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Storia di un permesso.

27 marzo 2006
Laura Boschetto (Segreteria Nazionale SCI)

Nei mesi scorsi la Segreteria Nazionale dello SCI ha aperto le candidature per alcune delle posizioni nello staff. Ci sembrava una buona idea proporre una collaborazione a Ragip, un volontario che da diversi mesi sta lavorando con noi all’interno del progetto “la Città dell’Utopia”. Presi dall’entusiasmo, non avevamo considerato gli aspetti pratico-burocratici della questione.
Ragip è turco e per poter rimanere in Italia a lavorare deve ottenere un permesso di soggiorno.
Ragip è arrivato in Italia ad ottobre e in questi mesi di lavoro congiunto sono stati molti gli stimoli e le opportunità di uno scambio proficuo. Le sue precedenti esperienze in altre organizzazioni, la sua formazione, il suo modo di lavorare, la forte affinità all’interno del gruppo, questi e altri i motivi che ci hanno spinto a chiedere a Ragip di rimanere a lavorare con noi.
Quanto tempo ci sarebbe voluto? Eravamo a gennaio e dovevamo aspettare due mesi per presentare la domanda in vista del decreto flussi che sapevamo sarebbe uscito a marzo.*
Inoltre avremmo dovuto aspettare almeno un mese per sapere se la domanda sarebbe stata accettata. E in caso di risposta affermativa diversi mesi per poter avere tutti i documenti e far tornare Ragip in Italia. Facendo i conti non avrebbe potuto lavorare con noi prima dell’estate, e questo sarebbe stato poco sostenibile per il lavoro della Segreteria Nazionale.

E Ragip: “la nazionalità è una colpa? perché è così importante dove sono nato per lavorare in un altro paese? perché il passaporto è più importante di capacità, abilità o intelligenza?”

Non volevamo arrenderci ma al problema dei tempi se ne è aggiunto un altro. Lo SCI poteva offrire a Ragip un contratto a progetto, ma questa tipologia di contratto non è prevista in modo esplicito nel decreto flussi. E più volte ci è stato ribadito “è più facile che ottenga il permesso come colf che con un contratto a progetto”**.

Tutto questo mi ha riportato a vivere le stesse sensazioni di impotenza e indignazione che pochi mesi prima con Ragip avevamo vissuto quando, al suo arrivo a Roma, siamo andati al Commissariato di polizia per richiedere il permesso di soggiorno per il progetto di volontariato europeo.

Dopo ore di fila un poliziotto ci elenca tutti i documenti necessari e ci fa presente l’intera procedura, fra cui l’identificazione tramite le impronte digitali. Ragip mi guarda con gli occhi sgranati, per lui è inconcepibile, ma è anche inevitabile per avere il permesso di soggiorno. E allora le sue mani diventano sempre più nere, prima i polpastrelli, poi le falangi ed infine l’intero palmo e poi spunta un ridicolo fazzoletto di carta che rende il tutto quasi paradossale, e Ragip con un italiano ancora stentato mi dice: “Le mie mani poterebbero essere mai pulite un'altra volta?”

Il suo primo permesso di soggiorno per volontariato dopo più di 5 mesi non è ancora arrivato, mentre per quanto riguarda il lavoro, alla fine del progetto di volontariato Ragip tornerà a lavorare in Turchia.

Note: *Ogni anno il decreto flussi stabilisce un numero ristretto di domande che si possono presentare. Quest’anno il numero è stato di 170 mila posti, mentre le domande presentate dopo 2 ore dall’apertura degli uffici postali erano già tre volte tanto.

**Il decreto flussi stabilisce di domande che posso essere accettate ogni anno, questi posti sono ripartiti per tipologie di contratto. Tra queste una grossa parte è destinata a contratti per collaboratori domestici o badanti.

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