La repressione dei mezzi d'informazione nel paese 'liberato'
BAGHDAD, 18 novembre. Il numero dei giornalisti arrestati e minacciati dal governo ad interim, instaurato dagli Stati Uniti, è in costante aumento in Iraq. Ai mezzi di informazione è stato impedito in modo particolare di documentare i recenti e spaventosi fatti di sangue a Falluja.
Tra le "100 direttive" firmate dall' ex amministratore statunitense in Iraq, Paul Bremer, troviamo la direttiva n. 65, usata il 20 marzo scorso per istituire una commissione sulle comunicazioni e sui mezzi di informazione iracheni. Grazie a tale direttiva, la commissione ha il potere di controllare i mezzi di informazione ed ha il controllo totale sulla concessione di licenze e sulla regolazione delle telecomunicazioni, delle trasmissioni, dei servizi di informazione e su tutte le altre strutture mediatiche.
Il 28 giugno, quando gli Stati Uniti hanno passato il potere ad un governo 'sovrano' ad interim in Iraq, Bremer si limitò a consegnare l'autorità nelle mani di Ayad Allawi, il primo ministro incaricato dagli USA, che da tempo aveva legami con i servizi segreti britannici MI6 e con la CIA.
Il 'bavaglio' messo al canale TV del Qatar, Al Jazeera, è un esempio illuminante di questo processo.
L'estate scorsa, pochi giorni dopo il passaggio di autorità al governo iracheno ad interim, l'ufficio di Al Jazeera a Baghdad fu perquisito dalle forze di sicurezza del nuovo governo.
La stazione televisiva fu accusata di fare del giornalismo 'inaccurato' e gli fu impedito di trasmettere oltre i confini del'Iraq per un mese.
Il divieto fu poi dichiarato a tempo 'indefinito'. Martedì scorso, il governo ha annunciato che qualunque giornalista di Al Jazeera trovato ad operare su territorio iracheno, sarebbe stato arrestato.
L'ufficio di Al Jazeera a Baghdad è stato poi bombardato da un caccia statunitense durante l'invasione del marzo scorso. Il canale Tv aveva trasmesso le proprie coordinate al Pentagono proprio per evitare un fatto del genere. Uno dei giornalisti è rimasto ucciso nel bombardamento.
Al Jazeera adesso trasmette quotidianamente le scuse per "non poter informare
correttamente sulla situazione irachena, dato che gli uffici della stazione tv sono chiusi da più di tre mesi, per ordine del governo ad interim".
Altri esempi di repressione politica abbondano. La commissione sull'informazione ha di recente emesso un' ordinanza con la quale si chiedeva alle varie organizzazioni giornalistiche di "tener fede alla linea governativa riguardo l'offensiva portata dagli USA a Falluja, o, in caso contrario, sarebbero andati incontro ad azioni legali". L'avvertimento è stato spedito su carta intestata di Allawi.
La lettera, inoltre, chiedeva ai media di "dare spazio nei notiziari affinchè la posizione del governo, che esprime le aspirazioni della maggioranza degli iracheni, possa essere chiarita a sufficienza".
La settimana scorsa un giornalista della stazione televisiva al-Arabiya è stato arrestato dai militari statunitensi fuori Falluja, mentre cercava di avvicinarsi alla città assediata.
Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, con sede negli USA, citando come propria fonte un altro corrispondente di al-Arabiya, ha dichiarato che l'11 novembre u.s. la stazione satellitare avrebbe perso contatto con Abdel Kader Saadi, un giornalista e fotografo che vive e lavora nella città sunnita.
Il fotografo francese freelance Corentin Fleury ed il suo interprete, il 28enne Bahktiyar Abdulla Hadad, sono stati arrestati dall'esercito USA mentre lasciavano Falluja, appena prima che cominciasse l'assedio alla città.
"Erano molto nervosi e ci hanno chiesto cosa avessimo visto. Hanno voluto vedere tutte le mie foto e poi mi hanno fatto molte domande al riguardo" ha dichiarato Fleury all'IPS. "Mi hanno chiesto dove fossero le armi, come erano i quartieri, domande del genere".
Fleury ha detto di aver fotografato le case distrutte dagli aerei da guerra americani e scene di vita nella città, prima dell'assedio.
"Volevano che io dessi loro informazioni sulla situazione a Falluja, ma non hanno ancora rilasciato il mio interprete", ha dichiarato.
"Gli avevo fatto una foto per scherzo, lui che imbracciava un fucile da cecchino. Credo sia per questo che lo trattengono. Da cinque giorni sto cercando di avere sue notizie, l'ambasciata francese si è data da fare per farlo uscire, altri giornalisti con cui ha lavorato hanno spedito delle lettere, ma , fin'ora, non abbiamo avuto fortuna".
Traduzione di Patrizia Messinese per Peacelink.
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