Notizie Usa e getta, il catalogo è questo
Gli illuminanti risultati di una ricerca americana sulla censura in tempo di guerra globale al terrorismo. Le notizie più interessanti scompaiono dai media in poco tempo, o non ci arrivano mai
Sapevate che Rumsfeld ha chiesto un finanziamento per spingere i terroristi a compiere attentati? E che l'esercito ha libertà di inquinamento? E che Washington ha fatto sparire il 70% del rapporto Iraq all'Onu?
Sapevate che Rumsfeld ha chiesto un finanziamento per spingere i terroristi a compiere attentati? E che l'esercito ha libertà di inquinamento? E che Washington ha fatto sparire il 70% del rapporto Iraq all'Onu?
8 gennaio 2004
Angela Pascucci
Fonte: Il Manifesto - 8 Gennaio 2004
Il corpo speciale ideato da Donald Rumsfeld per «provocare»
i terroristi, lo smantellamento dei sindacati americani, le 8mila pagine censurate
dal rapporto dell'Iraq all'Onu, l'erosione degli spazi di libertà civili
causato dall'Homeland Security, il progetto di dominio globale dei neoconservatori,
lo scontro euro/dollaro fra le ragioni della guerra all'Iraq, la progressiva chiusura
degli spazi di accesso alle tecnologie dell'informazione. Sono queste, fra molte
altre, «le notizie che non hanno fatto notizia», specialità di
Project Censored (www.projectcensored.org)
un gruppo statunitense di ricerca sui media che da ventisette anni ha come programma
di «educare le persone sul ruolo del giornalismo indipendente in una società
democratica». Compito che si è fatto vieppiù ambizioso e complicato,
via via che la storia degli anni Ottanta e Novanta avanzava tumultuosa portando
con sé due processi paralleli: la concentrazione inedita dei mezzi di comunicazione
di massa nelle mani di pochi ricchi e potenti e l'esplosione di un Internet pressoché
infinito dove ciascuno poteva gettarsi e comunicare. Lo stesso nome dell'organizzazione,
che con quel «censored» aveva un senso ben preciso negli anni Settanta,
oggi assume dichiaratamente una valenza, e un progetto, diversi: portare alla
luce quelle notizie che appunto tali non sono diventate, perché la corrente
dell'informazione mainstream, dominante, le ha travolte in un flusso obnubilante,
disperdendole e impedendo loro di arrivare alle orecchie e alla coscienza del
grande pubblico.
L'impresa è un'opera di scavo collettivo, condotta nella Sonoma State University (California) da un gruppo nutrito, circa 200 persone fra studenti e professori che lavorano su migliaia di segnalazioni. Ogni anno poi Project Censored pubblica una raccolta delle 25 migliori e più significative storie, scelte e «classificate» in ordine di interesse e importanza da una «commissione» che comprende, fra gli altri, Noam Chomsky, la storica femminista americana Susan Faludi, lo storico Howard Zinn.
Dall'insieme delle storie prescelte emerge ogni anno un ritratto particolare degli Stati uniti, disegnato dalla sua coscienza più critica ma ignorato dai più. Le storie setacciate nella produzione giornalistica tra il 2002 e il 2003 provengono in gran parte dalla stampa più indipendente, più libera, più controcorrente (Z Magazine, CounterPunch, The Progressive, Mother Jones, The Nation etc.) e sono marcate in profondità dalla guerra. Una guerra duplice: contro l'Iraq ma anche contro i cittadini americani. Così la «Homeland Security che minaccia le libertà civili» si lega a doppio filo con «i piani di Rumsfeld per provocare il terrorismo», come «gli sforzi per far scomparire i sindacati» non possono essere disgiunti dal fatto che «il Pentagono incrementa i contratti militari privati».
Da ogni articolo, un punto emerge più forte degli altri, un flash che illumina una zona oscura del sottobosco politico statunitense, un deterioramento degli spazi di democrazia, che nell'insieme della retorica fragorosa e delle cronaca spicciola va perduto. Così nella valutazione del tema che occupa il secondo posto nell'hit parade di Project, quello riguardante la «Homeland Security» che erode le libertà civili, il Patriot Act II del 2003 emerge in tutta la sua forza di Leviatano quando propone di considerare «nemico combattente» ogni cittadino che violi la legge federale o dello stato, consentendo così di togliergli la cittadinanza. Perfetto corollario, gli sforzi dell'amministrazione di abrogare il Posse Comitatus Act del 1878 che proibisce il dispiegamento di forze federali militari nelle strade per controllare l'azione dei civili. In altre parole la legge marziale. Sotto la copertura della lotta al terrorismo, si prefigura così sempre più apertamente una guerra al dissenso.
