Ci vorrebbe il battipanni
La storia che sto per raccontare non ha per oggetto l’orribile violenza patita da due ragazzi; riguarda invece le modalità con cui due grandi giornali italiani hanno a loro volta raccontato le fasi centrali dell’indagine su questa violenza. Ho preso in considerazione le cronache pubblicate negli ultimi giorni da La Repubblica e dal Corriere della sera - voci importanti della nostra democrazia. Se a dire certe cose fossero tizi che vanno in giro con maiali al guinzaglio o sparano insulti su chiunque abbia l’aria di non far parte della platea rozza e violenta dei loro sostenitori… beh, non ci sarebbe motivo di stupore e forse neppure di scandalo. Ma dalla grande stampa democratica ci si aspetta ben altro. Non so quanto questa storia possa essere considerata esemplare del modo in cui anche questa stampa, cui siamo affezionati, tratta vicende di tal genere: giudicherà il lettore.
Se dovessi ricapitolare e commentare quello che è stato pubblicato su La Repubblica e sul Corriere della Sera in 17 giorni, a partire da quel 14 febbraio, mi ci vorrebbe un libro. Perciò sull’inizio della vicenda andrò in fretta, citando solo due articoli dei primi giorni. Metterò invece a fuoco con maggiore cura i resoconti pubblicati in tre giorni centrali dell’inchiesta, il 3, il 4 e il 5 marzo 2009: in queste 72 ore, nella cronaca nazionale delle due testate on-line (vivo in Spagna e consulto così i giornali italiani; non ho preso in considerazione la cronaca locale), sono usciti ben 10 articoli, più trasmissioni-video. Completezza e accuratezza dell’informazione? Vedremo.
In verità, non mi è possibile neppure condurre un’analisi particolareggiata dei contenuti di questi articoli: risulterebbe comunque uno scritto lunghissimo e i ragazzi della Round Robin rifiuterebbero giustamente di gravare il blog effervescente della giovane casa editrice con una pizza lunga un chilometro. Perciò evidenzierò solo alcune delle informazioni/considerazioni presenti negli articoli, affidando ai lettori dotati di pazienza e perseveranza il compito di una lettura critica del materiale che metterò a loro disposizione. La pizza sarà comunque lunga e pesante, ma non raggiungerà il chilometro. Beh, cominciamo…
14 - 18 FEBBRAIO
Riporto in questo paragrafo, come pro-memoria, un articolo de La Repubblica, del 14 febbraio , in cui si racconta della violenza subita da due ragazzini vicino Roma il giorno di San Valentino; e uno del Corriere della Sera, del 18 febbraio, in cui si dà conto dell’arresto dei presunti colpevoli. Infine un filmato sul luogo del crimine (quale sia la funzione informativa di questo video, che ritrae uno dei mille e mille luoghi degradati delle nostre periferie, lo sa il cielo, ma non è di questo che voglio parlare).
Nell’articolo de La Repubblica è rilevante quello che si dice sulla lingua parlata dai violentatori:
“Lui è stato picchiato, lei violentata e ora la polizia sta cercando i responsabili: due stranieri che, secondo quanto raccontato dalle vittime, avevano un forte accento dell’est Europa oppure arabo.
‘Il questore mi ha riferito che i due violentatori avrebbero un accento dell’est e una carnagione scura. Potrebbero essere rom’, dice al telefono dalla Slovenia il sindaco Gianni Alemanno.
‘Uscendo prima di salire in ambulanza il ragazzo ha detto che era stato aggredito da due persone che parlavano arabo’ , ha raccontato un uomo che si trovava di fronte al bar dove le vittime sono state soccorse“.
Naturalmente a chiunque ragioni nasce il dubbio sulla reale nazionalità dei violentatori, a causa della difficoltà che avrebbe persino una persona adulta e in condizioni normali nel riconoscere con certezza, subito, in un accento straniero l’inflessione araba o dell’Est europeo. Forse i giornali avrebbero potuto sottolineare questa difficoltà: si guardano bene dal farlo, anzi, nei giorni successivi, contraddicendosi più volte, mostrano ora di condividere certezze indiscutibili, ora di non averne alcuna. Sulla lingua parlata dai criminali vedremo in seguito altri accenni purtroppo interessanti.
