Abdul va all'asilo. Ma sarà solo ...
La vicenda è ormai nota. Abdul Rahman è un cittadino afgano. 16 anni fa prende contatti e lavora per un periodo con una Ong cristiana a Peshawar, in Pakistan. In questo periodo si avvicina al cristianesimo, decidendo di abbandonare l’islam. Emigra poi in Germania, dove è rimasto fino al 2002, per tornare in Afghanistan dopo la caduta dei talebani. E veniamo ai nostri giorni, alle ultime settimane. Secondo la sharia, la legge coranica sulla quale si basa la costituzione afgana, rischia la pena di morte per apostasia. Il suo caso rimbalza dall’Afghanistan, arrivando ad interessare anche diversi governi. Tra cui quello italiano. E’ notizia di queste ore che Abdul Rahman è giunto nel nostro paese nella giornata di ieri, nella quale il Consiglio dei Ministri ha deciso di concedergli l’asilo politico, bruciando sul tempo la Germania che si preparava ad un provvedimento simile.
Tanto per evitare fraintendimenti. Chi scrive è ben felice di questa decisione. Abdul Rahman è una persona alla quale nel suo paese è impedita la libertà religiosa, fondamentale diritto umano. Ma questo non può esimere da una certa amarezza, considerando il più ampio panorama italiano in materia. Secondo alcuni la decisione presa sul caso Rahman è frutto di una scelta demagogica e propagandistica. C’è ne fossero altre del genere!
L’Italia è infatti il paese europeo con il minor numero di rifugiati accolti, 150 mila. Numeri che impallidiscono nel confronto, per esempio, con Germania e Regno Unito, che rispettivamente accolgono 876 mila e 289 mila rifugiati. Numeri ai quali vanno aggiunti quelli ricordati dall’Arci nel suo comunicato stampa sulla vicenda( che è disponibile sul sito dell’associazione, http://www.arci.it/news.php?id=7034 ) , inerenti il rapporto tra richieste d’asilo presentate e accoglimenti, e che parlano da soli.
Anno 2001: 13.309 domande esaminate, 2103 accolte; anno 2002: 17.025 domande esaminate, 1270 accolte; anno 2003: 11.319 domande esaminate 555 accolte; anno 2004: 8.771 domande esaminate, 780 accolte.
Per concludere il quadro della situazione, così come ricorda sul suo sito la sezione italiana dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati(http://www.unhcr.it/new_site/unhcr_italia/italia_normativa.asp ), l’Italia resta in Europa l’unico paese a non avere una legge sul diritto d’asilo, una legge organica e lineare che consenta di tutelare e garantire questo fondamentale diritto umano. Ed infatti non sono passati molti mesi dal caso dei rifugiati di Via Lecco a Milano. Persone alle quali sulla carta è stato riconosciuto lo status di rifugiato ma costretti a vivere in condizioni disumane, senza alcuna tutela giuridica o abitativa. E’ questa la realtà nella quale l’Italia si trova da anni. Anni che sono stati scanditi dall’istituzione dei Centri di Permanenza Temporanea e da leggi come la Bossi-Fini, rimanendo inerti invece sull’asilo politico e sull’accoglienza umanitaria. Oggi, a poche settimane dal voto, la situazione sembra essersi rovesciata.
Ogni conclusione è lecita …
Articoli correlati
- Migranti, la sentenza della Cassazione
Sui paesi sicuri il giudice può disapplicare decreto ministeriale
La Suprema Corte dà ragione al tribunale di Roma. Sui Paesi sicuri per i migranti l'ultima parola spetta al giudice. Lo ha stabilito oggi, 19 dicembre, la Corte di Cassazione dando ragione al Tribunale di Roma.19 dicembre 2024 - Redazione PeaceLink La tragedia del Canale di Sicilia: il nostro lutto, il nostro impegno
La redazione di Europace pubblica il comunicato dell'Arci sulla tragedia nel canale di Sicilia con l'invito a un piccolo gesto individuale per dare simbolicamente la cittadinanza alle persone in fuga dall'Africa che sono morte in mare.7 aprile 2011«Impossibile vivere per i rifugiati»
Intervista a Younis Tawfik, scritore iracheno e componente della Consulta islamica: «Chiedere asilo politico in Itaia è difficilissimo, e molti profughi preferiscono trasferirsi in un altro paese. Al ministro degli Interni Amato ho chiesto di sveltire le procedure per l'ottenimento della cittadinanza. Bisognerebbe ridurre a cinque, come negli Usa, gli anni necessari per ottenerla»24 giugno 2006 - Geraldina Colotti
Sociale.network