Precari tra i precari. Dramma senza fine degli immigrati
A marzo scorso abbiamo tutti assistito alla farsa delle file davanti alle Poste Italiane di quasi mezzo milione di lavoratori e lavoratrici migranti che avrebbero dovuto trovarsi all'estero. A norma del Testo Unico delle leggi sulla immigrazione, anzi della legge Turco Napolitano, ciascuno di loro avrebbe potuto essere preso e trattenuto in Cpt in attesa di espulsione giacché si trovava in Italia illegalmente. Essi infatti erano lì per consegnare - a nome e per conto del loro futuro datore di lavoro - un plico contenente domande di nulla osta per il loro ingresso dall'estero in Italia per motivi di lavoro. Situazioni del genere sono l'effetto congiunto della filosofia che pervade da sempre le politiche sull'immigrazione in Italia come nel resto d'Europa e delle norme introdotte con la Bossi-Fini. In quei giorni tutto il centro sinistra, insieme al movimento antirazzista, denunciò questo tipo di ipocrisie. E una delle conseguenze di questa presa di coscienza fu l'introduzione nel programma di governo dell'ipotesi di permesso di soggiorno per ricerca di lavoro.
Questa prospettiva è in sostanza scomparsa nel documento presentato dal Ministro Amato in Parlamento per la riforma della legge sull'immigrazione. A regime - secondo il documento - il meccanismo continuerà ad essere quello macchinoso e improbabile che non prevede l'ingresso regolare nel paese se non attraverso contratti stabiliti con il lavoratore all'estero. Ma la farsa di marzo rischia di trasformarsi in tragedia qualora il Governo dovesse scegliere di mantenere la decisione di richiedere per tutte le domande presentate la necessità del visto d'ingresso. Per le centinaia di migliaia di persone, soprattutto per quelle provenienti dai paesi dell'est, l'obbligo di tornare nel loro paese d'origine per ottemperare alla logica della chiamata diretta nominativa, può trasformarsi in un arresto a causa della legislazione locale in materia (espatrio irregolare o clandestino, etc.). Dovrebbe risultare ovvio che se si vuol regolarizzare uno che sta in Italia bisogna prendere atto giustappunto del fatto che sta in Italia. E' semplice buon senso: eppure sembra scandaloso.
La farsa rischia di trasformarsi in tragedia perchè gli immigrati non torneranno ovviamente nel luogo di partenza, rimarranno in Italia a lavorare irregolarmente, sfruttati e ricattabili, precari ben oltre le previsioni della stessa legge 30 sul mercato del lavoro. E le previsioni di entrate nelle casse dello Stato - grazie alla regolarizzazione e all'emersione del lavoro nero - saranno anch'esse fortemente ridimensionate perchè una parte di questi continuerà a lavorare al nero. Questi oggi i fatti in relazione al decreto flussi. C'è da dire, per fortuna, che qualche differenza è emersa all'interno dello stesso governo negli ultimi giorni e questo dà qualche speranza. Ma è bene essere concreti ed espliciti su questo tema. Al contrario, è inaccettabile la logica di chi pensa di intervenire informalmente sulle questure chiedendo di chiudere un occhio sull'assenza di visti. Noi pensiamo che è decisamente meglio trovare una soluzione realistica al problema, senza rifugiarsi dietro le paure degli attacchi della destra e le possibili divisioni interne alla maggioranza. Si tratta semplicemente di garantire a questi immigrati (la cui presenza come lavoratori è di fatto certificata dalle loro file e dal contratto di lavoro) un permesso di soggiorno regolare. Senza viaggi o finti viaggi a duemila o tremila chilometri di distanza
D'altro canto, in termini più generali, riteniamo che sia urgente mettere mano a strumenti realistici per consentire l'ingresso legale, anche prima di avviare una riforma complessiva della legge, che difficilmente sarà varata in pochi mesi. Il documento presentato dal Ministro Amato non va in questa direzione. Sarebbe irresponsabile arrivare all'inizio dell'anno prossimo varando solo l'ennesimo decreto flussi per il 2007 ancora con lo stesso meccanismo della chiamata diretta nominativa e magari avendo istituito all'estero inutili liste d'attesa presso le ambasciate italiane, liste che non hanno mai funzionato. E certo non funzioneranno meglio se il governo è di centro sinistra.
Un intervento diverso, in linea con il programma dell'Unione, che introduca un permesso per ricerca di lavoro, così come una forma semplice di regolarizzazione stabile, anche nella finanziaria di quest'anno (considerato il gettito possibile), potrebbe evitare ulteriori accumuli di irregolari nei prossimi mesi, a partire dai tanti già oggi inseriti nel mondo del lavoro e rimasti fuori dal decreto flussi. Se invece la montagna si limiterà a partorire il topolino delle liste all'estero per gli sponsor e non affronterà i problemi generali e urgenti che abbiamo denunciato, questo paese continuerà a produrre lavoro nero, irregolarità e ingiustizie. Per questa ragione crediamo sia importante che nella manifestazione del 4 novembre a Roma «Stop precarietà» ci sia anche una presenza visibile di lavoratori e lavoratrici migranti e che nella vertenza contro la precarietà si dia anche centralità alla questione dello sfruttamento e della condizione giuridica degli stranieri.
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