Nell’articolo del Corriere della Sera, invece, si dà conto, fra l’altro, della brillante operazione compiuta dalla polizia con l’arresto di due romeni, Racz e Loyos, e delle congratulazioni di Schifani e di Fini, presidenti dei due rami del Parlamento.
3 MARZO
Facciamo un salto di 17 giorni e andiamo al 3 marzo. Gli esami del Dna sui reperti dicono che non sono stati i due imputati a usare violenza alla ragazza.
Il Corriere della Sera ammette: il Dna non è dei due romeni. Nell’articolo si dice, fra l’altro: “La giovane vittima ha riferito frasi pronunciate in italiano dai due violentatori, ma Racz non conoscerebbe affatto la nostra lingua“. (Racz è il romeno di 36 anni, chiamato in causa dall’amico Loyos, di 20 anni, che poco dopo essere stato arrestato aveva reso una confessione, poi ritrattata).
Se è uscito in questa data un articolo su La Repubblica, l’ho perso.
4 MARZO - PRIMA PARTE
Un primo articolo de La Repubblica (naturalmente, in questo e in tutte le altre cronache, anche nelle precedenti, sono continuamente riproposte le foto del/degli imputati, soprattutto di Racz, tratti in arresto: tanto sono carne maledetta!) è così titolato: Caffarella, ora è giallo sullo stupro - un terzo uomo nella violenza al parco. La stessa mattina il Corriere della Sera pubblica un articolo dal titolo: Stupro, tutti i test scagionano i 2 romeni.
Nell’articolo de La Repubblica si legge: “Il liquido seminale di chi ha usato violenza quella notte, le tracce di saliva lasciate sui mozziconi di sigarette ‘Winston light’ fumate durante lo scempio, appartengono ai profili genetici di altri due maschi adulti che, pure, si continuano a ritenere di cittadinanza romena.”
E nell’articolo del Corriere della Sera si dice: “La convinzione degli investigatori, ricavata grazie ad un esame accurato del cromosoma ‘Y’ estratto dal Dna, è che bisogna ricominciare a cercare nella comunità romena. Attraverso l’analisi di questo particolare componente si può infatti ricavare l’etnia del profilo genetico e in questo caso il risultato raggiunto conferma che la nazionalità è proprio quella.“
Signori giornalisti, e anche direttori di giornali: può darsi che non abbiate mai sentito parlare di Luigi Luca Cavalli Sforza e di altri simili personaggi, e ciò sarebbe già grave. Ma comunque chi lavora in testate così importanti qualche dubbio dovrebbe averlo di fronte a simili sciocchezze, e certo non gli sarebbe difficile fare una telefonata a qualche genetista amico per chiedere lumi.
Si dice anche alla fine di quest’articolo del Corriere della Sera: “Per cercare i colpevoli si riesaminano gli identikit tracciati con le descrizioni fornite dalla ragazzina e dal suo fidanzato. Immagini che non sembrano avere alcuna somiglianza con i due arrestati. In particolare quello attribuito a Racz. ‘Basta guardarlo - dichiara l’avvocato Lorenzo La Marca che ieri ha potuto visionare il fascicolo processuale - per rendersi conto dell’errore’. Disegna il volto di un ragazzo tra i 20 e i 25 anni, con una folta frangia a coprire la fronte. L’uomo finito in carcere è invece completamente stempiato…“. In tante altre parti e in altri articoli di entrambe le testate, invece, si parla di assoluta certezza del riconoscimento del colpevole da parte della/e vittima/e.