Quanto poi alla lotta al terrorismo, che dire della nuova organizzazione creata da Donald Rumsfeld, la Proactive Preemptive Operations Group (P2OG), task force che chiede l'impiego di cento persone e un finanziamento di cento milioni di dollari l'anno, incaricata di missioni segrete di counter-intelligence con l'obiettivo di suscitare reazioni tra i gruppi terroristi per spingerli ad atti violenti tali da esporli al «contrattacco» Usa. Una storia rapidamente scivolata nel silenzio, come si conviene a ogni piano segreto.
E nascosto è rimasto agli americani anche il fatto che dalle 11.800 pagine del rapporto dell'Iraq all'Onu, nel novembre del 2002, siano state «strappate» 8mila pagine, tutte quelle nelle quali si ricordava il ruolo avuto dalle corporations Usa, durante le amministrazioni Reagan e Bush senior, nel rifornire Saddam Hussein di armi di distruzione di massa.
Del tutto evidente invece il piano di demolizione in atto dei sindacati. Meno del 10% dei dipendenti privati è oggi sindacalizzato (rispetto al 36% dei primi anni Cinquanta) e in questo caso la grande stampa tende a bastonare il cane che affoga, anche se sono pur sempre 13 milioni i membri delle unions. Nel dicembre del 2002, il Dipartimento del lavoro ha emesso nuovi regolamenti per i sindacati, una sorta di incubo amministrativo del costo di svariati milioni di dollari, mentre il piano di George Bush di accelerare il processo di appalto alle compagnie private del lavoro federale sfianca ulteriormente la capacità di difesa dei lavoratori. Anche qui, la difesa della sicurezza nazionale si insinua surrettiziamente e la lotta al terrorismo diventa un'arma per smantellare diritti acquisiti.
Scendendo nella classifica di Project le storie non si fanno meno inquietanti. Così appare enorme, anche se piazzata al 15mo posto, la storia sul gigantesco inquinamento provocato dall'esercito Usa. Anche qui, avere mano libera nella lotta al terrorismo, significa, chissà perché, premere sul Congresso perché i vincoli ambientali possano venir meno quando si parla di esercito. I vincoli, afferma il Pentagono, ridurrebbero la capacità di reazione dei militari. Ma si dà il caso che sul territorio degli Stati uniti, nelle 8.500 proprietà militari, si contino 27mila fonti di inquinamento letale. Non solo i militari emettono sostanze tossiche direttamente nell'aria e nell'acqua. Avvelenano anche la terra delle comunità vicine, come testimoniato dall'aumento dei tumori e delle malformazioni congenite. Ma chi fa rilevamenti nei pressi delle basi all'estero?
Al posto numero diciannove c'è poi lo scontro dollaro/euro. Ed è interessante ricordarsi come nel novembre del 2000 l'Iraq diventò il primo paese Opec a vendere il suo petrolio in cambio di euro.
Su queste storie vale la pena di riflettere nel momento in cui qui, nella vecchia Europa, ci si interroga su come sia possibile che delle enormità come la politica interna e internazionale di George Bush non trovino un'opposizione più forte e agguerrita, o quanto meno evidente, all'interno del paese. Solo alla luce di questa coscienza critica la frattura transatlantica che divide le stanze del potere e prefigura nuova guerre si ricompone, e si allea nella domanda appassionata che il 4 ottobre scorso la ex deputata Cynthia McKinney, che forse nel 2004 correrà per le presidenziali come vice di Ralph Nader, poneva nel discorso di apertura della annuale cerimonia dei Project Censured Award: «Chi siamo e chi è responsabile di quel che siamo diventati? Dicono che l'11 settembre siamo stati colpiti perché siamo liberi. Significa che quel che siamo diventati è il prodotto dei desideri e delle volontà del popolo americano? E se così è, siamo anche liberi di cambiare opinione?».
L'impresa è un'opera di scavo collettivo, condotta nella Sonoma State University (California) da un gruppo nutrito, circa 200 persone fra studenti e professori che lavorano su migliaia di segnalazioni. Ogni anno poi Project Censored pubblica una raccolta delle 25 migliori e più significative storie, scelte e «classificate» in ordine di interesse e importanza da una «commissione» che comprende, fra gli altri, Noam Chomsky, la storica femminista americana Susan Faludi, lo storico Howard Zinn.
Dall'insieme delle storie prescelte emerge ogni anno un ritratto particolare degli Stati uniti, disegnato dalla sua coscienza più critica ma ignorato dai più. Le storie setacciate nella produzione giornalistica tra il 2002 e il 2003 provengono in gran parte dalla stampa più indipendente, più libera, più controcorrente (Z Magazine, CounterPunch, The Progressive, Mother Jones, The Nation etc.) e sono marcate in profondità dalla guerra. Una guerra duplice: contro l'Iraq ma anche contro i cittadini americani. Così la «Homeland Security che minaccia le libertà civili» si lega a doppio filo con «i piani di Rumsfeld per provocare il terrorismo», come «gli sforzi per far scomparire i sindacati» non possono essere disgiunti dal fatto che «il Pentagono incrementa i contratti militari privati».
