha introdotto in Cambogia il “principio del ciclista” e la delazione, comportamenti che tuttora sono diffusi in questo paese e che forse sono alla base dei comportamenti attuali per quanto riguarda la prostituzione e la corruzione.
Allegati
L'AIDS in Cambogia
Francesco Ingarsia525 Kb - Formato pdfL'AIDS in Cambogia. Un dispositivo pedagogico tra corpi, luoghi e saperiCopyright © Francesco IngarsiaLicenza: CC Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0
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