Nell’articolo de La Repubblica si legge ancora: “È un fatto che Loyos si lasci facilmente ’sorprendere’ il pomeriggio di quello stesso giorno, in quella stazione di Primavalle dove normalmente ciondola e chiunque lo cerchi sa di poterlo trovare“. Non si capisce che cosa l’articolista voglia dire: che significa, in questo caso, l’espressione “è un fatto”? E che significano le virgolette che chiudono la parola “sorprendere”? Forse sarò scema, ma non intendo. Leggete per giudicare e fatemi sapere se voi avete capito!
E poi, in relazione all’atteggiamento dell’uomo durante l’interrogatorio: “Il romeno appare a tratti persino annoiato (in un’occasione, almeno, sbadiglia) e il suo racconto della violenza collima come un calco con quello che ne ha dato la vittima”. Una bella interpretazione dell’atteggiamento di un tizio interrogato per ore e ore! E quanto al calco, e alle sicurezze: ribadisco che se si leggono con pazienza tutti gli articoli di questi giorni, ci si rende conto del fatto che vengono continuamente affermate e smentite certezze sulla faccenda del riconoscimento, della lingua usata dai violentatori ecc..
4 MARZO - SECONDA PARTE
Escono sui due giornali altri due articoli. Quello de La Repubblica ha per titolo: Stupro Caffarella, ‘L’accusa regge’ Investigatori negano il terzo uomo.
Quello del Corriere della Sera si titola così: Stupro della Caffarella, gli inquirenti: ‘Le accuse non cambiano di una virgola‘.
Lasciamo perdere la domanda che viene spontanea alla mente di un lettore ragionevole: come è possibile che nulla cambi nelle accuse, se gli esiti degli esami genetici sono negativi? Andiamo avanti. Rilevo nell’articolo de La Repubblica una frase che è una di quelle cose che chiamiamo volgarmente lapsus freudiani (dell’articolista? Del questore?). Il questore avrebbe detto: “Vogliamo capire come mai non c’è il suo Dna dato che ha confessato con dovizia di particolari“. Forse avrebbe dovuto dire: “Vogliamo capire come mai ha confessato con dovizia di particolari dato che non c’è il suo Dna”. Pensateci: non è la stessa cosa. I giornalisti registrano (o rielaborano?) la dichiarazione del questore (se è questa), come se fosse una dichiarazione assolutamente “normale”.
5 MARZO- PRIMA PARTE
Sulla faccenda dell’analisi genetica che indicherebbe la provenienza dei colpevoli, Paolo Garimberti, in Repubblica TV, con l’ausilio del genetista Giuseppe Novelli, dice che è una solenne sciocchezza l’idea che si possa riconoscere l’”etnia” (che abuso viene fatto di questa parola!) dall’esame genetico. Però intanto il veleno è stato diffuso a piene mani, e nessuno, neppure il bravo Paolo Garimberti, dichiara che almeno gli dispiace che il suo giornale abbia contribuito potentemente a questa nefandezza. Ci sarebbero altre riflessioni da fare su questo video, ma le lascio al lettore.
Su La Repubblica c’è anche un articolo dal titolo: Stupri, Racz attacca Loyos ‘Sta coprendo altri due romeni’. Si dice di Racz, che, per discolparsi delle accuse lanciate contro di lui da Loyos, accusa del crimine altri due romeni che Loyos coprirebbe. Poi viene riportata una dichiarazione rilasciata da Racz all’on. Beltrandi, radicale, che si è recato a trovarlo in carcere, e di contusioni di cui si vedono ancora i segni sul suo viso, e dell’opinione del deputato: “A Livorno stavo in una roulotte [sono parole di Racz]. La notte che sono venuti a prendermi stavo dormendo, sono entrati i poliziotti romeni e mi hanno riempito di botte. Poi sono arrivati quelli italiani, e giù altre botte. Mi hanno trasferito a Roma, e gli investigatori mi hanno picchiato di nuovo’. Quando è arrivato a Regina Coeli [Racz: è l'articolista che parla ora] era accompagnato da un verbale di pronto soccorso, ed era pieno di contusioni. Ha ancora una medicazione su un sopracciglio. ‘Cittadini in condizioni di debolezza affermano nuovamente di essere stati picchiati dagli investigatori, e indipendentemente dal reato di cui sono accusati ciò è inaccettabile’, protesta l’onorevole Beltrandi.“
E poi una dichiarazione del “‘biondino’ Alexandru [Loyos], che con l’italiano se la cava: ‘Sono stato picchiato e minacciato negli interrogatori - racconta al deputato radicale - prima dai poliziotti romeni e poi da quelli italiani. M’hanno fatto vedere una foto e mi hanno chiesto se lo conoscevo: certo che lo conoscevo! Era Racz. Io non l’avevo mica accusato di niente… ma mi hanno riempito di botte, e mi hanno costretto a dire che ero stato io’”.
