Giornalismo indipendente nell’Iraq sotto occupazione

il giornalismo indipendente ci racconta sull'Iraq quello che i media non sanno o non vogliono raccontarci aiutandoci a capire cosa stia realmente accadendo in quel paese
5 aprile 2004
Dahr Jamail - trad. Nello Margiotta


di Dahr Jamail

Oggi in Iraq, come negli USA, c’e’ un’orribile diversita’ tra quello che avviene in realta’ sul campo e cio’ che i grandi media occidentali scelgono di raccontare.
Recentemente ho trascorso nove settimane in Iraq lavorando come giornalista freelance indipendente. Giorno per giorno sono stato testimone di prima mano di come i media o non raccontino o raccontino in maniera distorta i fatti che avvenivano.

I segnali erano evidenti – dal parcheggio pieno delle bianche auto parcheggiate a meta’ mattinata appartenenti agli inviati della CNN e della FOX, all’assenza degli inviati dell’ ABC, NBC o CBS sui luoghi degli avvenimenti che io raccontavo.
Tutte le storie di copertina erano regolarmente raccontate dalle sale stampe e non dal campo

Non meraviglia che i grandi media raramente raccontavano delle torture subite da molti dei 100.000 iracheni detenuti dalle truppe USA, delle continue incursione nelle case o delle infrastrutture ancora in completo disfacimento all’inizio del secondo anno di occupazione.
Molti inviati dei grandi gruppi preferiscono restarsene vicini ai loro hotel piuttosto che andare li dove i fatti avvenivano o vivere in mezzo al popolo iracheno.

La maggioranza dei grandi media tendono semplicemente ad andare dove l’esercito USA dice che e’ sicuro andare, indossando i loro giubbotti antiproiettili, i loro elmetti e la loro mentalita’ in cui gli iracheni sono il nemico. Una volta arrivati sulla scena, diciamo, di una zona ermeticamente chiusa di Baghdad, vengono ammassati in una zona dove i soldati permettono di fotografare – cosi’ al massimo possono riprendere una scena che e’ gia’ stata ripulita. L’esercito USA in Iraq ha la forte tendenza a nascondere I propri mezzi distrutti per rendere asettica una scena, e i media fanno un buon lavoro a rassicurare che non correranno a fotografare sia questi che soldati USA feriti o morti.

Poi c’e’, naturalmente, un fattore di selezione editoriale. A meta’ dicembre ho bruciato la storia del personale militare USA che deteneva in una scuola superiore di Al-Amiriya, Baghdad 16 ragazzini tra i 14 e i 17 anni imprigionati per aver tenuto una manifestazione pacifica pro Saddam dopo la cattura del dittatore.

Quando un amico che scrive per l’agenzia AP ha cercato di piazzare, a piu’ di 100 giornali in tutti gli USA, la storia dei soldati armati che facevano la guardia ad un gruppo di ragazzini rinchiusi nella loro scuola, ha ricevuto la risposta da un solo editore: quale ripsosta? “ Questa non e’ una notizia”

Ho coperto altre storie che i grandi media non hanno mai riportato nei loro notiziari, incluso un massacre vicino Ramadi dove l’esercito ha giustiziato tre uomini di una stessa famiglia , la notizia travisata dai militari dell’”uccisione” di 54 fedayin combattenti a Samarra durante la fine di novembre ( in realta’ c’erano stati due combattenti e 8 civili uccisi) o il fatto che la maggior parte della popolazione del sud dell’Iraq stanno soffrendo la mancanza di acqua da bere a causa del fatto che la Bechtel non ha onorato i suoi obblighi contrattuali ricostruendo le infrastrutture idriche della zona.
Invece il pubblico americano viene nutrito con falsi sondaggi in cui appare che meta’ degli iracheni afferma di sentirsi meglio ora dopo un anno di occupazione. Questa e’ un’immagine sorprendente rispetto al centinaio di iracheni che ho intervistato in tutto l’Iraq e che sembravano incontestabilmente molto arrabbiati di essere al 70 % disoccupazione, di avere a Baghdad meno di 8 ore di elettricita’ al giorno, un acqua cosi’ terribile nel sud del paese da far scoppiare il colera, e’ una situazione di sicurezza cha va fuori controllo giorno dopo girono.
Circa l’unica volta che risulta facile trovare iracheni favorevoli all’occupazione questo avviene se te li fai presentare dal comando CPA (Autorita’ provvisoria della Coalizione), in questo modo e’ stata condotta l’ultima iniziativa dei giornalisti che hanno trovato la piu’ rara selezione di opinione pubblica parlando a quelli che ripulivano o stavano seduti nel Quartiere Generale del CPA

