Sequestro Baldoni: Enrico De Aglio: «Colpevole silenzio della Croce rossa»
Un bravo free lance o un guascone innamorato del pericolo, una mina vagante disposta a correre rischi sulla sua pelle e su quella degli altri? Pittoresco dilettante in cerca di scoop o semplicemente uno dei tanti collaboratori di un settimanale che ha costruito la sua fortuna sulla buona scrittura e l'approfondimento, utilizzando appunto anche le tante penne non vidimate all'Ordine dei giornalisti? In via Melzo 9 a Milano, nel cuore del centrale quartiere «Venezia», dove ha sede la redazione del «Diario della settimana», di dubbi non ne hanno. E sono anzi indispettiti dalla faciloneria con cui, specie i primi giorni, è stata disegnata la figura di Enzo Baldoni: " Fastidio" dice il giornalista Giacomo Papi " per come buona parte dei nostri quotidiani ha dipinto Baldoni. Una sorta di kamikaze che non prendeva precauzioni, in opposizione alla pacata saggezza del professionista". " Il suo primo pezzo " aggiunge Alessandro Marzo Magno, responsabile della sezione esteri e il primo a entrare in contatto con Baldoni " ci arrivò dalla Colombia e la storia del comandante Antonio, un capo banda di cui si servono le Farc per il lavoro sporco, resta uno dei migliori reportage che abbiamo pubblicato. Tante volte in riunione ci siamo detti Ci vorrebbero più Baldoni! Saper raccontare insomma, con un bello stile ma anche con precisione e rigore».
Non è l'unico fastidio: " Mi scandalizza " aggiunge Papi " il silenzio della Croce rossa italiana che a tutt'oggi non ha ancora fornito una versione definitiva del tragitto compiuto dal suo convoglio. Ogni giorno aggiunge un particolare ma alla fine resta reticente. Inquietante per un'istituzione». E si perché Papi, nel ricostruire il percorso di Baldoni, si è accorto che i conti non tornavano. Nella sua inchiesta, che uscirà sul «Diario» domani, la reticenza della Croce rossa salta tutta fuori. «E sulla stampa italiana è passata la versione ufficiale». Che grosso modo dice che il convoglio della Croce rossa, con cui viaggiavano anche Baldoni e il suo compagno iracheno poi assassinato, fece retrofront dopo lo scoppio di una mina e ben prima di arrivare a Najaf. " Invece le cose " dice Deaglio " sono andate in tutt'altro modo».
Come sono andate?
La ricostruzione che Papi ha fatto documenta come quella versione sia del tutto falsa. C'è stata si l'esplosione di una mina lungo la strada che da Bagdad porta verso Najaf ( a Malmudyia ndr) ma il convoglio, in cui c'erano sia Baldoni che la Croce rossa italiana e una troupe televisiva, ha proseguito: è arrivato sino alla città assediata, come documentato dalle immagini del giornalista della Rai Pino Scaccia, e poi si è diretto a Kufa, nella moschea, dove i medici della Cri hanno prestato assistenza e soccorso a dei feriti locali. Hanno dormito lì e la mattina dopo, venerdi, sono partiti per Bagdad. Ma a questo punto noi non sappiamo se Croce rossa e Baldoni siano partiti assieme o meno o a che distanza l'uno dall'altro. Scaccia (che conferma questa versione sul suo blog ndr) intanto era già tornato nella capitale giovedi perché doveva montare i servizi per la Rai. Non sappiamo dunque quando e con chi Baldoni ha lasciato Kufa.
Non lo sapete perché la Croce rossa non ve lo dice?
E' così, queste sono le informazioni che ci mancano. Da tre giorni sto cercando di parlare con il commissario della Croce rossa Maurizio Scelli o con De Santis (l'uomo della Cri che guidò la missione a Najaf ndr) ma non c'è modo di comunicare con loro. Né di avere una versione definitiva di quel percorso e delle ore che precedettero l'imboscata a Baldoni e Ghareeb.
Dalla Farnesina avete novità?
Nessuna.
Al Jazeera ha mostrato il video con Baldoni e voi l'avete contattata
Si lo abbiamo fatto perché è un'emittente che è molto importante nei paesi arabi e abbiamo fornito loro elementi su Baldoni, la sua indipendenza come giornalista, l'indipendenza del giornale su cui scrive, l'indipendenza rispetto al governo italiano. E soprattutto abbiamo spiegato quello che stava facendo in Iraq. Che aveva organizzato due convogli di assistenza a Najaf e che quello che intendeva fare, prima di essere rapito, era trasportare via dalla capitale un cittadino iracheno colpito da un carro armato americano...
E' l'iracheno mutilato raffigurato nella copertina del settimanale?
Si chiama Mohammed e Baldoni aveva già un accordo con l'ospedale di Emergency a Suleymania in Kurdistan per farlo curare.
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Se il particolare - confermato dal rappresentante della CRI Scelli - fosse vero si potrebbe avvalorare l'ipotesi di una manovra mirata di "disinformazione" e depistaggio che avrebbe "orientato" dall'esterno il sequestro delle due pacifiste e dei due collaboratori iracheni.30 settembre 2004 - Alessandro Marescotti
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