«Io, clandestina, via dall'università dopo 12 esami»
Affrontare l'economia, esame dopo esame, inseguendo un sogno: diventare ricercatore e studiare la povertà. Ymane Chufka ha 21 anni e nel 2003 è arrivata in Italia, fresca di maturità, per raggiungere il padre Salah. Che oggi è costretto a fare lo sciopero della fame per consentire a lei, alla sorella Hind (che frequenta l'istituto per il turismo) e alla madre di restare nel paese dove speravano di poter vivere tutti insieme dopo tanti anni di separazione. Perché nel 2004, a familiari arrivati in Italia e domande di permessi di soggiorno regolarmente presentate alla Questura di Lucca, Salah - che allora era perfino interprete del Tribunale - si è vista negare il proprio rinnovo per un «ritardo» ritenuto volontario. Vicenda tutta aperta, quella della famiglia Chufka, arrivata da tempo all'attenzione dei ministri Amato e Ferrero e sostenuta da una rete di associazioni lucchesi e toscane. Perché in questi ultimi giorni si è aperto un capitolo davvero speciale di questa storia, che riguarda proprio Ymane. Giovane donna dagli occhi scuri e profondi, magrolina, la maglietta corta sui jeans, i libri nello zainetto, l'abbonamento del treno in tasca: «Le lezioni continuo a seguirle anche se l'università mi ha sospeso proprio alla vigilia dell'esame di diritto pubblico, che avevo preparato bene», racconta. La ragazza si era iscritta due anni fa, con il cedolino della richiesta di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare (poi negato). Ha frequentato, sostenuto 12 esami con la media del 26 e lavorato con i bambini stranieri di due scuole elementari di Capannori. «Non mi voglio arrendere - continua Ymane - anche se quello che mi hanno fatto è stato un colpo durissimo. Questa laurea la voglio e la voglio in Italia». Caparbia, la ragazza. Che dopo la maturità in Marocco pensava di andare a studiare in Francia, dove avrebbe potuto concorrere per una borsa di studio in base al voto della maturità. La stessa borsa che l'università di Pisa le ha concesso per il secondo anno di frequenza: «Il primo anno - ricorda - ho ottenuto una riduzione delle tasse in base ai voti e al paese di provenienza. Poi è arrivata la borsa di studio. E ora mi buttano fuori come se niente fosse. Come se non fossi stata a lezione insieme agli altri e davanti ai professori per gli esami». I compagni di corso di Ymane «dicono che non avrebbero mai pensato potesse succedere una cosa del genere». Non hanno tutti i torti, perché il provvedimento di sospensione dell'iscrizione non è tutta farina del sacco della facoltà pisana. Con una nota del 3 maggio scorso l'allora dirigente della Questura lucchese, Danilea Giuffrè, chiese all'università informazioni sulla posizione universitaria della giovane marocchina. Per poi segnalare all'Ateneo che Ymane risultava «totalmente clandestina non essendo titolare di un permesso di soggiorno. E che l'interessata è di fatto priva di qualsiasi autorizzazione per il regolare soggiorno in Italia». Ma il fatto è che la ragazza è autorizzata a vivere in Italia. Per la precisione dal ministero degli esteri, tramite l'ambasciata italiana in Marocco che ha stampato sul suo passaporto il visto per il ricongiungimento familiare, previo parere positivo della stessa Questura. Il fatto che poi si sia deciso di ignorare visto e domanda di permesso, legando il destino delle tre donne a quello del capofamiglia messo al bando, è una delle assurdità di questa storia. Inevitabile chiedere a Ymane come si senta: «Furibonda ma più che mai decisa. Appena ho saputo del provvedimento sono riuscita solo a pensare che mi sarebbe saltato l'esame che avevo il giorno dopo. Poi, però, è prevalsa la sensazione di sentirmi rifiutata dal paese dove sono venuta per vivere con la mia famiglia».
Sociale.network