Immigrazione, edili in piazza
Una manifestazione, la più grande e pacifica che Toronto abbia mai visto. L'annuncio, i sindacalisti dell'Universal Workers Union, l'hanno dato ieri mattina durante un'affollata conferenza stampa.
Suduti al tavolo della sezione 183 c'erano i rappresentanti di 35mila lavoratori: carpentieri, manovali e muratori, tutti preoccupati dal comportamento del governo federale in fatto di immigrazione e dalle conseguenze che la politica di Stephen Harper potrebbe avere nel comparto costruzioni.
Ora come ora, spiega al Corriere Dario Di Sante, esponente del sindacato, ad ogni lavoratore straniero che fa domanda d'ingresso in Canada viene attribuito un punteggio, che deriva fondamentalmente dai titoli di studio.
Per questo motivo chi lavora nel settore edile è svantaggiato, dato che qui i professionisti posseggono raramente laurea o diploma. Risultato: la manodopera diminuisce giorno dopo giorno senza essere integrata dai nuovi immigrati, il lavoro aumenta e i cantieri rischiano di rimanere deserti proprio nel periodo in cui l'attività diventa più intensa.
«Noi - dice Tony Dionisio, numero uno della sezione - non abbiamo bisogno di gente laureata. Vogliamo persone che conoscano questo lavoro e che abbiano intenzione di fare sacrifici. E ci sono tante persone così là fuori, ma non possono entrare in Canada legalmente. Perciò il governo deve intervenire per risolvere una situazione che non possiamo più tollerare».
A questa problematica, negli ultimi tempi, si è aggiunta quella dei cosiddetti "deportati". Sono cittadini provenienti prevalentemente dal Sud America e dall'Est europeo che, dopo anni di lavoro in Canada, vengono costretti a lasciare il Paese. Molti di loro avevano trovato un impiego proprio nelle costruzioni, ma la questione non è solamente professionale: è soprattutto umana.
«Si tratta di persone oneste che qui hanno una casa, un'auto, una famiglia, che hanno sempre pagato le tasse e si sono comportate onestamente - prosegue Dionisio - loro devono avere la possibilità di continuare a vivere e a lavorare qui. Il Canada ha bisogno di una nuova immigrazione, altrimenti affronterà problemi seri nei prossimi 25 anni. Le previsioni dicono che la popolazione di Toronto crescerà di 3 milioni. Chi costruirà le case? La situazione che si sta creando è segno che il sistema non funziona, e questa è una vergogna per un Paese come il nostro».La proposta della Union è di concedere 5 anni di permesso agli immigrati che vivono in Canada da almeno 2 e che non hanno avuto alcun problema con la giustizia.
Il quadro delineato da Dionisio viene confermato dai rappresentanti sindacali presenti in sala. Luciano Fiorini, giovane delegato della Residential Freeming Contractors Association (circa 15mila lavoratori), sostiene che «il Canada non si può permettere di avere un vuoto nelle proprie professionalità. I capimastro di oggi prima o poi lasceranno il lavoro e non c'è nessuno in grado di rimpiazzarli, manca un'intera classe di operai specializzati nei nostri cantieri».
L'appuntamento è fissato per il 21 aprile. Alle 10 del mattino, di fronte alla City Hall, i lavoratori del settore si raduneranno per una manifestazione pacifica.
Insieme a loro, annuncia Dionisio, numerosi esponenti politici locali che hanno deciso di sposare la battaglia sociale dell'Universal Workers Union: da John Tory, uomo del partito Conservatore, a Michael Di Biase, sindaco di Vaughan, una delle città che, nel corso degli ultimi anni, sullo sviluppo urbano hanno costruito la propria fortuna.
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