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Dalla redazione di Paz un commento sull'arresto di Don Cesare Lodeserto e il CPT Regina Pacis

SIAMO TUTTI ESTREMISTI?

22 marzo 2005
Michele Frascaro (P.A.Z.)

“Nessuno resti insensibile dinanzi alle condizioni in cui versano schiere di migranti! Nei campi dove vengono accolti sperimentano talora gravi restrizioni”. Queste parole sono state pronunciate da Giovanni Paolo II in occasione della novantesima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. A questo forte messaggio del Papa si è ispirata una lettera rivolta ai Vescovi, ai credenti e a tutte le istituzioni italiane:” I cpt sono luoghi dove molto spesso in assenza dei più elementari diritti umani, vengono internati con la forza e per 60 giorni migranti che non hanno commesso alcun reato, solo perché considerati irregolari in attesa di espulsione. Proprio per l’esistenza di questi Centri, per l’agire di chi li gestisce e per le direttive del Governo italiano che impongono la nascita di un nuovo CPT in ogni Regione, che ci appelliamo a voi affinché vi esprimiate in piena coerenza con il Vangelo e con le parole accorate del nostro Pontefice”. Una lettera nella quale si esprime “un severo monito verso chi ancora oggi permette la gestione del CPT Regina Pacis; verso chi non ha mai pensato neppure di sospendere dalla direzione del CPT, almeno sino a quando la giustizia terrena avrà fatto il suo corso, Don Cesare Lodeserto”.
Don Angelo Cassano(parroco a Bari), Don Alessandro Santoro(parroco a Firenze), Padre Michele Stragapede (Comboniani Bari), Don Albino Bizzotto(Beati Costruttori di Pace, Padova), Padre Giorgio Poletti, Padre Claudio Gasbarro, Padre Franco Nascimbene(Comboniani di Castel Volturno), Don Luciano Saccaglia(Parroco a Parma), Don Andrea Gallo(Comunità San Benedetto, Genova), Padre Cosimo Spadavecchia(Comboniani Messina): questi sono i firmatari della lettera-appello sottoscritta(www.peacelink.org) già da 300 persone e 43 associazioni e enti.
Lo scorso anno partecipammo, come PAZ, ad un convegno dal titolo “La Pace è giovane”: dopo aver presentato il numero dell’imPAZiente sull’immigrazione e raccontato le vicende in cui era coinvolto il Centro Regina Pacis, tra l’incredulità e lo sdegno generale di 350 donne, delegate di associazioni cattoliche italiane, ascoltai l’intervento della Prof.ssa Giuliana Martirani, di Pax Christi, che rispetto al “capitolo CPT” propose alla platea di costituire dei Comitati Cattolici di controllo sui CPT”.
La cosa che faceva più male a quelle donne di fede era il coinvolgimento di strutture ecclesiastiche nella gestione di questi lager: consideravano inaccettabile il fatto che un migrante dovesse essere rinchiuso per 60 giorni per poter essere identificato; ritenevano contrario ad ogni principio cristiano ogni coinvolgimento della comunità cattolica in queste vicende di negazione di diritti. Volevano essere informate; si rendevano conto di non conoscere, ma non avevano paura di approfondire; e questa loro voglia di ascolto e di confronto destò in me tanta meraviglia e altrettanta ammirazione.
Mi correggevano quando auspicavo norme che andassero nella direzione di creare una società multiculturale: “siamo già in una società multiculturale - mi dicevano- bisogna costruire una società interculturale”, all’interno della quale, evidentemente, non c’è posto per i CPT.
“Nessuno sapeva di aver vinto un concorso per fare il guardiano di un lager. Facciamo i guardiani di povera gente”; queste sono le parole di Michele Pellegrino, un Ispettore di Polizia che coordina dal 2002 l’ordine pubblico nel CPT “Borgo Mezzanone”, a Foggia.
