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Permesso di soggiorno, tra contrattempi e decisioni discrezionali

5 settembre 2005
Andrea Gagliardi
Fonte: www.ilpassaporto.kataweb.it - 05 settembre 2005

ROMA - Non basta convivere per ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari. Bisogna dimostrare di farlo. Ed è qui che possono nascere disguidi, contrattempi e, a volte, veri e propri abusi. Dominique, colombiana, sposata con un italiano residente a Udine, ha chiesto il permesso di soggiorno nell’agosto 2004, un paio di mesi dopo il matrimonio. “A ottobre sono stata qualche giorno a Vicenza da mia sorella e poi a Verona da mio fratello, entrambi con la cittadinanza italiana. I controlli sono avvenuti a Udine proprio nel periodo in cui ero via e a poco sono valse le testimonianze dei vicini sul fatto che effettivamente io e mio marito vivessimo nella stessa casa. Quest’anno, alla fine di aprile, mio marito è morto un incidente stradale e ho perso così la speranza di mettermi in regola per questa strada”.

Lia, venezuelana, è entrata in Italia con un permesso di soggiorno per motivi di studio. Si è sposata in Toscana con un italiano residente a Lucca e ha chiesto alla questura della città toscana il permesso di soggiorno per motivi familiari. “I carabinieri, presentatisi all’indirizzo di Lucca – racconta - non hanno trovato nessuno perché ero a Roma, dove vivo con mio marito”. Di qui il blocco della pratica, spedita alla questura della capitale, e un'attesa del permesso di soggiorno che dura da circa due mesi. Karima, tunisina, si è vista revocare il permesso di soggiorno per motivi familiari dopo la scenata di un marito italiano geloso che in questura aveva dichiarato che la moglie "alcune notti non dormiva a casa". "Sono stata rimandata a Tunisi senza avere neanche la possibilità di difendermi - racconta - per fortuna il ricorso presentato in tribunale è stato accolto e dopo vari mesi sono riuscita a tornare in Italia".

Oltre ai controlli di convivenza successivi al matrimonio, si va sempre più diffondendo l'abitudine, da parte delle forze dell'ordine, di verificare la posizione dello straniero prima delle nozze, approfittando dell'affissione delle pubblicazioni in Comune. E di interrompere la cerimonia, arrestando ed espellendo l'immigrato clandestino, che pure, con il matrimonio, avrebbe potuto regolarizzarsi. E’ avvenuto qualche giorno fa in municipio a Udine. Marianna Pruiti, 20 anni, stava per sposare con rito civile il kosovaro Alban Bahtiri, 23 anni, quando nella sala sono piombati due agenti della questura che hanno arrestato il ragazzo, colpito da decreto di espulsione dall'Italia il 4 febbraio scorso perché non in regola con il permesso di soggiorno. “L’ufficiale di stato civile aveva già letto gli articoli del codice civile – afferma Giuseppe Gennari, legale della coppia - e aveva dichiarato Alban e Marianna marito e moglie, dopo il loro reciproco sì e lo scambio delle fedi. Anche il Comune ha riconosciuto la validità del matrimonio, malgrado non sia stato possibile perfezionare l’atto con le firme sui documenti”. Il provvedimento di espulsione ha avviato un meccanismo inarrestabile, che neanche una raccolta di firme di solidarietà è riuscita a bloccare. Alban, una volta giunto Pristina, in Kosovo, potrà chiedere al consolato italiano un visto di reingresso, rientrando in Italia.

Casi come questo non sono rari. A maggio era toccato a Marrie Pius, giovane nigeriana incensurata di 26 anni, arrestata, mentre stava per sposare un pensionato genovese, per non aver lasciato l’Italia nonostante un ordine di espulsione. Lei in tailleur rigorosamente bianco, lui in completo grigio scuro, stavano per pronunciare il sì con rito civile, quando sono entrati nella stanza due ispettori dei vigili urbani che hanno bloccato la cerimonia, portando via la sposa.

Ad Arezzo un clandestino tunisino, ha evitato per un soffio l'espulsione qualche giorno fa. Prossimo al matrimonio con un'italiana (le nozze sono fissate per l'8 settembre), è stato sorpreso da una pattuglia della polizia e arrestato in base alla legge Bossi-Fini, perché sprovvisto di documenti. Finito davanti al giudice, il suo destino pareva segnato. Ma il suo avvocato non si è perso d'animo. Ha chiesto qualche giorno in più per organizzare la difesa. E ha ottenuto lo slittamento del processo al 12 settembre. A quel punto il giovane sarà sposato e potrà restare in Italia.

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