Da ogni articolo, un punto emerge più forte degli altri, un flash che illumina una zona oscura del sottobosco politico statunitense, un deterioramento degli spazi di democrazia, che nell'insieme della retorica fragorosa e delle cronaca spicciola va perduto. Così nella valutazione del tema che occupa il secondo posto nell'hit parade di Project, quello riguardante la «Homeland Security» che erode le libertà civili, il Patriot Act II del 2003 emerge in tutta la sua forza di Leviatano quando propone di considerare «nemico combattente» ogni cittadino che violi la legge federale o dello stato, consentendo così di togliergli la cittadinanza. Perfetto corollario, gli sforzi dell'amministrazione di abrogare il Posse Comitatus Act del 1878 che proibisce il dispiegamento di forze federali militari nelle strade per controllare l'azione dei civili. In altre parole la legge marziale. Sotto la copertura della lotta al terrorismo, si prefigura così sempre più apertamente una guerra al dissenso.
Quanto poi alla lotta al terrorismo, che dire della nuova organizzazione creata da Donald Rumsfeld, la Proactive Preemptive Operations Group (P2OG), task force che chiede l'impiego di cento persone e un finanziamento di cento milioni di dollari l'anno, incaricata di missioni segrete di counter-intelligence con l'obiettivo di suscitare reazioni tra i gruppi terroristi per spingerli ad atti violenti tali da esporli al «contrattacco» Usa. Una storia rapidamente scivolata nel silenzio, come si conviene a ogni piano segreto.
E nascosto è rimasto agli americani anche il fatto che dalle 11.800 pagine del rapporto dell'Iraq all'Onu, nel novembre del 2002, siano state «strappate» 8mila pagine, tutte quelle nelle quali si ricordava il ruolo avuto dalle corporations Usa, durante le amministrazioni Reagan e Bush senior, nel rifornire Saddam Hussein di armi di distruzione di massa.
Del tutto evidente invece il piano di demolizione in atto dei sindacati. Meno del 10% dei dipendenti privati è oggi sindacalizzato (rispetto al 36% dei primi anni Cinquanta) e in questo caso la grande stampa tende a bastonare il cane che affoga, anche se sono pur sempre 13 milioni i membri delle unions. Nel dicembre del 2002, il Dipartimento del lavoro ha emesso nuovi regolamenti per i sindacati, una sorta di incubo amministrativo del costo di svariati milioni di dollari, mentre il piano di George Bush di accelerare il processo di appalto alle compagnie private del lavoro federale sfianca ulteriormente la capacità di difesa dei lavoratori. Anche qui, la difesa della sicurezza nazionale si insinua surrettiziamente e la lotta al terrorismo diventa un'arma per smantellare diritti acquisiti.
Scendendo nella classifica di Project le storie non si fanno meno inquietanti. Così appare enorme, anche se piazzata al 15mo posto, la storia sul gigantesco inquinamento provocato dall'esercito Usa. Anche qui, avere mano libera nella lotta al terrorismo, significa, chissà perché, premere sul Congresso perché i vincoli ambientali possano venir meno quando si parla di esercito. I vincoli, afferma il Pentagono, ridurrebbero la capacità di reazione dei militari. Ma si dà il caso che sul territorio degli Stati uniti, nelle 8.500 proprietà militari, si contino 27mila fonti di inquinamento letale. Non solo i militari emettono sostanze tossiche direttamente nell'aria e nell'acqua. Avvelenano anche la terra delle comunità vicine, come testimoniato dall'aumento dei tumori e delle malformazioni congenite. Ma chi fa rilevamenti nei pressi delle basi all'estero?
Al posto numero diciannove c'è poi lo scontro dollaro/euro. Ed è interessante ricordarsi come nel novembre del 2000 l'Iraq diventò il primo paese Opec a vendere il suo petrolio in cambio di euro.
Su queste storie vale la pena di riflettere nel momento in cui qui, nella vecchia Europa, ci si interroga su come sia possibile che delle enormità come la politica interna e internazionale di George Bush non trovino un'opposizione più forte e agguerrita, o quanto meno evidente, all'interno del paese. Solo alla luce di questa coscienza critica la frattura transatlantica che divide le stanze del potere e prefigura nuova guerre si ricompone, e si allea nella domanda appassionata che il 4 ottobre scorso la ex deputata Cynthia McKinney, che forse nel 2004 correrà per le presidenziali come vice di Ralph Nader, poneva nel discorso di apertura della annuale cerimonia dei Project Censured Award: «Chi siamo e chi è responsabile di quel che siamo diventati? Dicono che l'11 settembre siamo stati colpiti perché siamo liberi. Significa che quel che siamo diventati è il prodotto dei desideri e delle volontà del popolo americano? E se così è, siamo anche liberi di cambiare opinione?».
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