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l'opinione

Cinque piccoli passi sulla riforma Amato

19 novembre 2006
Sergio Briguglio (Esperto di immigrazione)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Giuliano Amato ha presentato a fine settembre una proposta di riforma del testo unico sull'immigrazione basata su tre pilastri: razionalizzazione dei meccanismi di ingresso per lavoro, con il ripristino di forme di ricerca di lavoro sul posto; revisione delle norme sulla durata e sul rinnovo del permesso di soggiorno; restrizione al caso di stranieri socialmente pericolosi dell'esecuzione coattiva del provvedimento di espulsione e previsione di misure premiali per l'espellendo che ottemperi all'ordine di allontanamento o che, comunque, si renda identificabile. E' una proposta intelligente, dato che cerca di curare simultaneamente e con orientamento corretto, i tre punti più delicati della normativa sull'immigrazione. Se per uno di questi bachi la riforma dovesse andare incontro a un fallimento, cadrebbe la speranza di veder migliorare, in tempi ragionevoli, il governo del fenomeno. Cerco allora di suggerire 5 correzioni che potrebbero rendere la riforma in questione più efficace e equa.
1. Consentire, oltre all'ingresso per ricerca di lavoro sponsorizzato da un ente o da un'associazione, quello sponsorizzato da un privato italiano o straniero e, soprattutto, quello «autosponsorizzato» ( in grado di mantenersi da sé). Si tratta di modalità utilizzate con successo nei primi anni di applicazione della Turco-Napolitano, e soppresse dalla Bossi-Fini. Canali di questo genere potrebbero essere sottratti al vincolo di limiti numerici, potendo essere regolati - così come accade per l'ingresso di turisti - mediante la definizione di opportuni requisiti. In un'ottica di passi piccoli e prudenti, nulla impedisce di stabilire che sia il governo a fissare ogni anno, col decreto flussi, quote e requisiti. Otterremmo comunque un sistema di ingressi multiforme, in cui l'esecutivo fissa l'ampiezza di ciascuno dei diversi canali, con possibilità di sperimentare assetti diversi, senza che per ogni successivo aggiustamento si renda necessaria una riforma legislativa.
2. Prevedere che il permesso per lavoro possa essere rinnovato anche quando risulti pendente una vertenza o l'accertamento giudiziario circa la sussistenza di un rapporto di lavoro o la legittimità di un licenziamento. In questo modo si restituirebbe al lavoratore straniero quella forza contrattuale di cui oggi lo priva in radice la massima secondo la quale «puoi soggiornare in Italia solo se hai un posto di lavoro».
3. Prevedere la piena convertibilità, al di fuori delle quote, del titolo dei permessi di soggiorno, consentendo che - ad esempio - possa ottenere un permesso per lavoro chi soggiorni in Italia per altro motivo e dimostri di disporre di una proposta di contratto. Una disposizione del genere evita, con molto buon senso, che uno straniero già socialmente inserito debba uscire e rientrare (con difficoltà) in Italia ogni qual volta si modifichino le finalità del suo soggiorno. E' già prevista dalla normativa vigente, ma una formulazione debole l'ha relegata nel limbo delle norme inapplicate.
4. Generalizzare il principio in base al quale, ai fini dell'adozione di un provvedimento negativo in relazione al soggiorno (dal rifiuto del permesso all'espulsione), occorre prima valutare il livello di inserimento dello straniero in Italia e compararlo con i legami residui col paese d'origine. Dare al prefetto la possibilità di autorizzare il soggiorno ove il provvedimento negativo appaia incongruo contribuisce a premiare lo sforzo di integrazione dello straniero e sottrae il rapporto tra questi e lo stato al dominio dell'ottusità burocratica.
5. Prevedere che lo straniero che impugni il provvedimento di espulsione possa ottenerne la sospensione dal Tribunale chiamato a decidere sul ricorso. In mancanza di tale previsione, il limitare la misura dell'accompagnamento coattivo e la corrispondente convalida giudiziaria al caso di espulsione di straniero pericoloso impedirebbe paradossalmente a quegli espellendi che pericolosi non sono di far esaminare la propria posizione da un giudice prima di lasciare l'Italia. Su un sesto punto - i minori stranieri - non ho che da rinviare, infine, alle puntuali osservazioni presentate ad Amato da Save the Children. Un'altra legge è possibile...

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