Il nostro Paese è al 49° posto della graduatoria della libertà di stampa stilata da RSF.

Riflessioni sulla libertà di stampa in Italia

Il relatore speciale sulla libertà di espressione dell'Onu critica il ddl sulle intercettazioni e auspica, nel 2011, una missione delle Nazioni Unite in Italia per monitorare la situazione.
13 luglio 2010

  La graduatoria della libertà di stampa nel mondo, redatta da Reporters Sans Frontieres, ha rivelato che l'Italia nel 2009 si è classificata al 49° posto su 175 Paesi. Nel 2008 era al 44° e nel 2007 era al 35°. Se si va però a leggere il barometro della libertà di stampa, i dati rivelano che quest'anno nessun giornalista è stato né ucciso né arrestato.

Internet, poi, conta decine di siti, giornali, blog, piattaforme multimediali che offrono una panoramica esaustiva della situazione italiana, proponendo indagini e dossier che di volta in volta svelano imbrogli, intrighi, collusioni e quant'altro leda la dignità dei cittadini e metta in pericolo la democrazia. Dunque per quali motivi il nostro Paese non è tra le prime posizioni del ranking di RSF e, anzi, segue una parabola inversa?

 

Secondo gli analisti dell'organizzazione internazionale francese i motivi sono principalmente due: la mafia e il conflitto di interessi del premier Silvio Berlusconi.

Nel primo caso si ritiene che i gruppi mafiosi abbiano un'influenza sulla sfera mediatica tale da essere inseriti nella lista dei “predatori della libertà di stampa”. Un dato inquietante che svela un mondo malavitoso sotterraneo capace di controllare i gangli nevralgici della società civile tramite tecniche moderne di comunicazione mass mediale. La mafia, insomma, non gira più con la lupara ma piuttosto con l'I-Phone.

 

Nel secondo caso RSF solleva una questione che in Italia pare non interessi più nessuno e che, invece, in Europa sbalordisce l'opinione pubblica e preoccupa i capi di Governo. Con il digitale terrestre potrebbe mutare l'andazzo ma, ad oggi, per farla breve, cinque delle sei reti televisive più importanti sono controllate dal premier Berlusconi.

In queste reti non si assiste a licenziamenti in tronco, a epurazioni, a manganellate, a violenze e a uno stato di terrore. Nella redazione del Tg1, a onor del vero, con l'arrivo del nuovo direttore Augusto Minzolini sono stati cacciati i giornalisti Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso, a cui va aggiunta Maria Luisa Busi che non si riconosceva più nella testata televisiva e non vanno dimenticati gli allontanamenti passati di Luttazzi, Santoro e del compianto Enzo Biagi.

 

Ma tornando a noi, possiamo piuttosto affermare che la televisione a cui assistiamo passivamente, e spesso compiacenti, olia la macchina della censura con reticenze, omissioni e un vociare diffuso e ronzante di vip, pundit, commentatori, notizie su veline, ballerine, cani, nani prodigio che assordano le orecchie di noi telespettatori, e catturano i nostri occhi, distogliendoli da quanto di grave accade nel nostro Paese e posandoli su immagini gradevoli e ottimistiche.

Ecco il regime che non uccide e non imprigiona, ecco il regime che canta e suona il flauto, ecco il regime che il 54% degli italiani -questa la percentuale di chi si informa solo ed esclusivamente tramite la tv secondo l'Ipsos-, asseconda nella danza dell'indifferenza.

 

Se questi sono i motivi per cui RSF reputa l'Italia un Paese con un basso livello di libertà di stampa, altri sono quelli che potrebbero abbassare ancor più il nostro ranking mondiale. Il ddl sulle intercettazioni è il principale.

L'astuzia dei provvedimenti contenuti dal progetto di legge sta proprio nel voler tarpare le ali -viene proprio da dire della libertà- non solo della stampa televisiva, dove non c'è più bisogno di stringere bavagli, e dei giornali che -ahinoi- hanno sempre meno lettori, ma della rete che è destinata ad avere un bacino d'utenza sempre più grande, a dispetto della tv e dei giornali.

Come notava Federico Mello del Fatto Quotidiano in 5 anni sono state avanzate dieci leggi e proposte di legge per imbavagliare la rete. Una cifra impressionante. E la dirigenza è altrettanto impressionata dalla mole di notizie libere che circolano nella rete, informano e formano gli internauti  e che si impattano sulla sfera pubblica politica creando un dibattito critico nella società civile.

Persino Wikipedia Italia con sede, ironia della sorte, ad Arcore ha diffuso un comunicato stampa per protestare contro il ddl sulle intercettazioni che mette a rischio la vita dell'enciclopedia libera, cioè la nuova forma del sapere e della conoscenza. Il futuro in una parola

Non c'è quindi da stupirsi e da sconcertarsi, come ha fatto il Ministro degli Esteri Frattini, se l'Onu ha intimato il Governo italiano ad abolire o a modificare il progetto di legge sulle intercettazioni. E ben venga una missione dell'Onu, nel 2011, in Italia, come ha auspicato Frank La Rue -relatore speciale sulla libertà di espressione-, per esaminare la situazione della libertà di stampa nel nostro tartassato Paese.

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