Ipnotizzati dalla propaganda fabbricata dalla Nato stiamo andando verso il baratro
Gli ucraini stanno accusando perdite elevatissime, mille al giorno fuori combattimento fra morti, mutilati e feriti. Per la prima volta le forze armate ucraine chiedono gambe e braccia per i mutilati. In un mese quelli fuori combattimento saranno in trentamila di questo ritmo: addio esercito ucraino.
Severodonetsk è in mano ai russi fatta eccezione per l'area industriale. A Severodonetsk i russi hanno già sfondato e per ragioni di propaganda (si chiamano operazioni psicologiche, in gergo psyops) facciamo finte di non crederci, come era per Mariupol, e di prendere per buoni tutti gli annunci di controffensiva che servono a mascherare la terribile situazione militare in cui è sta precipitando l'esercito ucraino.
Mentre qualcuno in Italia indaga sui putiniani, o presunti tali, per via della "disinformazione", nessuno fra i guardiani governativi delle fake news sembra voler indagare su come è stata drogata l'informazione italiana mainstream, in primis le TV pubbliche che ci hanno raccontato le magnifiche sorti e progressive della guerra giusta, l'imminente crollo di Putin, la disfatta dell'economia russa dietro l'angolo, il tonfo del rublo e altre stupidaggini del genere.
Mentre si parlava di una vittoria di Zelensky, in realtà in queste settimane accadevano tre cose terribili: boom di export per la Russia, carneficina dei soldati ucraini e avanzata delle truppe di Mosca. Un +90% di export di gas e petrolio con cui Putin può pagarsi la guerra per tutto il 2023.
Siamo stati inondati da fake news fabbricate negli incubatori della Nato. Uno dei quali è a Riga, in Lettonia. Si occupa di operazioni psicologiche, in gergo PsyOps, e c'è anche un bel sito web che consente di saperne di più https://stratcomcoe.org
Lo Strategic Communications Centre of Excellence (NATO StratCom COE) è stato costituito nel 2014 e si presenta con un ottimo slogan, tratto dal preambolo della costituzione dell'Unesco:
"Poiché le guerre iniziano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace".
Peccato che oggi l'obiettivo della Nato non sia esattamente questo. Perché tutto lo sforzo della attuale narrazione bellica (il concetto di "narrazione" è alla base delle psyops) è quello di dimostrare che bisogna combattere a oltranza per ottenere la vittoria e quindi la pace.
Da questo oltranzismo bellico le forze armate ucraine ne stanno uscendo stremate, più o meno come i soldati italiani con il generale Cadorna durante la prima guerra mondiale, che venne sostituito perché quell'oltranzismo portò alla nota disfatta di Caporetto del 1917.
Adesso le scelte per le forze ucraine nel Donbass (le migliori in campo, fra 10 e 15 mila) sono essensialmente fra queste opzioni:
- farsi decimare in una guerra a oltranza, fino all'ultimo uomo;
- ritirarsi, lasciando sul campo molti degli armamenti pesanti ricevuti;
- attendere ancora - in attesa dei mezzi pesanti promessi - con il rischio di farsi catturare in una manovra di accerchiamento.
Analizziamo quest'ultima opzione. Mantenendo posizioni non sostenibili i militari ucraini rischiano di non garantirsi una via di fuga, finendo per difendere una sacca di territorio ormai accerchiato. Chiusi in una sacca, rimarrebbero privi di rifornimenti con le conseguenze del caso.
La propaganda ucraina si consola con una controffensiva su Kherson.
Ma Kherson è saldamente in mano ai russi; una controffensiva annunciata da giorni ha un puro valore propagandistico; se poi non consegue un risultato militare è solo un modo per dire che si sta facendo qualcosa.
Potrebbe essere un "facite ammuina", di borbonica memoria.
Si tenga presente che annunciare una controffensiva non è il massimo della tattica militare, e infatti la fonte di questa azione militare è di fonte ucraina e si inquadra nella narrazione che vuole i militari ucraini sempre coraggiosi, resilienti e capaci di ribaltare le sorti delle battaglie.
Ma questa voglia di controffensiva potrebbe essere qualcosa di molto di più della semplice propaganda. Potrebbe essere un tentativo di replicare le gesta del nostro generale Cadorna, prima di Caporetto. Ottenere l'impossibile con attacchi che invece di sfiancare il nemico sfiancano chi li promuove.
