Due redazioni in progressiva osmosi
Al quotidiano forse più prestigioso al mondo, il New York Times, l'altrettanto prestigioso settimanale economico Business Week ha appenda dedicato la storia di copertina e non già per elogiarlo, quanto per esaminare i punti critici della testata posseduta dal 1986 dalla famiglia Ochs-Sulzberger. Sono appena 1,1 milioni di copie vendute (1,7 alla domenica), e cioè meno degli altri due quotidiani a livello nazionale, Usa Today e Wall Street Journal, che viaggiano oltre i 2 milioni. E tuttavia dei lettori sono stati conquistati nel resto del paese, sia pure perdendone nel mercato di New York. E sono molti i soldi che la famiglia ha riversato nella testata per rimanere fedele a uno standard di eccellenza, di giornalismo vecchio stile, nel senso migliore del termine.
Arthur Ochs Sulzberger Jr., l'attuale proprietario (53 anni) lo ribadisce: «la sfida è di ricordare che la nostra storia è sempre stata di investire nei tempi difficili» - dichiara - «e quando i tempi girano, e inevitabilmente lo faranno, essere ben posizionati per la ripresa».
Contro il Times, di questi tempi, c'è il clima politico generale, dove l'etichetta di liberal appare fuori moda quando non un insulto. Ma viene rivendicata con orgoglio dal «public editor» Daniel Okrent: «Il nostro è un giornale liberal? Ovviamente sì».
Pesano anche gli incidenti recenti, come lo scandalo di un anno e mezzo fa del reporter Jason Blair, sorpreso a inventare articoli di sana pianta, in totale contraddizione con la deontologia e gli standard della testata, così come l'eccesso di credito attribuito all'amministrazione Bush quando la guerra veniva motivata con le armi di distruzione di massa.
Non è invece di impaccio eccessivo la concorrenza degli altri media e in particolare dell'internet. Nel settore online, semmai, le cose sono incoraggianti anche dal punto di vista economico, dato che New York Times Digital (che comprende anche il sito Boston.com, oltre al NYTimes.com) nella prima metà del 2004 ha riportato utili per 17,3 milioni di dollari su di un fatturato di 53,1. I visitatori unici sono 18 milioni ogni mese.
Il modello adottato fin dal 1996 prevede l'accesso gratuito al giornale e al suo archivio storico, ma il pagamento dei singoli articoli arretrati. Gli incassi derivano in larga misura dalla pubblicità che per questa come le altre testate appare in netta ripresa. Ma resta comunque un problema, segnalato da John Battelle, uno dei cofondatori della rivista Wired: un giornalismo di qualità chiede grandi spese, ma questo settore, quello della carta stampata, non è in crescita. Viceversa il settore in crescita, tuttora accelerata, quello internet, non offre abbastanza incassi necessari per produrre un giornalismo della stessa qualità.
Al caso del New York Times e di altre testate online uno studioso americano, Pablo Boczkowski, ha dedicato mesi di ricerca, ora disponibili in un ottimo libro («Digitizing the News», Mit press) e tra gli elementi più interessanti c'è l'elevata caduta delle barriere tra redazione di carta e redazione online: sempre meno «noi e loro» e sempre di più una identità comune e miscelata, pur nella specificità dei differenti media.
Il sito resta fortemente ispirato al giornalismo testuale, su questo non c'è dubbio, malgrado l'inserimento di materiali audio e video, ma non è detto che questo sia un difetto, se specialmente alle parole, e alle parole scritte, la nostra specie ha l'abitudine di consegnare non solo le informazioni, ma anche i ragionamenti e le pubbliche conversazioni.
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