Berlusconi impone la "sua" legge per la tv e da' uno schiaffo a Ciampi
Uno schiaffo mascherato, ma di secondo schiaffo si tratta, verso il presidente della Repubblica. Carlo Azeglio Ciampi il 15 dicembre dell'anno scorso aveva rimandato la legge Gasparri alle Camera, chiedendo "una nuova deliberazione" sul sistema tv. Nel suo messaggio motivato ha osservato come quella legge non garantisse il pluralismo e la liberta' d'informazione, criticandone tre punti cruciali. Ora la Gasparri bis e' passata liscia come l'olio alla Camera, simulando l'accoglienza dei rilievi posti da Ciampi: in realta' e' stato inascoltato sulle telepromozioni che favoriscono le tv e danneggiano la carta stampata; non ascoltato abbastanza sul Sic, il sistema integrato delle comunicazioni che resta troppo ampio e favorisce "posizioni dominanti"; fintamente ascoltato nella richiesta di regole e tempi certi in mano all'Autorita' per le telecomunicazioni nell'indagine sul digitale terrestre, tema strettamente legato al non toccare Rete4.
La maggioranza fara' di tutto per approvare definitivamente il ddl al Senato entro il 30 aprile. Una ennesima corsa contro le scadenze che mettono i bastoni fra le ruote di Mediaset: entro quella data, infatti, sara' chiusa l'istruttoria dell'Autorita' per le Telecomunicazioni sulle posizioni dominanti nel mercato radiotelevisivo (Rai e Mediaset). Sempre entro il 30 giugno il Garante Cheli dovra' concludere la sua indagine sul digitale terrestre.
La Casa delle Liberta' in coro, per primo il "tenore" Gasparri, proclama di aver "raccolto le indicazioni del presidente Ciampi". Certo avrebbero potuto non cambiare nulla, infatti il Capo dello Stato avrebbe dovuto promulgarla in ogni caso, non potendo respingerla una seconda volta. In realta' la legge e' cambiata ben poco. Vediamo se, come e quanto Ciampi e' stato ascoltato.
Pubblicita' (telepromozioni). Non e' cambiato nulla
È stato totalmente ignorato il nodo della raccolta pubblicitaria. Ciampi si e' riferito alla sentenza delle Corte Costituzionale 231 del 1895: questa richiede che sia evitato "il pericolo che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una liberta' che la Costituzione fa oggetto di energica tutela". Le telepromozioni restano fuori dal calcolo sull'affollamento orario degli spot. In pratica legalizzano i "siparietti" (lo showman che cambia giacca e reclamizza un materasso), una prassi giudicata illegale dal Consiglio di Stato. Tutto cio' solo per Mediaset, mentre e' vietato per la Rai. Un regalo che Paolo Gentioloni, deputato della Margherita, quantifica in "330 milioni di euro l'anno solo per Mediaset". Quello che gia' guadagna con la prassi illegale, ma basta accendere Rete4 di notte per vedere come l'approssimarsi della Gasparri le abbia aumentate.
Il Sic. Sistema Integrato delle Comunicazioni. Una cura dimagrante che ingrassa Mediaste
Ciampi, sulla concentrazione di mezzi finanziari, aveva osservato come il Sic "potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20 per cento di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo a posizioni dominanti". La riduzione non evita questo. Il Sic e' ancora difficilmente calcolabile, date la quantita' di voci che contiene. Una stima del "Sole24ore" lo aveva quantificato in 31.800 miliardi di euro, (circa 64mila miliardi di vecchie lire); ora il relatore di FI, Paolo Romani assicura sia stato ridotto di 9,5 miliardi di euro, quindi sarebbe di 22 miliardi, ma gia' si contradice con Felede Confalonieri che conta fino a 25 miliardi. E soprattutto il presidente Mediaset (e con lui il mero proprietario Berlusconi Silvio) gia' assapora il piatto: il Sic permettera' a Mondadori-Mediaset "prospettive di ricavi in piu' per 1-2 miliardi". La riduzione? "Una presa in giro", contestano gli esperti del centrosinistra, fra i quali Gentiloni, anche perche' molte voci del Sic, "uscite dalla porta sono rientrate dalla finestra: i libri sono stati esclusi ma sono stati rimessi quelli venduti in edicola". E, fatti di nuovo i conti, il paniere e' piu' "alto, circa 27, 28 miliardi di euro. Cosi' Mediaset, un'azienda che e' gia' in posizione dominante e che dopo il 30 aprile dovrebbe "dimagrire", crescera' a almeno del 50 per cento del suo peso attuale".
L'indagine del Garante sul digitale. Ovvero, il pluralismo virtuale.
Ciampi aveva notato che, sul pluralismo dell'informazione, la legge non era "in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale". Si riferiva alla sentenza 466 della Consulta che stabiliva la data del 31 dicembre 2003 per l'invio sul satellite di Rete4, poi elusa. Il Capo dello Stato aveva chiesto di ridurre il tempo a disposizione dell'Autorita' per le Comunicazioni per effettuare la sua indagine sul digitale terrestre (che, aumentando i canali, permette alla rete Mediaset eccedente di trasmettere anche in analogico). Ora, il decreto "salva Rete4" varato a Natale e convertito in legge, e' stato inglobato nell'art. 25 della Gasparri. Il Garante Cheli entro il 30 aprile dovra' chiudere l'indagine, ma i suoi poteri restano ambigui: se inizialmente il decreto prevedeva che Rete4 e la pubblicita' su RaiTre restassero tali con "l'effettivo aumento del pluralismo" con nuovi programmi nelle tv degli italiani, ora si parla solo di "copertura del 50 per cento del territorio": ovvero solo l'accensione degli impianti (tralicci e antenne). E i "programmi diversi da quelli analogici", possono essere trasmessi non in contemporanea. Anche sulla diffusione dei decoder i numeri sono fumosi. Il Garante Cheli resta senza parametri e tempi certi, che pure aveva chiesto. Su di lui, "si accenderanno i riflettori il 30 aprile", osserva Roberto Zaccaria, e dovra' stabilire se davvero quello che e' un evento "virtuale", il passaggio al digitale, garantira' il pluralismo. E per l'ex presidente Rai, "le incostituzionalita' di principio nella legge rimangono", la Cdl "non puo' dire di avere tenuto conto delle indicazioni di Ciampi".
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