Ultima resistenza contro George W. Bush

Il Congresso ha ratificato la vittoria, ma una protesta «storica» ha interrotto il voto. Brogli in Ohio Contestata legittimità dei «grandi elettori» dello stato. Non accadeva dal 1887. I «problemi» elettorali in un rapporto di 102 pagine
8 gennaio 2005
John Andrew Manisco
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Ora più nulla separa George W. Bush dal giuramento presidenziale come 44esimo presidente. La ratifica della sua vittoria da parte delle camere riunite non è mai stata in dubbio, ma la contestazione della legittimità dei «grandi elettori» dello stato dell'Ohio, avvenuta durante la sessione riunita del Congresso che doveva certificare il risultato delle elezioni, è stata a suo modo storica: un deputato e un senatore hanno impugnato il risultato elettorale, camera e senato sono stati costretti a riunirsi separatamente e dopo poche ore il voto finale: sì a Bush. Non accadeva dal 1887 che il parlamento mettesse in discussione i «grandi elettori». L'opposizione sollevata dai due parlamentari (Barbara Boxer della California e Stephanie Tubbs Jones dell'Ohio) era un atto simbolico per promuovere una seria discussione sui gravi problemi elettorali verificatisi il 2 novembre scorso, e documentati con minuziosa puntigliosità dai deputati democratici appartenenti alla commissione giustizia della Camera. Per due mesi questa commissione, capeggiata dal deputato John Conyers del Michigan, ha sentito centinaia di testimoni tra elettori, funzionari elettorali e giornalisti che avevano rivelato una serie di irregolarità avvenute durante il voto presidenziale dell'Ohio. Il rapporto dettagliato di 102 pagine prodotto dalla commissione, e distribuito mercoledì al congresso, ha convinto molti democratici a sostenere la contestazione simbolica avvenuta l'altro giorno. Dopo l'interruzione inaspettata della conferma del presidente e poche ore di dibattito, sia il Senato, con un voto di 74 a 1, che la Camera, con un voto di 267 a 31, hanno confermato Bush presidente.

Adesso sarà molto più facile per la corte suprema dello stato dell'Ohio respingere le cause che contestano la validità dei «grandi elettori», essendo stato confermato dal Congresso il loro responso. Rimane però la richiesta dello stesso Conyers di aprire un' inchiesta bipartisan sulle irregolarità del voto e di porre rimedio alle falle documentate. Il rapporto della commissione Conyers, intitolato «Preservando la Democrazia: che cosa non ha funzionato in Ohio», fa ora parte della documentazione ufficiale del parlamento.

Durante il dibattito alla Camera il deputato repubblicano della California David Dreier ha addirittura accusato chi mette in dubbio il voto dell'Ohio di aiutare i terroristi. Altri del suo partito hanno accusato i democratici di essere ossessionati da teorie cospiratorie. Il deputato democratico Jesse Jakson Jr., figlio del reverendo, ha ricordato che non esiste un diritto costituzionale al voto e ha proposto di emendare la carta costituente. Al Senato il democratico Ted Kennedy ha sostenuto la contestazione: «Gli standard del voto non hanno raggiunto i livelli richiesti dalla nostra democrazia». «Mi congratulo - ha detto ancora Kennedy - con migliaia di cittadini del Massachusetts e di altri stati che ci hanno chiesto di sostenere questa contestazione. Nessuna democrazia degna di questo nome può permettere che si ripeta un processo di voto così difettoso». Anche la cauta senatrice Hillary Clinton si è espressa a favore: «Se questo congresso non sostiene su una base bipartisan il nostro diritto al voto qui, a casa nostra, la nostra autorità morale sarà indebolita. La libertà è il nostro valore più prezioso. Come nazione siamo su un piano inclinato. I miei colleghi introdussero l'anno scorso una legge per assicurare una traccia cartacea a ogni voto ma la legge è stata sepolta».

Assente, e anzi contrario alla contestazione simbolica, il candidato nonché senatore John Kerry. Presente fuori dall'assemblea il reverendo Jesse Jackson, che ha guidato una manifestazione di alcune centinaia di dimostranti e sostenitori della commissione d'inchiesta. Jackson ha ricordato come gli exit poll del 2 novembre, quelli non corretti più tardi dai conteggi delle macchine conta-voto di proprietà di aziende vicine ai repubblicani, davano un vantaggio del 51% a Kerry nell'Ohio, e ha chiesto polemicamente perché gli exit poll combaciavano col risultato nazionale eccetto che in Ohio, Pennsylvania e Florida. Secondo gli attivisti che hanno indagato sugli abusi elettorali repubblicani e secondo i due co-firmatari della contestazione, Boxer e Tubbs Jones, adesso spetta all'opinione pubblica mantere viva la protesta per ottenere un voto più trasparente alle elezioni di medio termine del 2006.

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