Espulsa Elvira. L'icona degli immigrati Usa
Il luogo non poteva essere più carico di simboli. Elvira Arellano, 32 anni, messicana di San Miguel Curahuango, Stato di Michoacán, attivista del movimento degli immigranti illegali, è stata arrestata la mattina di domenica a downtown Los Angeles, a pochi passi dalla chiesa di Nuestra Senora la Reina de Los Angeles, che sorge sul luogo della Missione francescana intorno alla quale si sviluppò il primo nucleo della metropoli californiana. Una chiesa che ha una lunga storia come «santuario» per immigranti illegali, profughi e rifugiati politici, nella quale Elvira era arrivata qualche giorno fa dopo aver lasciato, per la prima volta in un anno, il suo rifugio di Chicago, la Adalberto United Methodist Church. La Arellano è stata immediatamente trasferita a Santa Ana, in Orange County, in un centro di detenzione della Ice (Immigration and Custom Enforcement, la polizia di frontiera) e poi condotta 160 chilometri più a sud, al posto di confine di San Ysidro, tra San Diego e Tijuana, dove alle 10 di sera è stata presa in consegna dalle autorità messicane.
Ma non sarà una deportazione come tante altre, come le centinaia che avvengono in questi giorni, soprattutto a partire da giugno e dal fallimento del Congresso a maggioranza democratica di passare una nuova legge sull'immigrazione. Elvira è infatti diventata un'icona della battaglia per la legalizzazione degli «indocumentados», gli immigranti illegali che sono ormai oltre 12 milioni in tutti gli Stati Uniti. Giovane, combattiva e di «bella presenza», una vaga somiglianza alla diva pop e attrice Jennifer Lopez, Elvira è diventata «il volto» degli immigrati illegali. La sua storia è quella di centinaia di migliaia di altri: arrivata illegalmente nel 1997 viene immediatamente scoperta e deportata. Rientra nel giro di pochi giorni e per 3 anni vive in Oregon, dove nel 1999 dà alla luce un bambino, Saul. Nel 2000 va a Chicago e lavora come donna delle pulizie all'aeroporto della metropoli dell'Illinois, ma a seguito dell'intensificazione dei controlli dopo l'11 settembre 2001 viene scoperta, condannata a 3 anni con la condizionale. Il 15 agosto del 2006 dovrebbe presentarsi alle autorità del servizio immigrazione. Non lo fa e molto pubblicamente si rifugia nella chiesa Adalberto United Methodist. Da allora è stata al centro delle polemiche e non solo di quelle ovvie della destra repubblicana contro gli immigrati illegali. La Arellano e i suoi sostenitori hanno rivisitato e rivitalizzato il movimento detto «dei Santuari» che negli anni '80 aveva creato isole protette per il rifugio e la sopravvivenza di immigrati in fuga dalle guerre civili, soprattutto quelle in El Salvador e Guatemala. Erano diventate santuari università, sinagoghe e molte chiese, soprattutto cattoliche. Anzi, si può dire che una Chiesa cattolica già sotto la pressione «concorrenziale» delle nuove sette e religioni evangeliche e dei Testimoni di Geova aveva trovato nella difesa degli immigrati Centroamericani una sua identità forte e una sua ragione di agire (tutto questo prima che la tempesta delle cause contro i preti pedofili riducesse quasi al silenzio molte diocesi statunitensi). Il «Sanctuary Movement» aveva caratteristiche di disobbedienza civile e aveva coinvolto numerose amministrazioni comunali, anche importanti, come quella di Los Angeles, nella politica di «ignorare» le norme che richiedevano la verifica dello «status» degli immigrati prima di fornir loro servizi sociali. Poi era sfiorito progressivamente con il venir meno dei focolai di guerra centroamericana e con il diventare più di massa e «mainstream» il movimento a favore degli immigrati culminato nelle enormi manifestazioni di piazza (oltre 1 milione a Los Angeles il 1 maggio), gli scioperi studenteschi e le astensioni dal lavoro dei latinos della primavera 2006. Ma la radicalizzazione dello scontro imposta non solo da frange folcloristiche e pericolose come i Minutemen, gruppi di pattugliamento delle frontiere e di attacco fisico contro gli immigrati, ma da vasti settori della destra repubblicana (e dalla timidezza dei democratici) e la sostanziale sconfitta a livello legislativo di qualsiasi ragionevole proposta di sanatoria hanno riportato alla ribalta, almeno in una parte del movimento pro-illegali, le forme di lotta e di organizzazione che privilegiano la disobbedienza civile e il confronto duro con le autorità federali. Così come ha rivitalizzato la partecipazione e l'attivismo di una parte consistente del mondo religioso. Il «New Sanctuary Movement» (NSM) attivo ormai a livello nazionale, ha preso le mosse da una dichiarazione del Cardinale di Los Angeles Roger Mahony nel 2006, che invitava i suoi preti a non obbedire alla legge federale (la HR 4437) che considera un reato fornire aiuto umanitario a una persona senza aver prima verificato il suo status di immigrato. Da qui è stata una reazione a catena con la United Church of Christ (1.2 milioni di fedeli) che ha deciso di sostenere il NSM e con la United Methodist Church (8 milioni) che pur non adottando quella dei santuari come sua politica ufficiale la raccomanda come opzione necessaria per le chiese in molte situazioni. Per le chiese si tratta di praticare la cosiddetta «ospitalità profetica», obbedendo a quello che per ben 103 volte nelle Sacre Scritture viene definito come il «Dio degli Stranieri».
Il caso di Elvira Arellano contiene un altro elemento simbolico assai forte, quello della divisione delle famiglie, della deportazione di alcuni membri mentre altri hanno il diritto di restare. E questo è stato scagliato contro i difensori proclamati delle famiglie e dei «family values». Il figlio di Elvira, Saul, 8 anni, che essendo nato negli Usa è automaticamente cittadino americano, è apparso davanti al Parlamento messicano per perorare la causa delle famiglie divise e lontane, ed è stato messo, persino con troppa disinvoltura, davanti alle telecamere come simbolo «emozionale» di questo scontro. La stessa Elvira si definisce attivista di un gruppo che si chiama Familia Unida Latina. Non tutti nel movimento pro-immigrati sono completamente d'accordo con la «personalizzazione» della battaglia intorno ad Elvira e al figlio, né la strategia che forza i limiti della legalità o la scelta del terreno dell'«emotività famigliare». La deportazione di Elvira è stata salutata dai blog della galassia dei militanti anti-immigrazione come una vittoria «degli Usa», ma la Arellano ha promesso di andare avanti, probabilmente con un rientro clandestino negli Stati Uniti. E sono in molti a evocare per il suo caso il nome di Rosa Parks, eroina della disobbedienza civile che nel '55 a Montgomery rifiutò di lasciare il suo posto sul bus per andare a sedere nei posti «riservati ai neri».
Sociale.network