Cassazione, nessuna espulsione per i migranti indigenti senza permesso di soggiorno
Gli immigrati irregolari in condizioni di «assoluta» indigenza non possono essere espulsi dal nostro territorio. La loro «impossidenza», dice infatti la Corte di Cassazione, costituisce «causa giustificativa» per dire no all’allontanamento dal nostro territorio. In questo modo la Prima sezione penale ha respinto il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma che chiedeva che Malina A. N., rumena senza permesso di soggiorno che alloggiava presso uno scalo ferroviario della capitale e che già aveva ricevuto l’ordine di allontanamento, fosse espulsa dal nostro territorio nonostante la sua indigenza. La Suprema Corte, facendo proprio il dettato della Corte Costituzionale del 2004, nella sentenza 30774 della Prima sezione penale, ha osservato che «autorevolmente è stato osservato che la causa giustificativa» dell’espulsione di un immigrato «non può essere costituita dal mero disagio economico di regola sottostante al fenomeno migratorio, ma ben può essere integrata da una condizione di assoluta impossidenza dello straniero, che non gli consenta di recarsi nel termine alla frontiera e di acquistare il biglietto di viaggio». Respinto quindi il ricorso del pg che, nel suo ricorso, aveva sottolineato come il «mero disagio economico» non potesse costituire giusta causa al blocco dell’espulsione della clandestina rumena che per «volontà» propria si trovava senza mezzi e senza lavoro. Alla donna aveva già dato ragione il Tribunale di Roma, nel gennaio 2006, alla luce del fatto che la donna era «sprovvista del denaro occorrente al rimpatrio, circostanza plausibile essendo emerso che alloggiava presso uno scalo ferroviario». Invano il pg presso la Corte d’appello di Roma ha presentato ricorso in Cassazione, rifacendosi alla sentenza del 2004 della Consulta che ha sostenuto che le ragioni per il no all’allontanamento dal territorio di un immigrato devono avere «connotazioni di necessità inevitabile».
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