Mieli erra, Pirella irato
Paolo Mieli, nella sua rubrica con i lettori sul Corriere della Sera, il 26 ottobre è tornato a citare il famoso sondaggio di Eurobarometro. Secondo Mieli era un sondaggio «che a maggioranza attribuiva a Israele le colpe di tutto ciò che di nefasto accade in quell'area, definendola la più grande minaccia alla pace nel mondo». Niente di più sbagliato. Quel sondaggio era dedicato a capire l'atteggiamento dei cittadini europei rispetto alla questione «Iraq e la pace del mondo» e tra le altre domande c'era questa: «Per ognuno dei seguenti paesi dite, secondo la vostra opinione, se rappresenta o no una minaccia alla pace nel mondo». Seguiva una lista di quindici paesi e ogni intervistato poteva indicare come pericoloso più di un paese (al limite tutti), specificando se del tutto pericoloso, abbastanza pericoloso, abbastanza non pericoloso, niente affatto pericoloso. Le risposte ottenute sono che Israele era giudicato pericoloso dal 59 per cento degli europei, seguito da Iran (53), Corea del Nord (53), Stati Uniti (53), Iraq (52), Afghanistan (50), Pakistan (48). Paolo Mieli potrebbe farsi spiegare da Renato Mannheimer la differenza tra la domanda «Quale è il paese più pericoloso?». E la domanda «Dica se questo paese è pericoloso». Magari la sua fama di storico ne guadagnerebbe. Emanuele Pirella si è molto adontato perché il giornalista Mauro Favale di Repubblica ha presentato il professor Roberto Grandi, come colui che «ha studiato la campagna di Prodi nel '96 e quella che ha portato Cofferati a diventare sindaco di Bologna». In una lettera irosa Pirella scrive: «Può darsi che Grandi le abbia studiate, queste campagne, prima o poi. Ma gli spot, i manifesti, gli slogan per Prodi e Veltroni e l'Ulivo nel ` 96 e quelli per l'elezione bolognese di Cofferati li abbiamo fatti noi, io e i miei collaboratori». Ora da che italiano è italiano «studiare» non vuol dire «progettare e realizzare» e il libro «Cofferati anch'io» di Roberto Grandi e Cristian Vaccari attribuisce a Pirella tutti i meriti del caso. Da una famoso pubblicitario, abituato a lavorare con le parole (un copywriter) ci si dovrebbe aspettare che conosca l'italiano.
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