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lettera aperta

L'autosponsorizzazione, Frattini e il bidet

13 aprile 2007
Sergio Briguglio (esperto di immigrazione)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Cari ministri Amato e Ferrero, l'istituto dell'autosponsorizzazione, previsto dalla bozza di riforma sull'immigrazione da voi approntata, è bersaglio delle aspre critiche di esponenti del mondo imprenditoriale e del vicepresidente della Commissione europea Frattini. Propongo alcune domande da girare a questi autorevolissimi critici: le loro risposte ci consentirebbero di capire se dietro le critiche vi siano, o meno, argomenti di un qualche spessore.
1. Dal 2004 a oggi hanno fatto ingresso nell'Unione europea dodici nuovi stati membri. I lavoratori di quei paesi possono, come tutti gli altri lavoratori europei, soggiornare in Italia per cercare lavoro senza dover rispettare alcun limite numerico. Nella maggior parte dei casi lo fanno autosponsorizzandosi - dimostrando cioè di avere mezzi sufficienti per non rappresentare un onere per l'assistenza pubblica. Se l'Italia ostacolasse questi lavoratori, Frattini in persona scriverebbe al nostro ministro degli affari esteri per sollecitare una immediata rimozione degli ostacoli. Se l'istituto dell'autosponsorizzazione, usato a piacimento dai lavoratori di questi paesi, non desta preoccupazione, perché preoccupa la prospettiva che possa essere utilizzato, nei limiti numerici stabiliti dal governo, anche dagli stranieri? Status giuridico a parte, un moldavo differisce forse in modo intollerabile da un rumeno?
2. Nell'ambito dell'ultimo decreto-flussi sono state presentate 520 mila domande. Tutti sappiamo che si tratta di domande presentate da stranieri già inseriti nel nostro mercato del lavoro, per lo più grazie a un prolungamento illegale di un soggiorno originariamente legale per turismo. Il fatto che, in futuro, situazioni analoghe possano configurarsi, alla luce del sole, come ingressi di autosponsorizzati, piuttosto che spacciarsi per ingressi per turismo, rappresenta una minaccia per la nostra società? Il fatto che agli autosponsorizzati possano essere, senza eccessiva difficoltà, rilevate le impronte digitali prima dell'ingresso (diversamente da quanto avviene nel caso dei turisti, cui le impronte non vengono proprio rilevate) non renderebbe forse inutile il ricorso alla distruzione dei documenti di viaggio da parte di chi voglia illegalmente cautelarsi dal rischio di espulsione?
3. Si obietta che la richiesta, ai fini dell'ingresso per autosponsorizzazione, di dimostrare la disponibilità di un certo ammontare di risorse indurrebbe gli aspiranti autosponsorizzati a mettersi nelle mani degli strozzini. La disponibilità di risorse per il proprio sostentamento nella fase di ricerca di lavoro non è stata forse necessaria, nei fatti, anche per i 520 mila overstayers del 2006? Che questa disponibilità provenisse da investimenti propri o della propria famiglia ovvero dal ricorso agli strozzini è questione che né io né Frattini né Confindustria sapremmo dirimere; ma è credibile che la percentuale di ricorso agli strozzini sarebbe risultata maggiore se, invece che dar luogo all'overstaying, i 520 mila, o parte di loro, fossero potuti entrare per autosponsorizzazione?
4. Le associazioni imprenditoriali sono certamente in grado di curare al meglio gli interessi dei propri membri. Se ritengono che il canale di ingresso attualmente previsto dalla normativa (chiamata da parte del datore di lavoro di un lavoratore ancora all'estero) sia capace di favorire un efficace incontro tra domanda e offerta di lavoro, nulla quaestio. L'inserimento nel mercato del lavoro degli stranieri non ha luogo però solo nelle imprese, ma anche, in modo rilevante, nel settore del lavoro domestico e dei servizi di cura. Possono vantare forse, le associazioni imprenditoriali, una qualche forma di competenza in materia di lavoro domestico?
5. La bozza di riforma prevede che sia il governo a fissare, col decreto-flussi, la quota per sponsorizzazione e quella per autosponsorizzazione. Per come è scritta la disposizione relativa, nulla impedisce che si affidi al governo anche la possibilità di determinare, nell'ambito dello stesso decreto-flussi, l'ammontare delle risorse necessarie o l'entità della garanzia. Si tratta di uno strumento che il legislatore offre all'esecutivo per una regolazione flessibile dei flussi in ingresso. Non è forse meglio avere a disposizione uno strumento in più, lasciando a chi non lo apprezza la libertà di non utilizzarlo, piuttosto che, in ossequio ai gusti di chi non lo apprezza, non averlo affatto? Chi di noi farebbe smantellare il bidet dal proprio bagno solo perché aspetta l'arrivo di un ospite inglese?

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