Tutti i giornalisti indipendenti con cui ho parlato in Iraq registrano le stesse cose: la maggioranza degli iracheni, gia’ esasperata dalla mancata ricostruzione promessa, e sottoposta ad abusi e stenti quanto sopra menzionato, ha ormai perso la pazienza con le forze occupanti.

In realta’ il comportamento dei grandi media in Iraq rende il clima piu’ pericoloso per i giornalisti.
Sono arrivato sulla scena di un attacco all’esercito USA per registrare come questo avesse avuto la mano pesante nel reagire sparando a parecchi civili iracheni, solo per essere minacciato e sgridato da iracheni arrabbiati. Perche’? perche’ si sentivano frustrati nel raccontare le loro storie ai giornalisti dei grandi media e nel vedere che gli stessi giornalisti tornando a Baghdad preferivano ripetere a pappagallo i comunicati ufficiali dell’esercito.

L’esempio piu’ comune di indagine giornalistica da parte dei grandi media in Iraq e’ il fatto che la maggior parte degli inviati semplicemente ripetono a pappagallo quello che i portavoce di Breemer, il generale Kimmitt e Dan Senor,comunicano loro alle conferenze stampa del CPA.
Durante queste surreali “ conferenze stampa” se al generale o a Mr. Senor viene posta una domanda dura, Il microfono dei giornalisrti viene qualche volta spento, o semplicemente la domanda viene evitata
Questo e’ apparso chiaramente illustrato quando il comando USA ha nascosto l’esplosione del 27 gennaio a Khaldiya, in un’area tra Ramadi e Baghdad.
L’esercito USA affermo’ che tre soldati americani ed un civile iracheno erano stati uccisi nell’attacco. Tutti i testimoni che ho intervistato sulla scena, tra cui i feriti iracheni trasportati all’ospedale di Ramadi e un poliziotto iracheno , hanno dichiarato di aver visto piu’ dei tre sacchi per cadaveri dichiarati dal CENTCOM.
Intanto il dottor Rayid Al-Ani, assistente primario all’ospedale di Ramadi ha dichiarato che tre cadaveri iracheni erano stati trasportati al suo ospedale dalla scena dell’attacco e che tre feriti gravi portati da lui erano morti dopo poco il ricovero. I militari hanno rivisto le loro dichiarazioni? Naturalmente no. Qualcuno dei media ha riportato queste dichiarazioni? Certamente no. Hanno controllato le dichiarazioni dell’esercito?

Comprendendo il fatto che in Iraq non c’e una scienza missilistica io sto facendo semplicemente il mio lavoro come giornalista che riporta la versione irachena della storia, insieme con la versione del Centro di stampa e Informazione della Coalizione.
Una cittadinanza informata forma la base di una democrazia. Non solo i cittadini americani sono stati privati dell’accesso all’informazione circa la vera natura della situazione critica in Iraq ma vengono riempiti di bugie dalla maggior parte dei media.

Potrebbero i media non aver avuto responsabilita’ nel bloccare il processo democratico ?
Come potrebbe esser modificata la politica estera degli USA se i media semplicemente non riportano i fatti?

Non c’e’ mai stato un tempo come questo per cui sia grande la necessita’di avere un giornalismo investigativo indipendente. In Iraq, cittadini e soldati, entrambi continueranno a morire giorno dopo giorno mentre i media continuano a riportano i dati di sondaggi fasulli.

Note: traduzione di Nello Margiotta a cura di Peacelink
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Dahr Jamail e’ un giornalista indipendente che recentemente ha trascorso nove settimane in Iraq. I suoi scritti sono apparsi in rete su siti web come Electronic Iraq, Information
Clearinghouse, e The New Standard. Puoi aiutare Dahr a continuare il suo cruciale lavoro in Iraq donando fondi per il suo viaggio di ritorno cominciato il 1 aprile. Per maggiori informazioni e donazioni a Dahr visita il sito http://newstandardnews.net/dahr

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