Le rivelazioni per le quali l'FBI è adesso sotto esame.

Rapporto a Bush del 06/08/01 dal titolo 'Bin Laden ha deciso di colpire gli USA'

Segue articolo del New York Times di analisi e commento
14 aprile 2004
Eric Lichtblau trad. Patrizia Messinese
Fonte: New York Times

www.nytimes.com

Testo del Rapporto giornaliero al Presidente del 6 agosto 2001.
Pubblicato l'11 aprile 2004

Quello che segue è il testo del "Rapporto giornaliero al Presidente"
del 6 agosto 2001, ,'Bin Laden ha deciso di colpire gli USA' come trasmesso
dalla Casa Bianca. Gli omissis sono indicati da puntini.

Informazioni ricevute da fonti clandestine, da governi stranieri e dai
mezzi di comunicazione, indicano che Bin Laden ha cercato di organizzare degli attacchi terroristici negli Stati Uniti dal 1997. In alcune interviste televisive rilasciate nel 1997 e 1998, Bin Laden lasciava intendere che i suoi seguaci avrebbero seguito l'esempio dell'attentatore del World Trade Center, Ramzi Yousef, per "portare la lotta in America"

Dopo gli attacchi missilistici alla sua base in Afghanistan nel 1998, secondo....., Bin Laden disse ai suoi seguaci di voler colpire Washington in rappresaglia..

Un agente della Jihad islamica in Egitto (E.I.J) disse a .......nello stesso periodo, che Bin Laden stava progettando di sfruttare la possibilità di accesso dell'agente negli USA per organizzare un attentato.

Il complotto scoperto in Canada nel 1999, in occasione della celebrazione del millennio, potrebbe aver rappresentato il primo serio tentativo di portare un attacco terroristico sul territorio USA. Uno dei complottatori detenuti, Ahmed Ressam, ha detto all'FBI che l'idea di attaccare l'aeroporto internazionale di Los Angeles era stata sua, ma che uno degli ufficiali di Bin Laden, Abu Zubaydah, lo aveva incoraggiato ed aiutato nelle operazioni. Ressam ha anche detto che nel 1998 Abu Zubaydah stava lavorando ad un suo progetto personale per organizzare un attentato negli USA. Ressam dice che Bin Laden era al corrente dell'operazione di Los Angeles.

Sebbene l'operazione non sia poi riuscita, gli attacchi di Bin Laden alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania nel 1998 dimostrano che lui prepara le operazioni con anni di anticipo e non viene in alcun modo scoraggiato dalle difficoltà. Emissari di Bin Laden sorvegliavano le nostre ambasciate a Nairobi e Dar es Salaam sin dal 1993 ed alcuni membri della cellula di Nairobi furono arrestati e deportati nel 1997, mentre stavano progettando gli attentati.

Membri di Al Qaeda, alcuni dei quali cittadini statunitensi, hanno vissuto o viaggiato negli USA per anni ed il gruppo mantiene evidentemente una struttura che gli permette di coordinare e supportare gli attentati. Due dei membri di Al Qaeda dichiarati colpevoli di cospirazione negli attacchi alle nostre ambasciate nell'Africa orientale, erano cittadini statunitensi ed un veterano della Jihad egiziana ha vissuto in California verso la metà degli anni '90.
Una fonte clandestina ha dichiarato che nel 1998, a New York, una cellula di Bin Laden arruolava giovani musulmani americani per l'organizzazione di attentati.
Non siamo riusciti a trovare ulteriore fondamento alle notizie più
sensazionali, come quella raccontataci da ..... nel 1998, secondo il quale Bin Laden voleva dirottare una aereo USA per contrattare il rilascio dello "Sceicco cieco" Omar Abdel Rahman e di altri estremisti detenuti negli USA.

Nonostante questo, le informazioni dell'FBI da allora indicano una trama di attività
sospette nel nostro paese, la preparazione di dirottamenti ed altri tipi di attacchi,
compreso il recente sistema di sorveglianza degli edifici federali di New York.

L'FBI sta conducendo, su tutto il territorio nordamericano, all'incirca 70 inchieste a
tutto campo collegate in qualche modo a Bin Laden. La CIA e 'FBI stanno investigando su una telefonata ricevuta dalla nostra ambasciata negli Emirati Arabi Uniti il maggio scorso. Con questa telefonata era stato comunicato che un gruppo di sostenitori di Bin Laden si trovava negli USA per organizzare degli attentati con esplosivi.

