USA: La messa in onda dei senza voce

Un'intervista con la giornalista statunitense Amy Goodman, in Italia per presentare il suo volume «Scacco al potere». Dall'esperienza del network indipendente «Pacifica» all'analisi del ruolo dei media nella guerra in Iraq
4 dicembre 2004
Sara Menafra
Fonte: Il Manifesto

Trecento stazioni radio e tv in tutto il paese. La comunicazione indipendente negli Stati uniti è una cosa seria. E il network «Pacifica», nato nel 1949 e ora con appunto 300 nodi in tutto il paese è l'esempio meglio riuscito di questa potenza «minore». Una delle voci più note di «Pacifica» è Amy Goodman, la conduttrice storica della trasmissione più famosa mandata in onda dal network Democracy now!. Dopo anni in prima linea Amy Goodman ha scritto un libro, Scacco al potere (Nuovi Mondi Media, € 19,50), che in inglese invece è The Exceptions to the Rulers, Exposing Oily Politicans, War Profiteers, and the Media that love Them. Il libro parte dall'esperienza di «Pacifica», fondata nel 1949 da Lew Hill, un pacifista che si era rifiutato di rispondere alla chiamata alle armi. «Quando uscì da un campo di prigionia dopo la guerra, disse che gli Stati uniti avevano bisogno di un'emittente che non fosse gestita dalle stesse società per azioni che traevano profitto dalla guerra», scrive la Goodman. La prima stazione era la Kpfa di Berkley, quindi sono seguite Los Angeles, New York, Washington e Houston, in Texas.

Alla fine ha vinto Bush ed ovviamente c'è poco da stare allegri, ma cosa pensavi di John Kerry come candidato?

L'ultima foto che si è fatto fare John Kerry prima delle elezioni lo rappresentava mentre imbracciava un fucile giusto in caso qualcuno avesse voglia di fare domande sull'approccio militare. Credo che fuori dagli Stati uniti non si sappia abbastanza di quello che sta succedendo nel mio paese in relazione alla guerra in Iraq. C'è un grosso movimento contro la guerra. Non è coordinato a livello nazionale, ma in ogni stato ci sono gruppi più o meno organizzati che si mobilitano contro la guerra irachena. In parte è quello che successe durante la guerra in Vietnam. E come allora, il muro granitico di adesione all'invasione si sta incrinando. Ci sono stati militari che hanno cominciato a esprimere il proprio dissenso sulla guerra. Persino nella Cia ci sono state pesanti critiche alla gestione del conflitto bellico da parte dell'amministrazione Bush. Ma torniamo al 1972.

Richard Nixon, al suo secondo mandato, è stato rieletto nascondendo la guerra in Vietnam e nascondendo il movimento contro la guerra. Vinse, ma due anni dopo fu costretto a dimettersi. Ora guardiamo Bush. Lui sta consolidando il suo potere, mettendo le persone del suo circolo nei posti più importanti, Condoleeza Rice, Peter Gonzales. Il problema da affrontare è il contrappeso alle parole di Bush: un contrappeso che dovrebbe essere rappresentato dai media.

I media sono infatti le istituzioni più forti del pianeta. Non per i soldi che possiedono, ma perché sono il modo attraverso cui noi capiamo il mondo. Negli Stati uniti abbiamo più canali televisivi ora di quanto sia accaduto in passato, ma sono ben poche le differenze tra un canale e l'altro. Inoltre, stiamo andando a un forte processo di concentrazione della proprietà, mentre la «militarizzazione» di tv, giornali e radio procede a passi spediti.

Nel tuo libro racconti che anche un giornale come il «New York Times» ha spesso deciso di nascondere le questioni più inquietanti delle guerre. Nel `45 sono arrivati a dire che la bomba di Hiroshima non avrebbe avuto effetti di lungo periodo e prima della guerra in Iraq ha avvalorato le tesi del governo americano con una serie di falsi scoop sulle armi di distruzione di massa. Ma se anche un quotidiano così autorevole funziona cosi, come pensi posso essere modificato il modo di produzione dei media «mainstream»?

