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Dopo la manifestazione di Agrigento

Depenalizzare subito gli interventi di salvataggio in mare

Continua l'assurda vicenda dei pescatori tunisini
10 settembre 2007
Fulvio Vassallo Paleologo (ASGI Associazione studi giuridici sull'immigrazione - Palermo)

Si è svolta ad Agrigento una importante manifestazione di solidarietà in favore dei sette pescatori tunisini in carcere come “ostaggio” delle politiche securitarie e repressive con le quali l'Italia e l'Unione Europea affrontano le questioni
dell'immigrazione e dell'asilo.
La manifestazione, organizzata dalla Rete Antirazzista Siciliana e da altre associazioni, ha segnato il momento di rilancio per una mobilitazione ancora più vasta ed efficace, unendo parlamentari europei, associazioni delle due sponde
del Mediterraneo e rappresentanti delle comunità dei paesi di provenienza e
transito. Erano presenti anche rappresentanti dei pescatori di Mazara del Vallo.
Nel corso dell'incontro in Prefettura, si è sottolineata la contradittorietà dei comportamenti delle unità militari che hanno prima consentito ai pescherecci
tunisini di proseguire la loro rotta verso Lampedusa, e poi, su indicazione delle autorità centrali, dopo una visita medica dai contorni tutt'altro che chiari, hanno imposto l'ordine di invertire la rotta e di ritornare verso la Tunisia, quando le
imbarcazioni si trovavano a poche miglia da Lampedusa e le condizioni del mare erano peggiorate. Al Prefetto è stato richiesto un intervento sulle diverse autorità preposte al controllo delle frontiere marittime in base al decreto ministeriale 14 luglio 2003, per evitare che questo tipo di contraddizioni nella catena di comando
continui a produrre incriminazioni che hanno altissimi costi umani e scoraggiano ulteriori interventi di salvataggio da parte di unità civili.
Successivamente le associazioni e i parlamentari europei si sono recati al carcere di Agrigento dove sono rinchiusi da un mese i sette marinai tunisini. All'uscita
della delegazione, composta anche da alcuni rappresentanti delle associazioni
tunisine, è stata lamentata la impossiblità di comunicazioni telefoniche con le
famiglie e il protrarsi di una carcerazione cautelare che – come ha dichiarato l’europarlamentare Giusto Catania - ha già il carattere di una pena che sta infliggendo sofferenze morali e danni economici incalcolabili. Il parlamentare europeo Claudio Fava ha affermato che con questa incriminazione la Procura di
Agrigento è "recidiva" in quanto la stessa accusa è stata proposta nel 2004 contro gli autori di un intervento di salvataggio nel caso della nave tedesca Cap Anamur, caso sul quale ancora in corso un procedimento penale davanti allo stesso Tribunale di Agrigento.
Secondo quanto dichiarato da Fava "si ha la sensazione che si sia diffusa una sorta di parola d'ordine che impone di lasciare affogare un disperato in mare".
Le associazioni presenti ad Agrigento si sono date appuntamento per il 19 settembre, alla vigilia della ripresa del processo, quando sarà ad Agrigento il sottosegretario Linguiti, dopo la chiara presa di posizione in favore dei pescatori del Ministro Ferrero, che definisce la vicenda come "paradossale". Un paradosso che sta compromettendo non solo la vita dei pescatori ma che rischia di compromettere i rapporti tra l'Italia e la Tunisia, sulla delicatissima questione della pesca ai limiti delle acque internazionali. Non sfugge a nessuno infatti come le attività di respingimento poste in essere dalle unità militari e tra breve le
operazioni Frontex, che riprenderanno a settembre con forme diverse di pattugliamento congiunto ai limiti delle acque tunisine, potrebbero avere gravi ripercussioni sui delicati equilibri determinati da accordi bilaterali sullo sfruttamento delle acque territoriali nel canale di Sicilia. Dopo anni nei quali erano frequenti i sequestri di pescherecci italiani che sconfinavano da parte dei
tunisini, si era raggiunta una situazione di cooperazione e di relazioni amichevoli che potrebbero essere compromesse, anche a seguito dell’enorme eco che la vicenda ha avuto in Tunisia, in caso di una ingiusta condanna dei sette pescatori tunisini.
Si deve poi denunciare la "scomparsa",in realtà l'allontanamento dopo l'ordine
di espulsione, della maggior parte dei naufraghi salvati dai pescatori tunisini, per effetto della decisione delle autorità italiane di non concedere loro un permesso di soggiorno per motivi di giustizia.
Ancora una volta si è preferito comminare una sfilza di provvedimenti di espulsione e porre in essere le condizioni per fare scomparire potenziali testimoni scomodi, come si fece nel 2004 con le espulsioni collettive dei naufraghi salvati dalla nave tedesca Cap Anamur, malgrado l’ordine di sospensione dell’espulsione emanato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Auspichiamo che sui 19 richiedenti asilo ammessi alla procedura e trattenuti, persino in centri di detenzione per clandestini da espellere ( CPTA), uno in particolare a Caltanissetta, altri già trasferiti in altri centri di detenzione, in maggior parte sembrerebbe a Crotone, non si esercitino pressioni indebite allo scopo di ricostruire un castello accusatorio che è già franato nel corso delle
prime udienze dibattimentali. Chiediamo all’ACNUR in particolare di vigilare sulla regolarità delle procedure per il riconoscimento dell’asilo o della protezione umanitaria.
L'Asgi riconferma il proprio impegno per l'assistenza legale ai pescatori tunisini fino alla Corte Europea dei diritti dell'uomo , se sarà necessario, e promuove un
collegio di osservatori internazionali e di giuristi che sorveglierà l'andamento dei processi in corso ad Agrigento, ai sette pescatori tunisini e ai responsabili della
nave tedesca Cap Anamur. Occorre verificare giorno per giorno il rispetto del principio del giusto processo e dei diritti di difesa, a partire dalla presunzione di innocenza, principi che costituiscono i capisaldi dello stato di diritto.
Tutte le associazioni presenti hanno convenuto sulla necessità di costruire una
rete europea e nazionale ancora più forte e diffusa, per battere le logiche securitarie e repressive delle politiche comunitarie in materia di immigrazione ed asilo, a partire dalle missioni FRONTEX, per una legislazione organica ed uniforme sul diritto di asilo, per la abrogazione della legge Bossi Fini e del decreto ministeriale 14 luglio 2003, per la depenalizzazione di tutti gli
interventi di salvataggio di migranti a mare, quale che sia il loro status giuridico.

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