Il moralismo televisivo: e' davvero utile?

La televisione ci fornisce delle chiavi di lettura della realtà errate
28 settembre 2004

E' inutile metterci al tavolo e fare della buona e sana moralità. E'
inutile guardarci faccia a faccia e discutere. E' inutile dire ciò che
giusto e ciò che è sbagliato. Il mondo non cambia per i continui
dibattiti televisivi. E' inutile trovare delle motivazioni per la guerra
in Irak. E' inutile sostenere Mr. White House nella sua campagna. E'
inutile sostenere il ritiro delle truppe dall'Irak. Le cose non
cambieranno. Il micatantosano moralismo televisivo che ci tiene
incollati davanti al televisore, giorno dopo giorno, sera dopo sera, è
distruttivo. Ma a cosa serve veramente? E perché esiste?
La domanda più spontanea che potrebbe sorgere per chi segue dibattiti
televisivi o un semplice dibattito pubblico sulla questione Irachena è:
perché non sostiene veramente la sua idea facendo qualcosa di concreto?
Innanzitutto, si potrebbe rispondere, perché una sola persona non
potrebbe fare certamente nulla, se quella non ha qualcosa tra le mani. E
in questo ultimo passato triste secolo le cose che, le persone comuni
sto dicendo, hanno tra le mani, sono poche e insignificanti: scarti
televisivi, ideali fantomatici di pura natura psichica. La televisione,
si sa, agisce sulle nostre menti. E così ci siamo costruiti intorno a
noi un muro di cemento che ci separa dalla realtà. E già, è questo il
paradosso televisivo. Da un certo punto di vista la televisione
costituisce una porta aperta sul mondo, che ti scaraventa popoli e
culture a casa tua. Ma da un altro ti bombarda con fameliche pubblicità
e psichedeliche sit-com o fiction, che nello stesso tempo l'aberrano.
Una situazione alquanto bizzarra. Ma la televisione ha questo potere:
quello di informarti sul mondo, cioè dirti che tu sei ancora una parte
di questo, e poi che se vuoi essere veramente felice devi evaderlo o
perlomeno usare un altra unità di misura (si pensi ai film o fiction).
Guardando alla televisione qualcosa di piacevole, che ci attrae, ci
sentiamo pienamente realizzati. L'abito non fa il monaco però. Noi
crediamo di essere felici, ma quando schiacciamo off sul telecomando non
lo siamo già più. Questa è vera felicità? Certo che No. Che cosa sarebbe
allora la televisione? Un semplice strumento di persone che hanno tra le
mani qualcosa di concreto: potere e denaro. Solo loro possono cambiare
il mondo. Ma chi ce lo dice in realtà? La televisione. Chi ha invaso
l'Irak? Mr. White House, che ha il denaro e il potere. Il fatto poi che
se il capo americano ha pieni poteri o meno sulla questione, cioè se ha
l'appoggio e il consenso di certe persone rappresentanti del popolo
americano, poco conta. E' una favoletta che ti raccontano alle
elementari. La democrazia televisiva ha poco di democratico. Ma questo è
un altro discorso. Una facile obiezione a questa mia risposta è:
esistono delle eccezioni. Per esempio sono stati girati film che
raccontano vite di grandi persone (vedi Madre di Calcutta) che hanno
voluto, con i pochi mezzi che avevano, cambiare il mondo, o perlomeno
fare di qualcosa di utile per l'Uomo. Ma come può una persona credere in
certi ideali che la televisione stessa propone, e che subito dopo
vengono annientati dal primo spot pubblicitario o da un reality show? La
televisione, quindi, propone ideali dietro i quali si nascondono
interessi di natura svariata (per esempio farci mangiare un determinato
prodotto o indossare un tipo di calzatura) e che agiscono sulla mente
umana, distogliendoci dagli ideali che dovremmo cercare. Raramente, ti
scalda su un piccolo fornelletto i valori della vita vera, ma subito si
bruciano. Non c'è da stupirsi quindi se ora, di fronte ad un conflitto
che potrebbe portare a conseguenze catastrofiche per la nostra stessa
incolumità, ci soffermiamo a fare del moralismo. Non abbiamo altra
scelta. Ce l'ha insegnato la televisione.

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