«È' una roulette russa»
Sabato scorso la notizia di tredici immigrati morti di stenti e gettati in mare a 130 miglia da Lampedusa. Domenica altre diciassette vittime, tra cui diversi bambini e neonati, anch'essi abbandonati al largo di Malta. E poi cadaveri rinvenuti sulle spiagge (tre la settimana scorsa tra Ragusa e Gela) e chissà quanti naufragi di cui non si sa niente. La situazione è sempre più tragica, tanto che Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Acnur), dopo le ultime stragi ha definito «roulette russa» la scelta di chi prova ad attraversare il Mediterraneo: «E' talmente alta l'incidenza di rischio e di morte - ribadisce la portavoce dell'Acnur - che chi si avventura nel Canale di Sicilia non ha nessuna certezza di arrivare sano e salvo».
E quali sono i motivi di questo stillicidio?Principalmente due: il primo è che le barche date dai trafficanti agli immigrati non sono affatto adatte per traversate importanti come quella del Canale di Sicilia, e inoltre vengono affidate a persone inesperte che spesso non hanno mai visto il mare. Il secondo motivo è che i capitani dei pescherecci, che spesso incrociano carrette alla deriva, oggi hanno grossi problemi a rispettare le leggi del mare. Se soccorrono naufraghi o persone in difficoltà rischiano il sequestro delle imbarcazioni e possono essere accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Questo, è ampiamente dimostrato, scoraggia i salvataggi e incide sul livello di rischio e sul numero delle vittime. Sia i sopravvissuti dell'ultima strage di Lampedusa sia quelli di Malta hanno raccontato di essere stati ignorati da vari pescherecci proprio mentre le loro barche stavano per affondare o erano da giorni in avaria in mezzo al mare senza né cibo né acqua. Qualcuno, secondo il loro racconto, gli avrebbe dato perfino indicazioni sbagliate dicendo loro che stavano a un'ora dalla terra.
Se ne deduce che l'attuale legge sull'immigrazione incentiva a violare altre leggiLa legislazione sull'immigrazione e il codice del mare di fatto non seguono le stesse priorità. C'è un buco enorme da colmare. Bisogna coniugare le esigenze del controllo dell'immigrazione irregolare con le necessità di chi rischia la morte in mare. Ma le singole legislazioni nazionali vanno riconsiderate in un'ottica di suddivisione degli oneri a livello di Unione europea. Il problema deve essere affrontato in un contesto più ampio di quello dei singoli stati maggiormente esposti ai flussi migratori. Per evitare che paesi piccoli ed esposti come Malta si irrigidiscano e la paura e il panico di invasioni abbiano il sopravvento, bisogna che tutta l'Europa sia presente e si faccia carico del problema.
Anche il ministro dell'interno italiano Amato sembra preoccupato. In 24 ore ha lanciato due appelli all'Unione europea chiedendo pattugliamenti congiunti nel Canale di Sicilia.Se il ministro Amato lancia l'allarme per chiedere più impegno all'Unione europea fa bene a farlo, ma deve spiegare meglio in che cosa consistono questi pattugliamenti congiunti. Ogni azione che mira a salvare delle vite umane va presa in considerazione, ma non vorremmo che si trattasse di pattugliamenti il cui unico scopo è rimandare indietro carrette sulle quali viaggiano persone che hanno bisogno e diritto di protezione internazionale. In queste settimane di grandi flussi, sia le guardie costiere sia la finanza hanno svolto una grande opera di salvaguardia delle vite umane. Noi, in attesa di maggiori chiarimenti, chiediamo che in ogni caso sia rispettato il principio del non respingimento previsto dalla convenzione di Ginevra. Le fughe dai regimi totalitari non si fermerebbero neanche se si arrestassero tutti i trafficanti di esseri umani.
L'Acnur come giudica l'operato di questo governo rispetto a quello passato?Sta mostrando apertura alle tematiche dei rifugiati e dei richiedenti asilo e si sta adoperando per recepire le direttive europee. Ci auguriamo che dia un segnale concreto anche per la legge sul diritto d'asilo di cui l'Italia, unico paese in Europa, non si è ancora dotata.
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