Il nostro mare, i nostri morti
Da una decina di anni a questa parte i nostri mari sono testimoni di tragedie consumate sotto un generale assopimento dell'opinione pubblica di tutta Europa, un'Europa che da crocevia di popoli e cultureva sempre più arroccandosi nella fortezza dei propri confini, serrando a doppia mandata le proprie frontiere. Così fa l'Italia, carta straccia i diritti di chi è nato oltremare, nella tutela di poco chiari interessi dell'italica stirpe. Il Testo Unico sull'Immigrazione Turco-Napolitano e le sue modifiche Bossi-Fini trattano l'immigrazione fondamentalmente come un problema di ordine pubblico legato alla presenza di stranieri sulterritorio nazionale. Secondo l'impianto teorico che soggiace a questa legge il nodo centrale è il controllo degli ingressi sul territorio. Si entra solo con le quote annuali per paese stabilite dal decreto flussi o per ricongiungimento familiare. Trascurabile eccezione un migliaio di permessi l'anno per asilo politico, meno trascurabili le oltre 10.000 domande presentate e non accolte. Ogni altro ingresso oltre a questi non è previsto dalla legge ed è quindi irregolare e criminalizzato come reato. I clandestini sono una minacciaall'ordine pubblico, devono essere reclusi nei CPT e poi rimpatriati, questo il succo di un pensiero che fadella persona non comunitaria, né ricca, una marionetta appesa ai fili del suo permesso di soggiorno. Ricordo uno spettacolo teatrale di una compagnia di rifugiati a Bologna, ero lo scorso giugno. In unatelefonata uno dei personaggi diceva alla madre in Angola: "Sai mamma, qui in Italia c'è una cosa che sichiama documento... ". Quella cosa che qui si chiama documento è il grande spartiacque tra la civiltà e la barbarie, tra idiritti della persona in quanto persona e privilegi del cittadino in quanto titolare di un documento d'identità. La realtà odierna è basata su uno stato di diritto del cittadino di uno stato nazione e tutto gira intorno ai confini di quel fazzoletto di terra che ci hanno insegnato a chiamare Stivale. Ora, di cittadinanza non ce n'è una sola ma al contrario, un po' come per i massimi campionati di calcio, sene contano diverse categorie. E' cittadino italiano chi è figlio di italiani, o chi convola a nozze con italiani. Questi sono i cittadini di serie A. In serie B ci mettiamo gli stranieri titolari di quella cosa che si chiamadocumento, il che significa che sono riusciti a rientrare nelle strette maglie che regolano gli accessi legali inItalia. In serie C ci sono gli stranieri irregolari, i clandestini. Anzi questi li mettiamo direttamente fuori dai giochi. Non a tutti è concesso viaggiare in regola con i visti d'ingresso, tutto dipende dal paese da cui parti, da quello in cui vai e dal reddito che hai. Dai cosiddetti paesi ad alto rischio immigrazione non escono che i ricchi, gli imprenditori, ormai la dichiarazione dei redditi vale più di un passaporto. Per tutti gli altri, chi fuggedal proprio paese per trovare protezione, chi per sopravvivere alla miseria, chi per costruire il filo di unasperanza per i figli, per tutti loro non rimane che l'illegalità. Sono chiamati con sgarbo clandestini, come sefosse un reato l'essere poveri, o l'essere a rischio di vita in zone di guerra. Abbiamo cercato di disegnare un elenco delle tragedie dell'immigrazione clandestina nei nostri mari e non solo, anche via aerea e via terra. E' solo un dato parziale, perché in tutto questo la vera clandestina èla morte, che avviene in segreto, di tanti imbarcati e mai arrivati, inghiottiti dal mare e dall'oblio. Dellatragedia di molti non rimarrà alcuna traccia nella nostra memoria. Assai triste collage, non so quanto valga la conta dei morti. Forse vale solo a fare abbassare unpoco la cresta a chi grida altolà all'invasore. Forse serve contare i morti per capire che non si tratta di orde di barbari né di sprovveduti cacciatori di oro. La scelta di chi rischia consapevolmente la vita per un viaggio su una carretta del mare, ripetendosi i nomi dei morti prima di lui finché non vede affacciarsi di nuovo la terra,non è la scelta di chi insegue chimere, ma quella di chi vuole sopravvivere, resistere a un bastardo destinoche non ha scelto. In fine servirà spero a prendere coscienza di come non esista uguaglianza nemmeno da morti. I cadaveri di africani, albanesi, maghrebini, medio orientali, asiatici, indiani o cinesi che vanno a riempire i fondali deinostri mari non importano a nessuno, non hanno prime pagine né inchieste, non si sollevano allarmi ocampagne di indignazione. Non sono dei nostri e in fondo se la sono andata a cercare… non possiamo farcicarico di ogni disgrazia! Con la solita dappocaggine si finisce per accusare le vittime di essere vittime e innessun modo si cerca dove stia di casa la verità, forse per il semplice fatto che il paese Italia e la fortezzaEuropa si trovano esattamente dall'altra parte.
Allegati
Il nostro mare, i nostri morti
383 Kb - Formato pdfDossier sulle tragedie del mare degli ultimi dieci anni
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