Il Belpaese dell'antislamismo
Pochi soldi, poca istruzione, meno lavoro. Essere seguaci di Maometto nell'Unione europea significa affrontare ostacoli e barriere in più rispetto agli altri. Il rapporto «I musulmani nell'Unione europea: discriminazione ed islamofobia» diffuso ieri dall'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (Eumc) rivela un'Europa poco accogliente. E in Italia le cose non vanno meglio. Nel nostro paese (così come in Spagna, Olanda e Portogallo) i musulmani sono più soggetti alla discriminazione di tipo religioso. Il primo elemento che salta all'occhio è la scarsità di dati. Le fonti per valutare il livello di discriminazione, infatti, sono scarse e frammentarie. Ciò perché la motivazione anti-islamica è di rado considerata nelle statistiche ufficiali. Solo il Regno unito e la Finlandia risalgono all'origine delle vittime del razzismo nelle statistiche giudiziarie. Ma l'unico paese a pubblicare dati specifici sui musulmani bersagli dell'odio è la Gran Bretagna. I ricercatori dell'Eumc hanno perciò combinato i dati ufficiali con le informazioni ufficiose delle Ong impegnate nell'integrazione sociale. Dopo aver analizzato il materiale raccolto, l'Osservatorio europeo conclude che l'islamofobia in Europa è una realtà concreta. Molte volte l'ostilità viene espressa con minacce verbali, ma in altri casi si può arrivare alle aggressioni contro persone e cose. Il fenomeno interessa una fetta di popolazione non trascurabile: secondo una stima che incrocia i dati ufficiali con quelli delle Ong, sono almeno 13 milioni i musulmani che vivono dell'Ue, pari al 3,5% della popolazione totale. I musulmani sono inoltre il secondo maggior gruppo religioso nella società multiconfessionale dell'Ue. L'alto numero di fedeli dell'islam nel vecchio continente non deve trarre in inganno: l'islamofobia non risparmia neanche paesi dove l'immigrazione di musulmani ha un'antica tradizione. Come il Regno unito, dove il tasso di disoccupazione tra i musulmani è più elevato rispetto alle altre comunità. Nel corso di un esperimento condotto nel 2005 dalla Bbc, cinquanta aziende britanniche hanno ricevuto sei curriculum fittizi di candidati con nomi anglosassoni, africani e musulmani. Il test ha confermato che è più probabile essere convocati per un colloquio per i britannici (25%), rispetto ai neri (13%) e ai musulmani (9%).
Un analogo esperimento in Francia ha rivelato che la possibilità di ricevere una risposta per un nordafricano è cinque volte inferiore rispetto a un francese «doc». In Irlanda, secondo l'ultimo censimento, l'11% dei musulmani è disoccupato contro una media nazionale del 4%. Passando dal lavoro all'istruzione, il divario rimane. In paesi come Danimarca, Germania e Francia, gli immigrati, in maggioranza musulmani, vantano titoli di studio più bassi. Statistiche come queste, però, non fanno notizia. Al contrario, i proclami e gli attentati di Al Qaeda e soci contribuiscono a rafforzare l'immagine di una comunità che minaccia i valori occidentali e la vulgata dell'invasione islamica. La percezione negativa dei musulmani, sottolinea il rapporto, è favorita anche dai media che spesso raccontano in modo distorto la realtà dell'islam. In questo quadro, l'Italia si inserisce come un paese di immigrazione recente. La cultura mediterranea, comune a molti musulmani, non basta a spegnere i contrasti. Secondo una ricerca sull'intolleranza condotta dall'università di Roma La Sapienza su commissione dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), più del 50% del campione (2.200 ragazzi tra 14 e 18 anni) hanno affermato che i musulmani hanno «leggi crudeli e barbariche» e «sostengono il terrorismo internazionale». L'Italia, insieme con la Francia, è uno dei paesi dove i musulmani fanno più fatica a trovare un alloggio dignitoso. L'Osservatorio dell'Ue ricorda poi i graffiti intimidatori apparsi sui muri di centri islamici e moschee nel nord Italia, e le condizioni di semi-schiavitù di molti lavoratori stagionali nelle campagne del sud Italia. Il quadro, comunque, non è del tutto negativo. Nell'Ue non mancano le iniziative in direzione dell'integrazione, come i forum tedeschi e britannici sull'islam e il dialogo tra le associazioni giovanili religiose in Italia. Un esempio da cui ripartire per rilanciare l'integrazione e la comprensione dell'altro.
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