Pellegrino fa il suo dovere scrupolosamente, ma ne soffre. “Gli stranieri con cui lavoriamo – afferma – non parlano una sola parola della nostra lingua e questo aumenta in loro la fobia del poliziotto in divisa. Il nostro Paese – è l’appello dell’ispettore – non può rimanere indifferente al dolore di questi cittadini del mondo, che hanno avuto la sfortuna di nascere in uno Stato povero e attanagliato da vecchie guerre etniche o religiose”.
Storie diverse, testimonianze coraggiose che allargano i confini dell’opposizione ai cpt: non il Social Forum, un gruppo di estremisti, la sinistra radicale, dei terroristi: si tratta di altre voci, la cui provenienza è forte e chiara. Sono donne e uomini di questa terra, così profondamente diversi, per formazione culturale, credo religioso e per esperienze di vita, ma con una dote: l’ascolto e, quando necessario, la capacità di accogliere e riconoscere un proprio errore. Una dote concessa a pochi, evidentemente!
Anche loro sono i colpevoli dell’arresto di Don Cesare? Anche loro sono i fautori di questa campagna di odio verso “un eroe della carità”?.
Per noi, sono donne e uomini che ci incoraggiano e ci danno forza nel continuare la battaglia per la chiusura di tutti i CPT in Italia: dal novembre 2002, quando incontrammo il dramma capitato ai ragazzi maghrebini, coraggiosi, poi, nel denunciare le violenze (a loro dire) subite all’interno del CPT., da allora abbiamo avanzato una sola richiesta: la chiusura del Centro Regina Pacis e la contestuale ricerca della giustizia e della verità.
Lungo queste direttive continua il nostro lavoro: non chiedetemi se ritengo esagerata l’accusa di sequestro di persona nei confronti di Don Cesare; non so se sia esagerato arrestare un uomo per sequestro di persona, oppure per abuso dei mezzi di correzione, oppure per lesioni e maltrattamenti, oppure per calunnia, oppure per peculato, oppure per simulazione di reato; non so se sia giusto o meno l’arresto. Io, a questa domanda non so rispondere! Questo lo potrà dire solo la giustizia.
Che ognuno faccia il proprio lavoro!
Certo il Regina Pacis è stato tutto fin’ora tranne che “un albergo di buona categoria”, la “Ellis island” del nuovo millennio, come veniva descritto da uno spot su una rivista salentina: sembrava che i migranti fossero dei turisti che, una volta salpati dalle loro terre, avessero come l’opportunità di scegliere su quale posto lontano approdare. Bontà dell’accoglienza.
Quella praticata all’interno del Regina Pacis, come in ogni altro CPT, non è accoglienza: non si accolgono donne e uomini dietro le sbarre, all’interno di un recinto, protetti militarmente dalle forze dell’ordine strappate al controllo del territorio.
Contro ogni forma di negazione di diritti e per la libertà e la dignità dei migranti hanno alzato la voce tante donne e tanti uomini, chiedendo la immediata chiusura di questi lager: ci sentiamo colpevoli solo di voler garantire a tutti gli esseri umani identici diritti. Solo di questo.
E se provate a definirci estremisti e terroristi siamo felici di esserlo: lo siamo noi, lo è Don Angelo, Don Alessandro, Don Luigi e gli altri uomini di chiesa, lo è Michele Pellegrino, lo è la Prof.ssa Martirani, lo sono tutte quelle 350 donne. Siamo in ottima compagnia.
Siamo per la libera circolazione delle donne e degli uomini, come già avviene per le merci e per i capitali; siamo contro tutti i CPT, perché sono non-luoghi in cui è sospeso ogni diritto; vogliamo giustizia per Anis, Mohammed, Baligh e gli altri ragazzi maghrebini; non vogliamo la testa di nessuno. Non ci fa contenti sapere che un uomo venga rinchiuso in galera: ci rende felici l’idea di un mondo in cui tutti possano sentirsi cittadini, tutti, uomini, donne e bambini, liberi di scegliere e realizzare la propria vita, in qualsiasi angolo della terra.
Se chiedere questo equivale ad essere estremisti, lo ripetiamo ancora una volta: siamo tutti estremisti.

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