Il modo in cui la maggior parte delle persone ricevono notizie è la televisione e molti canali utilizzano le frequenze pubbliche. Queste sono di proprietà pubblica, hanno una licenza per farlo: ma questa licenza può essere revocata. I primi ad utilizzare queste frequenze sono Cbs e Nbc, entrambe di proprietà di due grosse corporation. La Cbs è infatti di proprietà della Westinghouse, mentre la Nbc è della General Electric. Ma Westinghouse e General Electric producono componenti per la maggior parte delle armi prodotte nel mondo. Dunque noi guardiamo il mondo attraverso il mirino di una pistola. Io però credo che col passare del tempo sempre più persone stiano imparando a decodificare come si muovono i media. Prendiamo il caso del «New York Times», che definisce spesso l'agenda per tutti i media statunitensi. Per mesi ha messo in prima pagina le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Ora che queste armi non sono state trovate, l'opinione pubblica ha scoperta che la motivazione maggiore per legittimare la guerra non esisteva. Gli americani sono ottimi consumatori di prodotti mediatici. Guardano tutto il giorno la Cbs, la Nbc, la Cnn e non solo i canali di Rubert Murdoch e si sono accorti che i media hanno raccontato bugie. Il giornalismo è l'unica professione protetta dalla nostra costituzione, questo perché è considerato un contrappeso sul governo. Il lavoro giornalistico dovrebbe consistere nell'andare dove c'è silenzio, mentre i media si comportano spesso come il megafono per i potenti. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di media indipendenti.

Non credi che anche i media indipendenti alla fine riproducono gli stessi difetti dei media mainstream?

I media non devono essere uno specchio di quello che c'è all'esterno punto e basta, ma un luogo di confronto. Il programma Democracy now! ha provato a dar voce alla rabbia degli americani che erano contro la guerra o che erano in dissenso verso la politica sociale e economica dell'amministrazione Bush. Dopo l'11 settembre eravamo alcune dozzine di stazioni radio, ora ci sono 300 radio e televisioni. La crescita è stata incredibile. Due o tre stazioni alla settimana ci contattano per mandare in onda il nostro programma. Si tratta di televisioni comunitarie, canali di proprietà pubblica. E la nostra trasmissione è anche in streaming audio e video sul nostro sito, quindi altri milioni di persone possono vederlo e sentirlo. Io credo che sia una testimonianza della fame di informazione indipendente.

Per presentare il mio libro ho già girato circa cento città degli Stati uniti negli ultimi sei mesi. A Tampa in Florida esiste una televisione comunitaria e alcune radio comunitarie. Abbiamo fatto il tutto esaurito nello stadio di Tampa che ha 25.000 posti. Possiamo stimare che alcune centinaia di migliaia di persone sono venute agli incontri: un piccolo, ma significato segnale del del potere dei community media..

Il giorno prima della convenction repubblicana a New York c'è stata la più grossa manifestazione di protesta nella storia delle convenction politiche. Due giorni dopo c'è stata una campagna di arresti di massa, la più grossa nella storia di New York. Durante la sera in cui Bush doveva parlare, un giudice si è arrabbiato moltissimo ed ha imposto che i manifestanti fossero rilasciati, costringendo la città di New York a rimborsare milioni di dollari. Questo giudice ora rischia di essere rimosso dato che Bush ha il potere di nominare i nuovi giudici e questo suo potere in futuro sarà un problema. Tutta questa faccenda doveva essere raccontata dai corporate media, ma non è accaduto. Possiamo dire che questo, come altri episodi, testimoniano che negli Stati uniti c'è un problema di democrazia.

Qual è la differenza di fondo tra i «corporate media» e quelli indipendenti?

Io credo che Pacifica sia soprattutto un posto in cui le persone possono descrivere se stessi, la loro vita, questo è ciò che è assolutamente critico e che negli altri media si è perso.

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