In Rete si moltiplicano i "blog di guerra"
Un giornalista raccoglie fondi per andare in Iraq
ROMA - I diari dei soldati al fronte. I reportage dei giornalisti free lance. I racconti privati degli inviati di guerra. Ma anche le testimonianze di una rete fittissima di cacciatori di notizie, intercettate nel bombardamento di news e immagini di questi giorni, selezionate un po' come capita e riversate minuto per minuto su Internet. Accade tutto grazie ai blog, la vera grande novita' mediatica del conflitto in Iraq, i protagonisti di una piccola rivoluzione destinata probabilmente a lasciare il segno: quella dell'informazione decentrata.
Per la prima volta, nel bene e nel male, e' saltata la mediazione giornalistica. I blog sono infatti siti Internet che chiunque puo' aprire, gratuitamente, in meno di cinque minuti. Ma che soprattutto sono facili da aggiornare: non serve alcuna competenza tecnica e informatica, basta un computer collegato alla rete o addirittura un telefonino di nuova generazione. L'ideale per comunicare anche in condizioni difficili. Come in guerra, appunto.
Nascono cosi' i blog dei militari inviati nelle zone di guerra. Come quello del "Soldato Smash" (www.lt-smash.us), un riservista della marina americana mandato nel Golfo a dicembre che racconta la vita quotidiana degli ultimi giorni, dai pessimi pasti serviti alla mensa alla fatica di arrivare a sera: "Si lavora 13-14 ore al giorno. E' da Natale che non abbiamo avuto un break". Per il soldato Will, 29 anni, esperto di armi non convenzionali, l'avventura e' appena cominciata. Ha descritto la sua vigilia scrivendo a un amico, che ha pubblicato (e continuera' a farlo) le e-mail sul suo blog ( http://rooba.net/will/ ). Per i militari americani, infatti, comunicare e' molto semplice: nelle basi hanno accesso a Internet e alla posta elettronica. Con una sola, ovvia, limitazione: nessuna descrizione del luogo preciso e della missione svolta.
E' in viaggio anche Christopher Allbritton. Ha 33 anni ed e' stato reporter dell'Associates Press e del New York Daily News. E' stato inviato in Iraq durante la prima guerra del Golfo. Stavolta ha deciso di andarci per conto proprio. Cosi' ha lanciato sul suo blog ( http://www.back-to-iraq.com ) una raccolta di fondi per finanziare la sua spedizione. In poche settimane gli sono arrivati piu' di diecimila dollari. E stasera atterrera' ad Ankara. "Mi colleghero' a Internet con il telefonino satellitare", racconta a Repubblica alla vigilia della partenza. "Si' sono nervoso, ma credo che andra' bene. Mi spostero' dal Kurdistan iracheno verso Bagdad. E cerchero' di descrivere l'impatto della guerra sulla popolazione civile. Non mi interessano le grandi battaglie".
Ci sono poi i racconti indiretti. Quelli dei blogger che hanno deciso di parlare della guerra a distanza, segnalando in tempo quasi reale le notizie che arrivano dalle tv satellitari di tutto il mondo o dalle migliaia di giornali online. In alcuni casi come accade per Warblogs:cc ( http://www.warblogs.cc ) - unendo le forze e mettendo su i "blog di blog", alimentati a turno per garantire aggiornamenti 24 ore su 24.
Un fenomeno che spiazza. Perche' nel mare magnum dei blog e' spesso difficile distinguere il vero dal falso, l'informazione dalla partigianeria, le notizie censurate da quelle inventate. Ma soprattutto perche' i blog mettono in discussione il ruolo dei media tradizionali. Che stanno a guardare. E in alcuni casi fanno retromarcia. Pochi giorni fa la Cnn ha infatti chiesto al suo inviato nel Nord Iraq Kevin Sites di bloccare il suo blog ( http://www.kevinsites.net ). Le sue ultime parole in rete sono state: "Cari lettori, mi e' stato chiesto di sospendere il mio blog di guerra per un po'. E' stata una grande esperienza essere il vostro testimone".
(27 marzo 2003)
Sociale.network