Una considerazione pacifista sui soldati ucraini: poveretti, si fanno ammazzare fino all'ultimo uomo. I loro comandanti non condividono con l'intelligence americana gli esiti delle proprie azioni per mascherare la debolezza in cui versa un'armata decimata, a rischio di ammutinamenti e diserzioni, un'armata piena di feriti, devastata dalle morti e da paurose mutilazioni.
Per chi non si accontenta delle narrazioni psyops ma legge a fondo attentamente e con spirito critico l'informazione che comincia a venire a galla, è davvero doloroso scoprire la verità nascosta. Zelensky infatti non aveva mai dato il conteggio delle proprie perdite fino a quando qualche giorno fa i giornalisti non hanno costretto a fornire i primi numeri, del tipo duecento morti e cinquecento feriti al giorno, cifra che è stata recentemente portata a una somma complessiva di mille. Ogni giorno è veramente terribile rivivere nella sofferenza degli ucraini anche le sofferenze dei soldati al fronte durante durante la prima guerra mondiale, quelli che dovettero subire le idee folli e il martirio delle controffensive ordinate di Cadorna.
Zelensky passerà alla storia come il Cadorna dell'Ucraina.
Chiede l'impossibile alle sue truppe per obbedire a una narrazione propagandistica che promette una vittoria mentre ottiene un massacro.
Ma questo incitamento al martirio non conosce il freno critico e umanitario dell'Europa civile.
Prima ci renderemo conto che l'UE è guidata da una signora non all'altezza e meglio sarà per noi.
E contornata da propagandisti pessimi che non solo non hanno raggiunto gli obiettivi militari auspicati ma che hanno fallito persino nelle sanzioni economiche: l'Europa paga ormai in rubli il gas russo e la Commissione Europea non sanziona, fa finta di non vedere il proprio fallimento.
E anche Biden negli USA arranca nei sondaggi. Trump lo ha superato nei sondaggi nonostante sia sotto accusa.
Questi signori assomigliano sempre più ai pifferai di montagna che andarono per suonare e furono suonati.
"Putin sarà un paria sulla scena internazionale", diceva Biden. Ma nei prossimi anni a finire fuori della scena sarà molto probabilmente solo Biden, vittima di qualcosa di indefinibile che lo rende goffo e inutilmente enfatico nei suoi proclami. Un perdente, alla resa dei conti.
Purtroppo questa guerra - a meno che non accada qualcosa di nuovo - la sta vincendo Putin, che agisce con una lucidità che fa spavento. L'uomo del KGB doveva finire nella polvere, ma nella polvere ci stiamo finendo noi, che ci siamo cibati della narrazione tossica della Nato, una narrazione che ci ha promesso una vittoria militare dell'Ucraina che non è arrivata.
I soldati ucraini sono le prime vittime di questa narrazione tossica, dopo veniamo noi.
Non è escluso che quello che si profila sia una Caporetto di Zelensky nel Donbass. Le premesse ci sono tutte perché Cadorna, il generale che pretendeva l'impossibile, ottenne non la vittoria ma la disfatta.
Prima o poi l'ubriacatura della guerra passerà.
Un'ubriacatura che ha purtroppo coinvolto i verdi tedeschi, sempre pià simili ai socialdemocratici tedeschi che nel 1914 votarono per i crediti di guerra, tradendo il loro originario pacifismo.
Un'ubriacatura che ha purtroppo coinvolto i socialdemocratici neutralisti svedesi e finlandesi, guidati oggi da persone che non hanno lo spessore di chi li ha preceduti.
Olof Palme e Willy Brandt sono passati alla storia, mentre questi leader - che potremmo definire "progressisti con l'elmetto" - rimarranno nella cronaca, quella dei fallimenti.
Prima o poi questi falliti della storia - perché stanno miseramente fallendo gli obiettivi - dovranno ammettere i loro errori e i loro abbagli. Sono nuovamente caduti nella trappola della guerra giusta. Avranno bisogno di ripassare la lezione storica che non hanno appreso. E dovranno convenire che la guerra non è la soluzione ma, da sempre, solo il problema.
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