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Smontarono il Cpt di Bologna: 45 a processo, cinque anni dopo

Sono i disobbedienti che tentarono di rendere impraticabile, prima della consegna, quel centro di detenzione per immigrati che per il sindaco e il premier va «superato». Condanna penale improbabile, ma lo stato potrebbe chiedere 400 milioni di danni. Nessun seguito invece alla denuncia di un dirigente digos colpito dai suoi: ora fa la scorta a Prodi
19 gennaio 2007
Sara Menafra
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Cercarono di smontare il Cpt di Bologna e di certo ne rimandarono l'apertura di parecchi mesi. Ora quarantacinque «disobbedienti» finiranno alla sbarra per «danneggiamento» e «invasione di edificio».
Era il 25 gennaio 2002, molto tempo prima che Romano Prodi e Sergio Cofferati si candidassero l'uno a premier e l'altro a sindaco promettendo il «superamento» dei Cpt. In mezza giornata il gruppetto riuscì ad infilarsi nel centro di detenzione, praticamente pronto per l'innaugurazione, e a smontarlo pezzo per pezzo rendendolo inagibile per parecchio tempo. C'era l'ex assessore dei Verdi Antonio Amorosi, e c'era il segretario provinciale di Rifondazione comunista, Tiziano Loreti, che ieri mattina era l'unico imputato presente in aula. Ma all'uscita dall'udienza preliminare che ieri l'ha mandato a giudizio voleva parlare soprattutto di quella promessa di chiusura mai mantenuta: «I Cpt devono essere aboliti, sono al di fuori di ogni concetto di legalità - spiega- Nel 2006 l'Italia ha subito un'ispezione dell'Onu: nel caso dei Cpt di Modena e Bologna le strutture sono state dichiarate fatiscenti ed inumane le condizioni di vita». L'imputazione lo preoccupa poco, sa bene che tutte le accuse si prescriveranno nel luglio del 2009, dunque con ogni probabilità prima che arrivi in Cassazione, e che il vero rischio del processo che comincerà il 20 giugno prossimo riguarda quei 400 milioni di euro di danni che il ministero degli interni potrebbe chiedere come risarcimento per i danni subiti dal centro di detenzione.
L'avvocatura di stato ieri mattina non era all'udienza preliminare e dunque solo a giugno si saprà se il governo che promise di abolire le galere per immigrati presenterà il conto al movimento che chiede l'abolizione dei Cpt.
L'unico a rischiare davvero una condanna pesante è il disobbiediente padovano Luca Casarini che qualche anno fa era di casa a Bologna. Nel corso delle indagini sullo smontaggio i poliziotti bolognesi hanno lanciato contro di lui un'accusa che sta in piedi a fatica: in tredici lo hanno accusato di averli aggrediti, «in concorso con ignoti», picchiandoli «con l'aiuto di una sbarra di ferro appuntita».
Nessuno parlò mai, invece, dell'inquietante episodio accaduto nella stessa giornata ai danni di un dirigente della digos locale. L'uomo, uno di quelli addetti a «dialogare» con il movimento, fu colpito alla testa dai colleghi che insieme a lui fronteggiavano i manifestanti. Con un certo coraggio, senza poter accusare nessuno, mise a verbale che i colpi erano arrivati dalle sue spalle, e quindi dai poliziotti e le immagini di quella giornata, immortalate dalla telecamera della polizia, mostravano chiaramente una mano armata di manganello che lo picchiava sulla testa. L'indagine non è mai andata avanti e qualche tempo dopo gli fu cambiato l'incarico: oggi si occupa di scortare il premier Romano Prodi.
Anche Luca Casarini, comunque, ieri più che del processo voleva parlare della manifestazione contro i Cpt che sfilerà a Bologna il prossimo 3 marzo: «Dopo l'ingresso della Romania, la detenzione nei Cpt è diventata paradossale. Di punto in bianco quelli che ieri erano considerati pericolosi criminali sono diventati cittadini a tutti gli effetti e intanto l'Italia organizza centri di detenzione sulle coste libiche e maghrebine. Passate le promesse elettorali il governo deve fare qualcosa».
Quasi negli stessi giorni del processo agli smontatori, il tribunale bolognese ospiterà anche le udienze per il pestaggio avvenuto nel centro di detenzione di via Mattei più o meno un anno dopo la sua apertura. E in quel caso gli imputati saranno tutti poliziotti.

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