«Ma il cambiamento non si può arrestare»

Parla un blogger molto speciale, l'ex vicepresidente Mohammad Ali Abtahi
10 novembre 2004
Marina Forti

Quando due giornali vicini ai riformisti sono stati chiusi con decreto della magistratura, in luglio, Mohammad Ali Abtahi ha scritto sul suo blog: «La voce della maggioranza non sarà più udita». Un blogger un po' speciale, il signor Abtahi: consigliere del presidente Mohammad Khatami, appena un mese fa si è dimesso dalla carica di vicepresidente della repubblica. Giovane (è del `60), è però tra le figure più in vista nello schieramento che con la presidenza Khatami aveva tentato di portare riforme di tipo democratico in Iran, e anche una delle più inusuali: a cominciare da quel suo weblog su cui scrive ogni giorno commenti taglienti e ironici, mette on-line foto prese durante le sedute del parlamento, discute di politica e di costume. Gli chiedo: che ne pensa dell'ultima ondata di arresti di giornalisti e blogger? «E' un gesto terribilmente sbagliato. C'è sempre stato chi pensa che facendo resistenza alle nuove tecnologie si possa fermare il percorso del moderno. Temono i nuovi media in parte perché non li conoscono, in parte perché temono qualcosa che si diffonde così in fretta. Ma è vano: l'Iran è il quarto paese al mondo per diffusione di webloggers. Il 60 per cento della nostra popolazione ha meno di 30 anni, abbiamo 7 milioni di utenti di internet, e chi usa internet diventa il riferimento per la propria famiglia. Le barriere culturali con il resto del mondo sono travolte da internet. Qualcuno vorrebbe impedire proprio questo, ma è vano. I giovani hanno il loro linguaggio. Del resto sono stati loro l'audience principale del movimento riformista, anche se poi hanno protestato contro il presidente Khatami perché il cambiamento era troppo lento».

Non è la prima volta che giornalisti e scrittori vengono arrestati, negli ultimi quattro anni. Ma l'ultima ondata, 22 persone in meno di due mesi, è il segno del nuovo clima politico?

In parte è la continuazione di un trend del passato. E' vero però che dopo la conquista del Majlis (il parlamento nazionale, ndr) i conservatori hanno preso una certa baldanza, vanno decisi. Ripetono slogans che non sono affatto popolari nel paese ma non gli importa. Appoggano gesti che rappresentano un rischio per il paese - la nostra politica estera, ad esempio: penso a quei gruppi che raccolgono liste di candidati al «martirio», cioè ad azioni suicide contro gli americani in Medio oriente. Quanto agli arresti, ho cercato di fare quanto in mio potere per il loro rilascio e anche il presidente Khatami si è mosso. Ma loro ormai sentono di avere la presidenza in tasca, e soprattutto la magistratura e gli apparati di sicurezza sono con loro. Hanno scritto sui loro giornali che i bloggers stavano complottando contro lo stato, poi sono passati ad accusarli di atti «immorali». Tra parentesi stiamo parlando di persone di 22 o 23 anni, mi chiedo cosa possono fare di «immorale»: se a quell'età non fanno ciò che i conservatori considerano immorale vuol dire che non sono sani...

Perché lei si è dimesso dalla carica di vicepresidente?

Il mio incarico era coordinare i rapporti tra la presidenza e il parlamento. Prima delle elezioni legislative di febbraio ci siamo opposti alle procedure elettorali che hanno escluso quasi tutti i candidati riformisti. Dopo le elezioni, quando hanno vinto per mancanza di avversari, mi sono trovato sistematicamente in scontro con questo parlamento. E' un parlamento estremista. Capisco che anche loro considerano me estremista. Un paio di volte abbiamo avuto veri scontri verbali in aula, e il pretesto è sempre stato il mio weblog. Era naturale che non potevo continuare in quell'incarico, per tre volte ho dato la mia lettera di simissioni al presidente. La terza volta lui era in viaggio all'estero e allora l'ho messa sul mio blog. Così è diventata pubblica, ed è stata accettata.

Quello del presidente Khatami è un governo assediato?

Gli ultimi mesi di una presidenza non sono mai facili, ma quelli del presidente Khatami sono particolarmente difficili. L'unica cosa che posso dire è che quanti hanno detto «riformisti o conservatori sono tutti uguali» saranno costretti a ricredersi.

Dunque lei vede tempi difficili?

No, guardi, io sono ottimista: non credo che i cambiamenti al vertice potranno impedire le trasformazioni nella società. Il cambiamento non va cercato solo all'interno dello stato - e d'altra parte, i cambiamenti sociali saranno un fattore che accelera i cambiamenti politici. Non potranno continuare a lungo a prendersela con le donne che non portano bene l'hijjab (il foulard islamico, ndr) e sostenere che sono come prostitute. Del resto, durante la loro campagna elettorale i conservatori usavano slogans riformisti: una società felice, libera, in pace con le altre nazioni... Hanno capito che gli iraniani ormai hanno preso il treno del cambiamento, potranno rallentarlo ma non fermarlo. Certo, il sistema giudiziario è all'attacco, bisogna preservare la società dai giudici.

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