Indymedia, campanello d'allarme
Ciò che è accaduto ad Indymedia mette in luce alcuni aspetti che è bene riconoscere al fine di agire in modo efficace. Il sequestro del server in Inghilterra si inserisce nella logica della guerra permanente preventiva quale modello di gestione delle relazioni politiche e sociali su scala planetaria. Il Patriot Act ha trasformato ogni cittadino americano da soggetto detentore di diritti, il quale cede quote di rappresentanza, in soggetto da controllare e da ricondurre a standard comportamentali definiti, questo sì che è il Grande Fratello orwelliano. Con il sequestro del server di Indymedia il Patriot Act è andato molto più in là non solo intervenendo in un paese europeo, ancorché suo alleato in Iraq, ma intervenendo sulla rete di internet con una logica di controllo estensiva ed espansiva proporzionata alla sua potenza militare e alla sua prepotenza politica. Anche le componenti più avvertite nel centrosinistra, italiano ed europeo, hanno sottovalutato e relativizzato ciò che è accaduto, non capendo che la cosa ha una immediata implicazione politica e costituisce un precedente che riguarda la libertà di tutti. Non basta reagire sottoscrivendo a decine di migliaia la petizione contro la Legge Urbani, che equipara il Peer to Peer alla pirateria, o a centinaia di migliaia, in Europa, contro la proposta di brevettabilità del software: la libertà nella rete e la libertà della rete rischiano di essere comunque compromesse.
Una delle questioni rimaste aperte per la seconda sessione del WSIS a Tunisi 2005 (la conferenza mondiale dell'ONU sulla società dell'informazione) è la questione della «governance» della rete e a questo punto è evidente che non sono solo i paesi autoritari, come Cina ed Iran, a volere un controllo diretto della rete da parte degli stati. E' bene dar vita ad un'azione capace di coinvolgere l'Europa e le sue istituzioni, a partire dal suo Parlamento. Se due terzi dei parlamentari europei sottopongono alla Commissione presieduta da Barroso una proposta di direttiva, la Commissione deve istruire una proposta da portare al Parlamento, se il popolo della rete saprà sensibilizzare i parlamenti ed i parlamentari europei sarà possibile avere una maggioranza qualificata che approvi un testo per il pluralismo informatico e la libertà dell'alfabeto telematico, ma anche per l'indipendenza della rete e per una «carta dei diritti» degli utenti della rete, un vero e proprio «Bill of Rights» per internet.
Occorre insomma che le sensibilità sociali, culturali ed imprenditoriali legate alla critica dei brevetti e della proprietà intellettuale per il mondo immateriale in connessione planetaria, vera e propria impresa cognitiva collettiva, abbiano la consapevolezza di doversi costituire come un blocco sociale per l'innovazione qualitativa, protagonista della definizione delle regole costitutive per le relazioni sociali nell'era digitale. Altrimenti anche i loro interessi e le loro pratiche particolari non avranno a lungo cittadinanza.
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