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Le rivelazioni per le quali l'FBI è adesso sotto esame.
di Eric Lichtblau

New York Times

Washington,
Le nuove rivelazioni sugli avvertimenti ricevuti dal presidente Bush
prima dell'11 settembre 2001, stanno fornendo alla commissione investigativa sugli
attentati avvenuti quel giorno, i presupposti per una domanda fondamentale: quell'estate, cosa ha fatto esattamente l'FBI per prevenire un qualsiasi attacco di Al Qaeda sul territorio americano?

La risposta, ha detto Bush domenica scorsa, è che il Federal Bureau of Investigation stava investigando su alcuni ben noti collegamenti di Osama Bin Laden negli USA. Ben 7 inchieste sono state aperte quell'estate. "E' fantastico, è proprio quello che l'FBI dovrebbe fare", ha detto ai giornalisti.
I critici dell'FBI, comunque, dicono che il bureau ha perso diverse occasioni per
impedire che gli attentati venissero compiuti.
Alcuni agenti, quell'estate, avevano seguito delle tracce promettenti,
come un tipo che aveva preso lezioni di volo a Minneapolis, un avvertimento inquietante a Phoenix ed una telefonata ad una ambasciata USA in Medio Oriente.

Le indagini, però, sono state ostacolate da mancanza di comunicazione, vicoli ciechi, ostacoli burocratici e legali e poca chiarezza sulle priorità, dicono i funzionari. Non è neanche chiaro quale sia stata la risposta del bureau ad una comunicazione secretata della Casa Bianca, nel luglio 2001, che i funzionari hanno detto di aver inviato a tutte le 56 agenzie locali con la direttiva di aumentare la sorveglianza sui sospettati di terrorismo.

La commissione incaricata di investigare sugli attentati dell'11 settembre ascolterà, questa settimana, le testimonianze delle massime autorità, sia ex che attuali, compreso il ministro della giustizia John Ashcroft, il suo predecessore Janet Reno, il direttore dell'FBI Robert S. Mueller III e gli ex direttori Louis J. Freeh e Thomas J. Pickard.

Saranno di particolare interesse le domande riguardo al modo in cui il bureau ha risposto agli avvertimenti ricevuti nell'estate del 2001, se lo ha fatto abbastanza energicamente e se i cambiamenti avvenuti all'interno dell'organizzazione da allora, siano serviti a risolvere i problemi strutturali.

L'anno scorso, il comitato congressuale congiunto è arrivato alla conclusione che sia l'FBI che la CIA non avessero preso abbastanza sul serio gli avvertimenti riguardo le intenzioni di Al Qaeda di colpire gli Stati Uniti e che i funzionari dei servizi segreti avevano "perso l'opportunità di sventare il piano relativo all'11 settembre"

Slade Gordon, un membro repubblicano della commissione per l'11 settembre, ha dichiarato al notiziario 'Fox News Sunday': "A me sembra che l'FBI abbia più domande a cui rispondere che non Condoleeza Rice o Dick Clarke o chiunque abbia testimoniato fino ad ora".

Gorton ha detto di essere interessato "a queste cosiddette 70 inchieste a tutto campo".

"Non ho idea di dove siano state fatte" ha detto. "Non ho idea di cosa loro abbiano
fatto. Non credo, però, che al punto in cui siamo sia così facile prendere dei
provvedimenti nei loro confronti."

Uno dei superiori dell'FBI che ha parlato sotto anonimato, ha affermato che le 70
inchieste citate nel rapporto della Casa Bianca "stanno a dimostrare che stavamo
attivamente investigando su chiunque potesse essere collegato a Bin Laden, ma che non avevamo dati specifici sul piano".

Lee H. Hamilton e Richard Ben Veniste, membri democratici della commissione sull'11 settembre, hanno dichiarato domenica scorsa che le udienze di questa settimana saranno decisive per le indicazioni che ne potranno venire sul futuro ruolo dell'FBI nella lotta contro il terrorismo.

Ben-Veniste ha dichiarato: " Siamo tutti d'accordo sul fatto che, nonostante l'impegno individuale straordinario degli agenti dell'FBI, ci sia qualcosa che non funziona nel meccanismo e che ha interferito con le loro efficienti tecniche operative antiterrorismo" prima dell'11 settembre.