Nello stesso articolo, sono così delineate, con grande delicatezza e rispetto umano, alcune caratteristiche fisiche di Racz: “faccia da pugile” e “braccia cortissime e muscolose”. L’appellativo “faccia da pugile” gli resta appiccicato addosso e ritorna molte volte, negli articoli.
Inoltre viene detto delle malefatte precedenti di un altro rom-romeno che si trova in una cella accanto ai due: il tono è “guardate che tipi sono!”; e infine è riportato l’avvertimento del sindaco Alemanno: “Niente giustizia sommaria”. Il Corriere della Sera dice che anche le nuove analisi genetiche hanno confermato l’estraneità dei due alla violenza, e porta qualche altra informazione.
5 MARZO- SECONDA PARTE
La notizia sulle nuove analisi genetiche è confermata da un articolo pomeridiano de La Repubblica. Ci sarebbero aspetti purtroppo interessanti da rilevare anche negli ultimi due precedenti articoli citati, ma per ragioni di spazio tralascio.
Rilevante è quello che dice un articolo pomeridiano del Corriere della Sera: “I pm vanno avanti sui due romeni - E una nuova pista porta a Bucarest”. Il Corriere della Sera, a differenza da quel che ha fatto La Repubblica nella pur modesta correzione portata nel corso della mattinata di Repubblica TV, con cui ho aperto il resoconto sul 5 marzo, insiste sulla “pista etnico-genetica”: “E così si è scoperto che il cromosoma «Y» di uno dei profili corrisponde a quello di un uomo detenuto in Romania. Questo esclude che lui sia coinvolto, ma serve a dimostrare che il colpevole è certamente una persona che appartiene al suo ceppo. Potrebbe essere un fratello, un cugino o addirittura un parente più lontano. Ma è comunque nella sua cerchia che bisogna cercare. Nei prossimi giorni, con la collaborazione della polizia locale, il romeno sarà interrogato per sapere se qualcuno dei suoi familiari si sia trasferito in Italia o, comunque, se possa fornire altri elementi utili a capire chi c’era, il pomeriggio del 14 febbraio, in quel parco“.
Un ultimo articolo del Corriere della Sera, dal titolo “Il rebus dello stupro della Caffarella: dalla confessione al Dna che non torna“, c’è un parziale ripensamento, ma nessun accenno autocritico: “Non saranno stinchi di santo, visti i precedenti penali in Italia e in Romania, ma qui si parla dello stupro commesso al parco della Caffarella nel pomeriggio di San Valentino, non di altro.“. Si dicono peraltro alcune cose che ancora una volta contraddicono informazioni precedenti: ad esempio, che Layos “ha tirato fuori dal cilindro un nome [quello di Racz] al quale la polizia non pensava nemmeno lontanamente“. Vedi in proposito la dichiarazione di Loyos, riportata su, che invece sostiene che la polizia gli ha mostrato la foto dell’amico. E poi si dicono altre cose - vere o false o dubbie - su cui non mi soffermo.
AGGIUNTA - 6, 7, 8, 9 MARZO
Il 6 ho contato complessivi 5 articoli sui due giornali, più un video di Repubblica TV. Nessuna novità sostanziale nello stile delle cronache: in alcuni un pathos un poco scadente, varie informazioni non sempre fra loro coerenti, nessun dubbio sul proprio precedente operato di giornalisti.
