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Zingari in zona 3? No grazie!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo. Dijana Pavlovic, milanese di origini Rom serbe, è attrice teatrale ed è attiva nella lista "Uniti con Dario Fo per Milano"
30 aprile 2007
Dijana Pavlovic

Giovedì 19 aprile è stato convocata una seduta del consiglio di zona 3, a Milano, aperto agli interventi dei cittadini e con la presenza, annunciata, del assessore Moioli e di Don Colmegna. Il tema era il cosiddetto "campo nomadi" all’interno del parco Lambro (soluzione temporanea per i Rom cacciati da Opera e in attesa di una soluzione definitiva).

Dato che era stata annunciata la massiccia presenza di attivisti della Lega Nord, di AN e dei “comitati cittadini contro i Rom” e che tra gli iscritti a parlare non c’era nessuno in nome dei Rom, la consigliera della Lista Fo (che è anche la mia lista) mi ha invitato ad intervenire.

Zingari in zona 3? No grazie! La prima cosa triste che ho visto entrando, è stata un consigliere di zona con una maglietta con la scritta: “Zingari in zona 3? No grazie!” (vedi foto, “Un uomo può sorridere ed essere un malfattore!” W. Shakespeare).

Dentro la sala c’erano più di duecento persone che urlavano: "li vogliamo fuori dalle palle! Portateveli a casa vostra!..." Don Colmegna non c’era e mi hanno riferito che, prima che arrivassi io, l’assessore Moioli aveva tentato di parlare ma a causa delle urla disumane non si era capito nulla di quel che aveva detto.

E questo solo perché aveva tentato di esporre il suo “fantastico” progetto sugli “zingari”: recintati e controllati a vista continuamente ma non cacciati via, perché questo sarebbe illegale.

Gli interventi dei “cittadini” erano unanimi: “Questa è casa nostra, non li vogliamo, sporcano, rubano, non vogliamo trattare, se ne devono andare fuori dalle palle!”.

Qualcuno è arrivato persino al punto di prendersela con l’amministrazione per aver piantato degli alberi davanti al campo provvisorio, svelando un piano diabolico: nascondere i Rom e le loro attività criminali. La protesta si concretizzava nella geniale proposta di tagliare tutti gli alberi del parco, a fin di bene, e per la sicurezza dei cittadini onesti.

Avendo raggiunto il mio limite di sopportazione, sono uscita. E fuori ho incontrato nuovamente il consigliere in “maglietta”, così ho chiesto di poter fare qualche foto. Forse pensando che fossi una giornalista, il consigliere mi ha dato il permesso. Sembrava molto contento e orgoglioso. Nessuno ancora aveva capito chi io fossi.

Poi, una signora mi ha riconosciuto: “Ma è la zingara che ho visto in televisione!” ...un attimo di stupore e di gelo e poi è partito un brusio generale che subito è divenuto un frastuono di insulti. Ma per fortuna mi hanno invitato ad entrare per il mio intervento.

Avevo preparato un discorso pacifico, nel quale si dice che porto la voce di tanti Rom di Milano, onesti e lavoratori, pronti al dialogo, al fine di trovare le migliori soluzioni abitative. Avrei anche voluto dire che le persone contro le quali si ribellano sono una quarantina di uomini donne e bambini (gli altri sono stati cacciati via, per una trasgressione del patto di legalità ma questa è un’altra storia di ingiustizia), tutta gente per bene, lavoratori, poveri ma con il diritto sacrosanto alla dignità umana.

Avrei voluto dire che anche ai Rom non piace vivere nei "campi", che chiedono alle istituzioni di impegnarsi a cercare altre soluzioni, insieme a loro. Non l’ho potuto dire.

Sono stata aggredita verbalmente e, poi, quasi fisicamente. Sono stata insultata: "Zingara di merda! Torna a casa tua! Non ti vogliamo! Fuori dalle palle!..."

Passati i tre minuti che mi erano concessi per l’intervento, la polizia, insieme a un altro attivista in maglietta verde, sono venuti da me offrendomi la scorta per uscire. Ovviamente ho rifiutato, volendo rimanere fino alla fine.

Ho sentito il capogruppo di An in Provincia, De Nicola, dire: “Noi non siamo razzisti”, tenendo la mano sulla spalla dell’attivista in maglietta con scritta "zingari – no grazie".

Ho sentito l’assessore Moioli dire: “Ragazzi calmatevi, questi non rubano, lo sapete bene, perché questi sono controllati, il problema sono gli altri, quelli che sono fuori”.

Mi sono vergognata per quella poca gente (salvo rare eccezioni) che dice di essere di sinistra e che rappresenta la sinistra in quel consiglio che ha applaudito il discorso finale dell’assessore e che non si è alzata, non ha detto una parola o fatto qualcosa quando sono stata fortemente insultata.

Ma del resto, nel loro piccolo, dall’interno di un consiglio di zona, loro seguono la politica della sinistra milanese in generale che non ha la forza di alzare la voce contro questa barbarie e appoggia coloro che vogliono recintare, controllare, segregare.

A coloro che pensano di poter ignorare o sminuire il razzismo e l’odio gridatoci apertamente in faccia, che è come un virus che si sta allargando in tutta la Lombardia, chiederei una riflessione al di là dei giochi politici, di alleanze e di “bandierine”: non si è arrivati ad un punto dove è necessario dire basta, alzare la voce e fare qualcosa? Qual è il limite di sopportazione prima di condannare, chiaramente e apertamente, quello che sta accadendo?

E’ gia accaduto in passato, di non dare peso a posizioni simili, ignorando segnali precisi di razzismo e violenza. Sappiamo bene cosa ha portato.

Ma chiederei la stessa cosa a quelli come me, al mio popolo, ai Rom. Qual è il limite di sopportazione? Possiamo permettere ancora una volta questo virus? Non ci riguarda tutti quello che sta accadendo, nonostante in questo caso si tratti di Rom Rumeni? Non è forse la stessa cosa? Non ci toccherà tutti e anche presto? Non dobbiamo ai nostri antenati morti nei lager, a noi stessi e ai nostri figli, di unirci per una volta e far sentire ed ascoltare la nostra voce? O aspetteremo come sempre di subire quello che gli altri vogliono e decidono per noi?

La Storia ci dice che hanno sempre voluto e preso decisioni terribili. Perché questa volta dovrebbe essere diverso? Perché viviamo in un paese democratico e in una società civile?

Io vengo da un paese che, in tutti questi anni, ho sentito definire non - democratico, un regime che negava diritti e libertà. Ma sono dovuta venire a Milano per sentirmi dire che avevo bisogno di una scorta, per il solo fatto di aver dichiarato la mia appartenenza etnica. Opre Roma!

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