Il futuro dell'informazione comincia dalla pace
Riprendiamoci la Rai. È lo slogan scelto dalla Tavola della pace per mobilitare il movimento per la pace e la società civile contro lo smantellamento del servizio pubblico radiotelevisivo. La Rai che si ritira delle manifestazioni per la pace, che oscura le bandiere arcobaleno portate in Piazza San Pietro o appese alle finestre, che vorrebbe ritirarsi dall'Iraq (al posto del nostro esercito) e che non ha alcuna redazione al di sotto de Il Cairo, che sostituisce i corrispondenti da questa o quella parte del mondo in modo da modificare la lettura degli eventi, la Rai che da voce agli esperti di guerra e mantiene le porte chiuse agli esperti di pace, che dà sempre e solo voce ad alcuni esponenti di partito negandola agli esponenti più attivi della società civile, la Rai che diventa strumento di propaganda e reclutamento delle Forze armate e che si rifiuta di promuovere progetti di pace e di cooperazione internazionale, (potremmo continuare a lungo... ). Questa Rai non ci interessa. Ci interessa, e dovrebbe interessare a tutti, la difesa e la riqualificazione di un bene pubblico indispensabile per la nostra libertà e la nostra democrazia. La Rai, servizio pubblico, è di tutti e per tutti, e noi non possiamo assistere inermi alla sua definitiva privatizzazione e omologazione al sistema monolitico dell'informazione commerciale mondiale. Il futuro della Rai ci interessa, e deve interessare innanzitutto l'intero movimento per la pace impegnato a fronteggiare le tragiche conseguenze di una velenosa informazione di guerra. Il problema è grande, grave e, per fortuna, un numero crescente di italiani se ne sono resi conto. I signori della guerra e del terrorismo hanno trasformato l'informazione in un campo di battaglia. Per imporre la propria agenda e la propria volontà debbono usare la menzogna, l'imbroglio, la deformazione della realtà, lo stravolgimento dei fatti e della verità. E dunque hanno bisogno di controllare, limitare e condizionare i mezzi di comunicazione. Ogni qualvolta una briciola di verità arriva nelle case della gente inizia la loro sconfitta. Per questo lo scontro sull'informazione (e in particolare sulla Rai) non può non riguardare direttamente i costruttori di pace. Non è meno importante della mobilitazione per il ritiro degli eserciti che stanno occupando e devastando l'Iraq o della lotta contro la globalizzazione selvaggia. Al contrario: ne è parte essenziale e talvolta determinante.
Essere consapevoli del problema non basta. Denunciarlo non basta. È necessario (e urgente!) iscriverlo, con una penna indelebile, nell'agenda del movimento per la pace: non come una delle tantissime cose di cui occuparci ma come una di quelle questioni che nessuno può permettersi di trascurare.
È questa la prima conclusione a cui si è giunti a Riccione dove, lo scorso fine settimana si è svolto il seminario nazionale Per una comunicazione di pace promosso dal comune di Riccione, dal coordinamento Riccioneperlapace, dalla Tavola della pace e dagli enti locali per la Pace e i Diritti Umani. C'è un indiscutibile ritardo ma non partiamo da zero. Negli ultimi anni sono in molti ad essersi rimboccati le maniche e ad aver intrapreso coraggiose e generose iniziative di sensibilizzazione, di educazione, di monitoraggio e di denuncia, d'informazione indipendente. Il fatto che il loro impatto complessivo sul «sistema» sia ancora ridotto ci deve far riflettere senza però sottovalutare il ruolo insostituibile che sta svolgendo la rete di comunicazione indipendente in Italia e nel mondo. Per costruire una comunicazione di pace è necessario investire sul rafforzamento dei canali indipendenti di comunicazione della società civile. I media indipendenti sono preziosi e indispensabili e lo saranno ancora di più cessando di essere, quando lo sono, autoreferenziali, dispersi o concorrenziali. Essere consapevoli del valore ma anche dei limiti della propria rete e dei propri progetti comunicativi aiuta a ricercare nuove sinergie e collaborazioni. Chi lavora per la pace deve imparare a comunicare utilizzando al meglio la rete di comunicazione indipendente che esiste ma anche affrontando le grandi corazzate dell'informazione con lucidità e competenza. Per quanto il panorama sia preoccupante non possiamo rinunciare a portare la pace nei mass media. Anzi è proprio l'indignazione per quanto sta accadendo che ci deve spingere ad assumere questo obiettivo con serietà e determinazione promuovendo nuove attività di formazione, sensibilizzazione, educazione a scuola e sul territorio, denuncia e mobilitazione.
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