Il 7 e l’8 marzo nessun articolo sull’argomento nella cronaca nazionale dei due giornali on-line.
Siamo al 9 marzo, ore 13,25.
Si attende che il Tribunale del riesame decida sulla richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati difensori dei due. Nella cronaca nazionale de La Repubblica on-line non ci sono finora articoli sulla vicenda. Invece si legge in un articolo del Corriere della Sera che probabilmente il Tribunale del riesame deciderà che Racz resti in carcere perché imputato “sulla violenza di Primavalle. Secondo l’accusa Racz era uno dei due incappucciati che stuprarono la donna di 41 anni ad una fermata del bus in Via Andersen, alla fine di gennaio. Un’accusa, anche in questo caso, suffragata da un riconoscimento ‘dubbio’ fatto dalla vittima che dopo il confronto in varie interviste, l’ultima ad “Anno Zero”, espresse dubbi e insicurezze”. (faccio notare che in altri articoli precedenti, tra quelli che ho proposto, si leggeva invece che tale riconoscimento era assolutamente attendibile: non ho riportato le frasi su quest’argomento per ragioni di spazio).
Mi fermo qui nel resoconto, non so come andrà a finire l’inchiesta su questa tragedia, se saranno trovati i colpevoli, se i due attuali imputati (lo sono ancora?) usciranno dal carcere. L’ho detto all’inizio: questa mia storia riguarda solo ed esclusivamente l’informazione offerta dai due giornali, non i protagonisti della vicenda.
QUALCHE DOMANDA E CONSIDERAZIONE
Compito dei giornalisti è ramazzare tutto ciò che vola nell’aria e sbatterlo sulla pagina o informare ragionando, interrogando la notizia? Se si trattasse di imputati ricchi e famosi, o anche di italiani di condizione media, avrebbero trattato in questo modo le vicende? Avrebbero parlato di forma della faccia, di lunghezza di braccia ecc.? Avrebbero messo in dubbio, anche per un solo momento, la validità di risultati scientifici?
Perché un giornale sia importante e democratico, basta che abbia qualche giornalista illustre, che parla di grandi questioni e certamente non si macchierebbe affermando molte delle cose che dicono suoi colleghi meno illustri? Se appena ci si ferma a riflettere su tale differenza, si capisce immediatamente che non invoco autocensure (che peraltro sono attivate tante volte, eccome!, su faccende che riguardano i potenti), ma un minimo di rigore intellettuale diffuso. E probabilmente questi articoli di livello basso raggiungono un pubblico più ampio di quello che apprezza l’amarezza tagliente e sempre documentatissima di Scalfari, le misurate e pensose diagnosi di Diamanti o la ariose atmosfere di Magris. E questo pubblico potrebbe non leggere con attenzione articoli che poi smentiscono o attenuano quel che è stato detto prima.
Vorrei dire a chi ha scritto, e pubblicato, questi resoconti: non credo che lo facciate per malafede, per vocazione antidemocratica, per razzismo voluto… Credo invece che, coerentemente con i tempi mediocri in cui viviamo, non mettiate impegno nel vostro mestiere: come scolaretti sciattoni che tirano via, senza troppo occuparsi della qualità dei compiti che porteranno l’indomani a scuola. Solo che i compiti fatti male da voi giornalisti amplificano e induriscono l’epidemia di follia di cui soffriamo. Se ne avessi il potere, prenderei uno di quei battipanni che si usavano quando non c’erano ancora gli aspirapolvere. Un po’ di energiche battipannate, naturalmente metaforiche, sarebbero appropriate. Per il vostro bene - come si diceva un tempo ai bambini castigati -. E anche per il bene del vostro pubblico e del nostro paese.
Diceva il Poeta:
Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo, Turno e Niso di ferute.
Solo che non arrivò nessun Veltro, come non verrà neppure oggi. Ci siamo solo noi comuni mortali che possiamo dare un calcio a ciò che sta già andando a rotoli oppure contribuire a una difficile guarigione con un’onesta, attenta, quotidiana fatica.
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