Premio di Reporters sans frontières a cyberdissidente cinese
Roma (AsiaNews) - Sono tutti asiatici i Paesi dove l’uso “sovversivo” di internet viene punito con il carcere. La Cina detiene il primato di questa classifica con 63 cyberdissidenti imprigionati. Seguono il Vietnam (7), le Maldive (3) e la Siria (2). È quanto emerge in “Internet sotto sorveglianza 2004”, il Rapporto di Reporters sans frontières (Rsf), presentato in questi giorni.
Molti governi asiatici bloccano l’accesso ai siti internet dei giornali indipendenti o a quelli dedicati a religioni proibite e ai diritti umani. Le autorità saudite, ad esempio, hanno bloccato l’accesso a 400 mila pagine web per “preservare i cittadini dai contenuti offensivi o che violano i principi della religione islamica”. La Cina è la più grande prigione al mondo per i dissidenti telematici e vanta la più sviluppata tecnologia di intercettazione del web. In Iran, il giro di vite contro i siti indipendenti non ha fermato lo sviluppo della Rete: oggi è il Paese mediorientale in cui internet è in fase di maggior sviluppo. Birmania e Nord Corea seguono un’altra politica: la limitazione di internet a un’infima minoranza di utenti, tutti appartenenti al regime.
Proprio ad un prigioniero telematico cinese è stato assegnato il premio Cyberliberté 2004 di Rsf: Huang Qi è in carcere dal gennaio 2001 a Chengdu, nel Sichuan, con l’accusa di “sovversione e incitamento al rovesciamento del potere statale”.
Huang Qi aveva aperto il suo sito internet (www.tianwang.com ora chiuso dalle autorità cinesi) dove, su pagamento, le persone potevano mettere informazioni su persone scomparse. Il Chine Youth Daily nel 1999 aveva definito il sito di Huang Qi “il più importante evento telematico in Cina”. Il sito aveva guadagnato molta notorietà ed era sempre più visitato. Molti utenti pubblicavano anche articoli su vari temi come la corruzione statale, la povertà delle campagne, le attività per la democrazia, la Falungong e il massacro di piazza Tiananmen. Il 3 giugno 2000, qualche ora prima di essere arrestato, Huang Qi aveva inviato un’email ai suoi lettori: “Arrivederci a tutti – scriveva - . La polizia sta venendo per arrestarmi. Abbiamo davanti a noi una lunga strada. Grazie a tutti quelli che appoggiano la causa della democrazia in Cina”.
Durante la sua prigionia, Huang Qi ha subito diverse violenze da parte della polizia. (LF)
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