Hamilton, il vice-presidente della commissione, ha detto che Mueller "vuole sinceramente cambiare la cultura dell'FBI. Il problema è quanto possa essere realmente efficace quello sforzo e quanto possa durare nel tempo con una classe dirigente diversa"

Al momento in cui vennero sferrati gli attacchi, il bureau stava attraversando una fase di cambiamento di leadership, dato che Freeh se ne era andato nel giugno 2001, e si arrivò alla fine di questa fase dopo tutta una serie di problemi interni come l'arresto di un agente, Robert P. Hassen, con accuse di spionaggio e la sparizione di documenti sull'attentato del 1995 ad Oklahoma City.

I critici, però, dicono che tali accadimenti non possono comunque spiegare in pieno l'incapacità dell'FBI di mettere insieme tutte le varie informazioni di cui disponevano prima dell'11 settembre.

"Il budget dell'FBI per la lotta al terrorismo è stato fortemente incrementato prima
dell'11/09 ed il loro fallimento nel prendere sul serio la minaccia è assolutamente
incomprensibile" ha detto Daniel Benjamin, un ex assistente del Consiglio di Sicurezza
Nazionale.

Freeh, in un articolo del Wall Street Journal di lunedì scorso, ha difeso
l'amministrazione Bush per la sua "pronta risposta ed attenzione al problema terrorismo".
Ha poi aggiunto: "Il fatto che il terrorismo e la guerra dichiarata da Al Qaeda non
fossero argomenti presenti nella campagna elettorale del 2000, fa chiaramente pensare che la volontà politica di dichiarare e combattere questa guerra non esistesse prima dell'11 settembre".

Nei mesi e settimane precedenti l'attentato, appena si ebbe il sentore di una crescita allarmante della minaccia terroristica, gli agenti dell'FBI decisero di prendere in considerazione quegli indizi che segnalavano la possibilità di un attacco agli Stati Uniti: nel mese di maggio, l'ambasciata USA negli Emirati Arabi Uniti aveva ricevuto una telefonata secondo la quale "un gruppo di seguaci di Bin Laden si trovava negli USA per preparare un attentato con l'uso di esplosivi". Questo secondo un rapporto consegnato a Bush il 6 agosto 2001 e reso pubblico sabato scorso.

Nel mese di luglio, a Phoenix, un agente dell'FBI aveva avvertito i superiori che dei
sospetti estremisti stavano prendendo lezioni di volo negli USA e che si richiedeva
urgentemente un inchiesta approfondita su tutto il territorio nazionale.

Nel mese di agosto, a Minneapolis, un cittadino francese di nome Zacarias Moussaoui, veniva arrestato per problemi di immigrazione dopo che era stato segnalato come sospetto da una scuola di addestramento al volo.

A Seattle, gli interrogatori ad Ahmed Ressam, arrestato nel 1999 per il tentativo fallito di far saltare in aria l'aeroporto internazionale di Los Angeles, avevano portato alla luce importanti dettagli sulle tattiche di Al Qaeda.

A New York, il bureau aveva scoperto che "negli ultimi tempi, gli edifici federali
venivano sorvegliati regolarmente": possibili preparativi per dirottamenti o altri tipi
di attentati, secondo l'informativa del 6 agosto 2001.

Nello Yemen, un'inchiesta sull'attentato del 2000 al cacciatorpediniere Cole, ha portato
l'FBI e la CIA molto vicino a 2 dei 19 futuri dirottatori.
Le tracce, però, alla fine, si sono perdute. I supervisori hanno valutato il rapporto di
Phoenix troppo "congetturale". Un agente di Minneapolis ha dichiarato che il quartier generale aveva impedito al suo ufficio di condurre delle indagini più approfondite su Moussaoui, che adesso è accusato di cospirazione nel complotto dell'11/09. Gli errori, o la mancanza, di comunicazione tra la CIA e l'FBI hanno impedito agli investigatori di scoprire che i due dirottatori, collegati all'attentato alla Cole, vivevano a San Diego.
Gli uomini sospettati di controllare gli edifici di New York, si sono poi rivelati
turisti yemeniti ed anche il rapporto sugli Emirati Arabi non è stato collegato
all'11/09, dicono i funzionari della Casa Bianca.

"Mettete insieme tutti i vari indizi e vedete, il risultato è un fallimento colossale",
dice Kristen Breitweiser, moglie di una vittima dell'11/09. "La domanda più importante è comunque questa: cosa abbiamo fatto nell'estate del 2001, sapendo della possibilità di un imminente attacco di Al Qaeda all'interno del nostro paese?"

Note: traduzione di Patrizia Messinese a cura di Peacelink

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