Tanti gli italiani contro la legge bavaglio
“Più del 95% degli italiani la pensa come noi, una piccola parte di giornalisti e di giudici è contraria - alla legge sulle intercettazioni, ndr -”. Ecco il dato sorprendente che il premier Silvio Berlusconi ha citato lo scorso 3 luglio in collegamento telefonico con il tg4 di Emilio Fede.
Il giorno precedente anche il Tg1 e il Tg5 hanno dato spazio ad un'intervista del premier che, con parole rassicuranti, messaggi positivi e gradevoli sorrisi, ha assicurato di portare a termine la manovra economica, la riforma della giustizia e la legge sulle intercettazioni.
Quest'ultima, secondo il premier, “non è un attacco alla libertà di stampa ma una difesa dei diritti dei cittadini a non essere spiati quando telefonano".
Eppure il primo luglio erano molti gli italiani scesi in piazza (anche a Parigi e Londra) per manifestare contro la legge bavaglio.
In prima linea la Fnsi, che conferma lo sciopero nazionale per il 9 luglio prossimo, e Popolo viola, CGIL, ARCI, Articolo 21, Libertà e Giustizia, Agende Rosse e Libertà è partecipazione; ma anche sindacati di polizia, giornalisti, associazioni, partiti politici e, soprattutto, tantissimi cittadini che pretendono una libera e approfondita informazione.
Molti i nomi illustri che hanno animato la manifestazione principale di Piazza Navona (Roma): il premio Nobel Dario Fo, la cantautrice Fiorella Mannoia, il giurista Stefano Rodotà, l'artista Giovanna Marini, il segretario generale e il presidente della Fnsi Franco Siddi e Roberto Natale, il presidente dell'Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino e lo scrittore Roberto Saviano che, ribaltando il messaggio trasmesso dalla maggior parte dei telegiornali, ha espresso così il suo dissenso: "Ci viene detto che la legge difenderà la privacy, che è sacra. Ma questa legge non difende le telefonate tra fidanzati, ha l'unico scopo di impedire di conoscere quello che sta accadendo, difendere la privacy degli affari, anzi dei malaffari”.
Dunque quel “95% degli italiani la pensa come noi” dichiarato dal Premier - da quale istituto di ricerche statistiche l'ha preso?- pare essere l'ennesima menzogna, ridondante, ammaliante e cantilenante, pronunciata per ingannare gli italiani e perseguire obiettivi personali e lobbistici.
Tutto sta nell'ironico dialettale milanese - il “ghe pensi mi” di chi la sa lunga e non la dà a vedere a nessuno - con il quale Berlusconi ha terminato le sue apparizioni televisive, sostanzialmente a reti unificate: una chiusa degna di un capo di Governo che pare gestisca la cosa pubblica come una questione del tutto privata e privatistica.
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